L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Con la piogga e con il sole

di Roberta Pedrotti

Opera rare in ceco, italiano e francese, Danny Boy e le canzoni napoletane, eleganza e affabilità. A Wexford si respira un clima amichevole fra antiche tradizioni, spirito europeo, amore per la musica e qualità artistica.

Wexford, Armida, 23/10/2022 (e gli applausi)

Wexford, La Tempesta, 24/10/2022 (e gli applausi)

Wexford, Lalla-Roukh, 25/10/2022 (e gli applausi)

WEXFORD, 23-25 ottobre 2022 - Sotto il sole che, ebbene sì, sa fare capolino, la Verde Irlanda è davvero verde, smeraldina. Sotto lo stesso sole, il mare grigio e il cielo umido diventano d'argento e oro, di celeste perfetto. La cittadina di Wexford alterna pietre antiche e facciate coloratissime, conta appena ventimila abitanti e quasi non ci si crede che da settantun'anni sia la sede di un festival che ha accolto Mirella Freni e Sesto Bruscantini, dove sono stati invitati giovanissimi Juan Diego Florez, Daniela Barcellona ed Ermonela Jaho. Un Festival di rarità le più varie e con uno storico legame con l'Italia incarnato dal gemellaggio con Lugo di Romagna e oggi, dopo la direzione artistica di Luigi Ferrari dal 1995 al 2004, da quella di Rosetta Cucchi, che, in carica dal 2020, quest'anno vara il suo primo cartellone con i teatri aperti a piena capienza.

Una città “very homely” dove tutti si conoscono e sono cordiali e ospitali, una comune passione (e qui si stupiscono all'idea che in Italia non si sia tutti melomani dalla nascita!) e tanti volti familari rendono anche il primo viaggio a Wexford una sorta di ritorno a casa, coccolati da uno staff che conta anche quattrocento volontari e contribuisce, con chiacchiere affabili, a creare il clima del festival.

Un clima che, è bene dirlo, non si ferma alle serate nella bella National Opera House, inaugurata nel 2008, ben funzionale con i suoi spazi comuni, il bistrot panoramico e una sala in legno dall'ottima acustica e visibilità. Il cartellone del festival di Wexford è ricchissimo e coinvolgente nel suo spirito internazionale che però rivolge un vero occhio di riguardo al tessuto locale, per esempio offrendo ai giovani musicisti irlandesi occasioni di studio e perfezionamento, convolgendoli poi nelle varie iniziative in cartellone. Iniziative come i Pop Up events, flash mob seguitissimi che hanno portato a teatro per gli spettacoli “ufficiali” anche persone che mai avrebbero varcato le sacre soglie dell'Opera House; anche per gli spettatori abituali questi mini concerti a distanza ravvicinata, in qualche caso abbinati a performance di danza, sono ormai una piacevole abitudine che permette pure di conoscere un po' meglio i giovani cantanti. Poi, ci sono i Lunchtime Recitals, come quelli cui abbiamo assistito nella chiesta di St. Iberius (una curiosità: ne fu parroco lo zio della madre di Oscar Wilde), prima con due giovanissimi irlandesi (il baritono Rory Dunne e il soprano Jade Phoenix, impegnati rispettivamente in Armida e nella Tempesta) che hanno alternato arie e duetti d'opera e operetta a romanze da camera e alla tradizionale Danny Boy, una sorta di partecipatissimo leitmotiv ricorrente al pari dell'inno nazionale eseguito prima di ogni recita; poi, il tenore Giulio Pelligra (Fernando nella Tempesta), che invece offre un autoritratto molto gradito fra opera (Mozart, Verdi, Gounod, un'escursione in “Amor ti vieta”) repertorio cameristico nostrano e canzoni classiche, Tosti e Gastaldon. Un bel successo, con una commovente dedica finale agli amore dalla vita, in terra e in cielo.

E se la sera ci sono le grandi produzioni, la giornata non offre solo concerti lampo e più strutturati, ma anche altre produzioni pocket di opere e operette, rarità, grande repertorio e novità. In soli tre giorni resta il rammarico di non poter vedere e sentire tutto, ma The Spectre Knight ha meritato ampiamente l'ora spesa in uno stipatissimo Wexford Arts Center. L'operetta inglese del 1878, musica di Alfred Cellier e libretto di James Albery, racconta di un bizzarro granduca che vive con il ciambellano, due governanti e la bella nipote, ignara dell'amore: il cugino Otho, allontanantosi da anni, con abili travestimenti e spacciandosi per l'affascinante cavaliere fantasma riuscirà a conquistarla. Al pubblico il genere è familiare e da subito si diverte, mentre l'italiano deve forse un po' ambientarsi in una forma teatrale tanto idiomatica, ma una volta entrati nel meccanismo non si può non godere dello spirito, delle ottime performance degli interpreti (tutti elementi del coro del Festival preparato da Andrew Synnott: chapeau!), dell'ironia degli inserti operistici curati dal concertatore al pianoforte Gioele Muliardo, della complicità ma anche dell'altissima professionalità che si respira.

Fra concerto e l'altro, fra un'opera e l'altra – anche per dare un senso alle sostanziose colazioni irlandesi – si passeggia fra il sole e la pioggerella, sui prati del lungomare o su fino al St. Peter College, fra vestigia storiche di guerre, rivolte e rivendicazioni, dolcetti, scherzetti (Halloween è alle porte, case e negozi sono rigorosamente addobbati), negozi tipici o catene internazionali (sì, c'è anche la celebre tigre danese), si sorride molto e si fa conversazione saltando fra una lingua e l'altra, volentieri con un calice in mano, condividendo una passione, la gioia dell'incontro e anche un senso di comune identità europea che qui, nell'incredulità per l'ascesa di Brexit e sovranismi, è assai sentita.

Verrebbe voglia di ringraziare tutti: Emma, Claudine, Phil, Peter, Brian, Luke... rischiamo di dimenticare troppe persone. Per l'anno prossimo sono già annunciati il tema Women&War e i titoli di Zoraida di Granata di Donizetti, L'aube rouge di Erlager e Two Women (La ciociara) di Tutino; resta una promessa: “see you next year!”

LA TEMPESTA (foto Clive Barda)

LALLA-ROUKH (foto Clive Barda)

ARMIDA (foto Clive Barda)

THE SPECTRE KNIGHT (foto Pàdraig Grant)

IL TEATRO

 

 


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