L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Navigare a vista nel mare in tempesta

di Roberta Pedrotti

Fra Bergamo, che lo ha visto protagonista di Marino Faliero, e Pesaro, dove è Don Basilio nel Barbiere di Siviglia, abbiamo intercettato telefonicamente Michele Pertusi. La conversazione parte dalla ripresa del titolo donizettiano che già aveva interpretato a Parma (2002) e Venezia (2003) al fianco di Mariella Devia, Rockwell Blake e Roberto Servile. Presto, però, il discorso si amplia per parlare di repertorio, storia dell'opera e della vocalità, per parlare di norme di sicurezza e spettacoli senza pubblico, della delicatezza del mestiere del cantante e delle difficoltà anche fisiche sorte con il lockdown. Soprattutto, si parla di musica senz'ombra di autoreferenzialità, anzi, analizzando anche le difficoltà degli altri registri e mostrando la sensibilità e la solidarietà verso i colleghi che fa di Pertusi, oltre che un grande artista, un grande uomo.

Bergamo, Marino Faliero, 20/11/2020

Streaming da Pesaro, Il barbiere di Siviglia, 25/11/2020

Michele, le recite di Parma e Venezia sono un ricordo indelebile per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di assistervi ed è stato un grandissimo piacere riascoltarti in quest'opera. 

Ormai erano passati diciotto anni da Parma e diciassette da Venezia: si può dire che il mio Faliero è diventato maggiorenne nel frattempo.

Hai dovuto ristudiarlo da capo, dopo tanto tempo?

Praticamente sì, soprattutto i recitativi e tutti i punti in cui cambiano le parole, essendo una versione diversa soprattutto da questo punto di vista, quella originale della prima parigina. Poi, in una situazione già complessa, c'è stato il problema del cambio del tenore, con questo ragazzo, Michele Angelini, che ha davvero fatto l'impossibile imparando la parte in tre giorni. Cose che in teatro succedono, anche ci si augura sempre di no.

Per di più in un momento come questo, immagino che gli imprevisti siano ancora più difficili da gestire.

Proprio durante le prove Bergamo è stata dichiarata zona rossa e anche l'atmosfera non era proprio delle più belle. Angelini ha fatto un mezzo miracolo, perché la parte è davvero incantabile e soprattutto credo che lo sia nel modo in cui cantiamo oggi. Io non so allora come facessero, non sono esperto di vocalità ottocentesca perché non ho sentito nessun cantante ottocentesco. Anzi, personalmente ho i forti dubbi, per esempio, sulla precisione musicale, anche se è chiaro che ci siano stati, come in ogni epoca, i fuoriclasse. Però è una mia idea: io ascolto con molto interesse i documenti storici, ma non mi piace mitizzare quel che nessuno può sentire e ci giunge solo attraverso cronache e testimonianze che sono filtrate dal gusto e dalle esperienze dell'epoca. Dobbiamo ragionare su come cambia il gusto, la mentalità... se si parla di Donizetti dobbiamo considerare il fatto che pochi anni dopo ci fu l'esplosione di Verdi che fu un altro cambio epocale per quello che riguarda non dico tanto la vocalità quanto probabilmente per la mentalità del canto. Insomma, sono sono argomenti un po' delicati da affrontare senza avere delle basi di ascolto diretto.

Proprio Verdi, fra la costruzione del personaggio di Belisario e il messaggio politico del Marino Faliero, è stato citato parecchio in quest'edizione del festival di Bergamo...

Verdi è stato molto influenzato da Donizetti, c'è poco da dire. Poi, ti faccio un esempio molto semplice: Verdi tende ad abbassare la ressitura del tenore e ad alzare quella del baritono e questo, anche a livello drammaturgico, influenza il colore, la tinta come la chiamava lui, che è nettamente diversa rispetto a quella dei tenori che all'epoca si chiamavano “di grazia”. Su cosa poi si intendesse per tenore di grazia allora e in seguito si potrebbe discutere all'infinito. Verdi, comunque, ha cambiato la storia della musica, è stato come una bomba che è deflagrata, ha dato la sua impronta al teatro anche nel modo di mettere in scena quegli affreschi storici cari a Donizetti. E Donizetti indubitabilmente era un genio: la musica del Faliero è di grande ispirazione e ha veramente dei momenti esaltanti. Dal secondo atto si entra in pieno nella dimensione del genio, ma, anche nel primo, il duetto di voci gravi non dico che fosse una novità all'epoca, ma anticipa un po' tinta verdiana. Immaginiamo il Don Carlo, ma io penso soprattutto a Luisa Miller, a certe atmosfere, certi ritmi puntati. Riprese come questa sono operazioni interessanti, perché secondo me il Marino Faliero dovrebbe entrare in repertorio, vista la qualità della musica. Il problema è un altro, però: la sfortuna del Faliero fu la concomitanza del debutto con lo stesso cast dei Puritani, un'altra opera che ha segnato una strada del melodramma, per cui, se avevi disposizione quattro grandi cantanti, facevi i Puritani, non facevi il Faliero.

