Lutto e catarsi
di Susanne Krekel
Riuscita ripresa, alla Bayerische Staatsoper, di Die tote Stadt di Korngold.
MONACO di BAVIERA 4 ottobre 2024 - Chiunque dubiti del potere curativo della musica dovrebbe andare a vedere Die tote Stadt! È una delle rare opere in cui la qualità del libretto è pari a quella della musica. E ancora più raro: il libretto è stato scritto dal padre di un compositore di 23 anni. In modo catartico, grazie alla musica struggente e durchkomponiert di Korngold, influenzata da Strauss, Wagner (e c'è da chiedersi cosa avrebbe detto il vecchio antisemita vedendo un ebreo usare così brillantemente la tecnica del leitmotiv) e Puccini, quest'opera ci accompagna con il suo personaggio centrale in un viaggio interiore che gli permetterà di superare un dolore diventato ossessivo e sterile: Paul vive a Bruges, vedovo inconsolabile, solo nella sua casa tra i ricordi della defunta Marie, con Brigitta, la sua cameriera. Bruges, la città morta, con i suoi canali stagnanti e le vecchie pietre ricoperte di muschio e licheni, è, ovviamente, una prigionia nel passato. Un giorno Paul incontra Marietta, una ballerina promiscua che assomiglia in modo impressionante a Marie. Ne segue una relazione burrascosa, intervallata da una serata di festeggiamenti e dissolutezze in compagnia della troupe di Marietta. Paul si trova in un conflitto di lealtà: vuole continuare a onorare la memoria di Marie, ma si trova irresistibilmente attratto dalla spensieratezza e dal sex appeal di Marietta, che diventa sempre più gelosa della defunta. Durante un'altra discussione, si impossessa del tesoro più sacro di Paul, una ciocca di capelli di Marie; Paul perde il controllo e la strangola... solo per rendersi conto che non c'è nessun corpo. Era stato tutto un sogno. L'amico Frank arriva per dirgli che sta per lasciare la città e si offre di accompagnarlo. Paul accetta: è libero, la prigione del dolore è crollata nel parossismo del sogno. In un finale struggente e tenero, canta la sua accettazione e noi capiamo con lui che non possiamo aggrapparci a qualcuno che ci ha lasciato, non dobbiamo coltivare il dolore, sarà sempre con noi e dobbiamo imparare a conviverci.
In questa produzione del 2019, Simon Stone utilizza abilmente la casa di Paul per illustrare la dimensione onirica della storia. Nel primo atto, si tratta di una casa borghese, arredata nello stile scandinavo degli anni '60, con molto legno e linee pulite. Una stanza stretta è interamente dedicata alla memoria di Marie. Nel secondo atto, la stessa casa ricompare, ma le stanze sono capovolte, come una casa vista in sogno, la cui disposizione non segue la chiara logica del giorno. In questo caso, si tratta della casa di Marietta, le decorazioni sono cambiate, è molto meno borghese. Un altro elemento che sottolinea la natura onirica di queste scene - Marietta e la sua troupe che celebrano la vita e l'amore - è il raddoppio dei personaggi. Quando Paul arriva, si trova faccia a faccia con il suo doppelgänger, e diverse Marie attraversano le stanze. Nel terzo atto, la casa è stata riportata al suo aspetto originale: la normalità sta per tornare.
Vida Miknevičiūtė è perfetta nel ruolo di Marietta/Marie. Spiritosa, maliziosa e dotata di una voce che unisce dolcezza e forza, balla, salta e corre, cantando la difficile partitura senza il minimo sforzo: tanto di cappello, Madame! Altrettanto ammirevole è Klaus Florian Vogt nel ruolo di Paul. Tenore wagneriano di grande esperienza, con una voce che brilla ancora nel forte e il cui pianissimo va dritto al cuore, rimanendo sempre naturale. Nel duetto con Vida Miknevičiūtė, le loro voci si fondono perfettamente; infatti, tutto il dinamismo del travagliato rapporto tra questi due personaggi funziona alla perfezione. Notevole anche Sean Michael Plumb nel ruolo di Frank/Fritz e la sua interpretazione del lied di Pierrot “Mein Sehnen, mein Wähnen”, nostalgica al punto giusto.
Lothar Koenigs dirige la formidabile Bayerische Staatsorchester con verve e sicurezza, attento e discreto; nel finale, quando Paul, seduto al tavolo della cucina davanti a una bottiglia di birra - e quale dettaglio potrebbe simboleggiare meglio il ritorno alla normalità? - dopo aver cantato per l'ultima volta “Glück, das mir verblieb”, rinunciando alle sue mogli e alle sue ossessioni, e gli ultimi accordi dell'orchestra si spengono gradualmente, un momento di silenzio tradisce l'emozione del pubblico. Seguono applausi calorosi e meritati.
Una serata di pura gioia, grazie e bravi tutti!