L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Insoliti ignoti

di Roberta Pedrotti

Evento di punta del festival Il Belcanto Ritrovato 2024, la riscoperta della Casa disabitata di Lauro Rossi si avvale di un buon cast, di una regia efficace firmata da Cristina Pietrantonio e delle premurose cure direttoriali di Enrico Lombardi.

FANO, 24 agosto 2024 - Per capire davvero Mozart, Rossini, Bellini, Donizetti o Verdi non basta studiare a fondo la loro opera, ma bisognerebbe conoscere anche il mondo che li circondava, cosa potevano ascoltare, chi erano i loro concorrenti, cosa andava di moda. Non per trovare necessariamente il capolavoro nascosto o il genio incompreso: il filtro della storia non opera senza ragione, anche se a volte i suoi criteri possono mutare nel tempo. E, tuttavia, anche senza voler gridare a tutti i costi al miracolo o puntare sul valore documentario per gli addetti ai lavori e gli appassionati più curiosi, non è detto che la riscoperta non possa portare una serata piacevole e una gradita ventata di varietà nei cartelloni. Certo, in un panorama sonnolento come quello italiano, dove già si parla di audacia quando degli autori più noti si presenta un titolo diverso dalla solita manciata, la rarità e la riscoperta paiono riservate a festival ed eventi di nicchia. Mentre Martina Franca su questo fronte sembra voler tirare i remi in barca, fa piacere notare la perseveranza nelle Marche del Belcanto Ritrovato, collocato sulla scia del cartellone del Rossini Opera Festival quasi a volerne idealmente ampliare l'impegno monografico con uno sguardo ai dintorni di Gioachino. Il Rof, che già nei primi anni 2000 aveva proposto direttamente alcuni cicli dedicati ad autori coevi (Il mondo delle farse) guarda compiacente l'iniziativa e offre, per esempio, una collaborazione con l'Accademia Rossiniana a garanzia di compagnie di canto non prive di soddisfazioni. La Fondazione Rossini è un altro partner fondamentale, così come da segnalare sono gli apporti pure dell'Accademia d'arte lirica di Osimo e dell'Accademia della Scala.

Il festival promosso dall'Orchestra sinfonica G. Rossini non è solo l'elemento di maggior prestigio, importanza e interesse fra le attività assai variegate della compagine, ma l'idea ha in sé anche il potenziale per crescere sempre più. Naturalmente uno sviluppo richiede e comporta anche un salto di qualità sotto diversi aspetti, come ha ben fotografato l'esito della riscoperta di quest'anno La casa disabitata (1834) di Lauro Rossi, nella seconda versione (1844) nota come I falsi monetari, su libretto di Jacopo Ferretti.

Al netto di qualche pagina un po' prolissa nel primo atto (il lungo duetto fra Sinforosa e Don Eutichio), si tratta di un'opera godibile, in cui la casa disabitata è senz'altro più importante dell'attività dei falsari che vi si svolge. Quel che importa sapere non è tanto cosa combinino costoro, quanto che al capobanda Isidoro faccia comodo tenere lontani possibili inquilini e continuare a usare l'edificio come covo nascondendovi anche una fanciulla rapita e concupita. Questa, Annetta, ha un carattere per nulla remissivo e sarebbe anche la fidanzata del proprietario della casa, Don Raimondo, del tutto ignaro delle attività criminose di quello che crede solo il suo onesto braccio destro. Alla disperata ricerca dell'amata che non sa essere segregata così vicina, Raimondo è anche ben disposto a concedere gratuitamente l'uso della casa a chiunque non ne tema la fama di dimora infestata dagli spiriti: capita a proposito il solito poeta spiantato (in questo caso accompagnato da Sinforosa, una vera Santippe) e appena sfrattato. Gli uomini di Isidoro ripetono la solita sceneggiata degli spettri che fino a quel momento aveva tenuto lontano ogni curioso, ma l'incontro fra Eutichio e Annetta, la furiosa gelosia di Sinforosa e una serie di fortunate combinazioni manderanno a monte i piani dei furfanti (il capo, ferito da una pistolettata, pare riuscire a svignarsela) concedendo un lieto fine alle coppie ritrovate e riappacificate.