Tra l'altro I Puritani possono contare su una trama meno politicamente impegnativa, con la storia d'amore in primo piano, mentre nel Faliero la storia d'amore è un po' un pretesto.

Sì, non l'obiettivo principale del racconto. Poi, I Puritani sono un grandissimo capolavoro, un capolavoro totale, quindi ha avuto più fortuna probabilmente anche perché la qualità del risultato finale era maggiore. Capisco che, avendo a disposizione quattro fuoriclasse, si scegliesse di allestire I Puritani, che piaceva di più al pubblico, mentre il Faliero è un po' passato nel dimenticatoio e adesso per riprenderlo c'è sempre il problema di trovare quattro cantanti di quel livello.

E comunque il discorso, secondo me , è che le due parti per Rubini, Arturo e Fernando, siano molto diverse e quella di Fernando mi pare addirittura “anti vocale”, “storta”. Sicuramente Rubini aveva determinate qualità e oggi non sappiamo come cantasse, però io trovo molte differenze fra queste due parti scritte per lo stesso tenore e a Bergamo si sono fatti grandi sforzi, anche se purtroppo per una sola recita, anche se in teoria, fino a nuovo ordine, la recita del 6 dicembre rimane in programma.

E a Pesaro?

A Pesaro si sono mantenute tre recite distinte, per dare lavoro, per permettere alla gente che è coinvolta di lavorare. Anche questa è una scelta coraggiosa, una scelta forte, soprattutto un segnale per far capire che il teatro continua, che deve continuare, che ha le carte in regola per poter continuare. Però resta il nodo del pubblico. Eduardo diceva che il teatro è formato da tre fattori: il testo, l'interprete, il pubblico. Nel bene o nel male il pubblico ti fa sentire perché sei lì: il tuo lavoro è quello che poi presenta un risultato davanti a un pubblico. Non è sufficiente presentarlo davanti alla telecamera, anche perché l'atmosfera non è la stessa. Intanto, già cambia acusticamente perché il pubblico in teatro assorbe suono e quindi tu hai una percezione diversa della tua voce e dei suoni che ti arrivano dall'Orchestra. Quindi, è già qualcosa di interessante poter sviluppare anche dei modi per riuscire a sopperire a queste piccole diversità, però, sai, se non hai un pubblico davanti il tuo riscontro non c'è. Non c'è. Comunque, questo è: per adesso è così.

Penso sia comunque un segnale della vitalità del teatro. Sembra qualcosa di cui in teoria si può fare a meno, eppure continua a resistere e a proporre soluzioni. Anche a Bergamo dove si era tutti blindatissimi e con protocolli, giustamente, rigorosissimi.

Sì, non solo ci si disinfetta le mani, si prova la temperatura, eccetera, ma anche si sta attenti a certi comportamenti e alle distanze. Tutto viene rispettato piuttosto bene e questo ugualmente in tutti i teatri dove ho lavorato.

In questi mesi hai fatti il Requiem a Firenze e con la Scala a Bergamo, Don Carlo a Vienna, ora Faliero a Bergamo e Don Basilio a Pesaro...

È stato un bagno di sangue per tutti, fra cambi di programma, annullamenti, sostituzioni, recuperi. In questi giorni sono in movimento continuo fra Bergamo, Pesaro e Firenze, dove stanno iniziando le prove di Linda di Chamounix.

Il barbiere due anni fa vi era stato cucito addosso da Pizzi, ma ora, cambiando teatro e con i distanziamenti, avete dovuto lavorare molto per adattarlo?