Con l'aiuto di opportune didascalie nelle scene proiettate a cura degli allievi del Liceo artistico Mengaroni, la regia di Cristina Pietrantonio disbriga la trama con chiarezza senza bisogno di aggrapparsi al programma di sala, ma parte del merito va riconosciuto anche allo spirito e all'inventiva linguistica del sempre amato Ferretti (impagabile la scena in cui Eutichio s'ingegna a scrivere un Don Giovanni in cui irrompe una citazione poetica dell'arietta di Isacco dalla Gazza ladra). Rossi, peraltro, si conferma musicista di solido mestiere, capace di caratterizzare a dovere un microcosmo di personaggi piuttosto variegato, nonché di assecondare il culmine della commedia con la mascherata dei finti spettri e la rocambolesca risoluzione, dopo la quale il ritorno alla convenzione domestica del finalino a vaudeville. Il linguaggio è quello post rossiniano che non si è purtroppo molto abituati a incontrare, limitandosi nei cartelloni il repertorio buffo dopo La cenerentola, in sostanza, a L'elisir d'amore e Don Pasquale. Qui il valzer non ha lo stesso slancio allusivo del Donizetti maturo e semmai Rossi ci fa comprendere l'ambiente di cui fa parte Un giorno di regno, il mondo in cui si muove il primo Verdi, ciò che ai contemporanei parve poco originale, quando non datato, e ciò che col senno di poi distingue il grande dal buon professionista.

Enrico Lombardi si prende cura di quest'opera con ammirevole dedizione e il suo contributo non appare trascurabile in nessuna fase della riscoperta, per portare all'esecuzione la trascrizione di Damiano Cerutti. In un titolo sconosciuto realizzato con pochi mezzi, poche prove e tanta buona volontà. Lombardi dimostra di essere un musicista pronto a sporcarsi le mani, con un impegno totale al servizio della partitura e dello spettacolo. Forme ed equilibri sono ben chiari, evidenti, funzionali alla vitalità teatrale del testo; l'orchestra è guidata e motivata a dovere; la consapevolezza dello stile è sostegno alle voci, perché se l'integralità delle forme è imprescindibile elemento di questo linguaggio, variazioni e cadenze favoriscono il miglior risultato per tutti.

La compagnia mostra i buoni frutti della collaborazione del Belcanto Ritrovato con l'Accademia rossiniana. Tutti artisti già apprezzati per le loro promettenti qualità in più occasioni, sono convinti e persuasivi, né deludono di fronte alla responsabilità di una riproposta moderna. Giuseppe Toia sostiene la parte centrale di Don Eutichio con intelligenza e buona impostazione, né è da meno Matteo Mancini, che valorizza baldanzoso la parte del cattivo Don Isidoro, cui spettano interessanti duetti con Annetta e Don Raimondo. Quest'ultimo è il tenore Antonio Mandrillo, altro cantante sul quale fare sereno affidamento.

Difficile stabilire un primato di ruolo fra le due donne: Annetta (il mezzosoprano Tamar Ugrekhelidze) ha tratti più seri, ma non disdegna la brillantezza di un carattere indomito e pepato. Il soprano Vittoriana De Amicis è la petulante, ossessiva, gelosissima, ma in fondo innamorata e insicura per l'avanzare degli anni, Sinforosa. Entrambe soddisfano le aspettative con vivace partecipazione.

Martin Csölley (Alberto) e Jennifer Turri (Ines) completano il cast del Teatro della Fortuna (direttrice sempre la maestra Mirca Rosciani), allegramente coinvolto nella mascherata spettrale del secondo atto.

Il buon successo finale conferma che c'è spazio per variare, per riproporre un mondo musicale fagocitato dalla fama di alcuni capolavori, ma ancora capace di tenere la scena, intrattenere e interessare. Ci sarebbe spazio nei cartelloni regolari e ancor più nei festival. Per questo si auspica che dopo questo avvio segnato da un benemerito spirito d'iniziativa e di artigianato, Il Belcanto Ritrovato faccia un passo avanti, per esempio istituendo un comitato scientifico strutturato (l'organigramma conta ora due sovrintendenti, Rudolf Colm e Saul Salucci, un direttore artistico, Daniele Agiman, e un segretario artistico, Paolo Rosetti); per esempio consolidando una stabilità produttiva che consenta a chi sa fare i salti mortali di volare più in alto senza dover fare troppe acrobazie.


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