Pizzi è straordinario nel lavorare con le compagnie di canto e ha una lucidità impressionante. Durante la prova teneva d'occhio la scena vera e propria e i monitor di tutte le sei diverse telecamere e alla fine ci ha fatto tutte le osservazioni a memoria, senza aver preso un appunto. Sorprendente.

Così, anche per i controlli che abbiamo, si va abbastanza lisci: la regia è più o meno quella originale, nonostante che lo spazio più piccolo e qualche accorgimento

La situazione è questa: stiamo resistendo, che altro? In gennaio dovrei cantare in Don Carlo a Piacenza: vedremo cosa succederà, come si organizzaranno. È difficile mantenere i distaziamenti in un'opera che coinvolge tante persone.

Speriamo che le cose migliorino presto. Mi ricordo, senza i protocolli di sicurezza che abbiamo in Italia, cosa è successo a Mosca proprio con Don Carlo.

Lì tanti, purtroppo, sono risultati positivi.

Anche Abdrazakov, che infatti hai sostituito a Vienna proprio, ancora, in Don Carlo...

È complicato, mi ricordo che sono arrivato a Vienna l'11 settembre, ho fatto il tampone e mi hanno dato la risposta la mattina dopo, così ho potuto cominciare la prova. Poi ho fatto il tampone tutti i giorni e si poteva entrare in teatro solo con il nastrino rosso che confermava il risultato negativo. Molti, purtroppo, sono risultati positivi e ci sono stati parecchi cambi di cast. Anche Camarena so che si è stancato molto per sostituire il titolare di Nemorino nell'Elisir fra una recita e l'altra della Fille du régiment e non è potuto venire a Bergamo perché ha dovuto prendersi un periodo di riposo.

Ho letto un'intervista in cui raccontava di aver consultato diversi foniatri perché sentiva affaticamenti anomali, finché non gli è stato diagnosticato un problema a un capillare e quindi ha dovuto stare in silenzio per farlo riassorbire.

Continuare a cantare in questi casi può essere rischioso, poi ci sono problemi più gravi e altri che si risolvono solo con il riposo, non c'è altro modo. Purtroppo è una questione delicata. 

Infatti, spesso si fatica a parlarne, come se fosse sempre colpa del cantante che sbaglia tecnica, repertorio, ritmi di lavoro... Ma allora potremmo dire che anche Baggio non sapeva giocare, con gli infortuni che ha avuto! Purtroppo un sono cose che possono capitare, anche ai migliori.

E non è detto, se un cantante non sta bene, che sia un problema di corde vocali. Sono molti i fattori che influiscono sulla resa vocale, per cui io credo che questo lockdown di primavera non abbia aiutato in generale con un prolungato periodo senza possibilità di esibirsi o anche di prepararsi e tenersi in esercizio. Il canto è anche un fatto muscolare e se i muscoli che ti permettono una fonazione corretta a un certo punto non lavorano, dopo hanno bisogno di un po' più di tempo per rimettersi in pari. Quindi, sai, dopo di fronte a queste cose sei impotente, non puoi far nulla se non metterti a casa tua e cercare di tenere l'organo vocale in esercizio, solo che non sempre è facile psicologicamente e praticamente. Devo dire che, per quanto dello stesso autore, le parti della Fille du régiment e dell'Elisir sono molto diverse e trovarsi a cantarle all'improvviso a giorni alterni dopo un periodo di inattività, come è successo a Camarena, dev'essere stato particolarmente faticoso! Ora è solo questione di giusto riposo per riprendersi. Il nostro è un lavoro delicato e anche quando ho l'occasione di parlare con i giovani dico sempre che noi dobbiamo imparare a gestire le pressioni, che a volte qualcosa può non funzionare senza che se ne comprenda subito la ragione. Se vuoi, sono anche le stranezze di questo mestiere, ma dobbiamo abituarci, conoscerci, non andare nel panico se c'è qualcosa che non funziona.

Come ha detto Camarena, raccontando di essersi rivolto a diversi medici prima di trovare la risposta, perché sentiva lui per primo che il suo corpo gli mandava dei segnali. E lui è un altro che la sua voce la conosce e la sa usare!

Certo! Dobbiamo assecondare, mai forzare il nostro fisico e trattarlo bene, non abusarne.

Anzi, soprattutto ora. Dobbiamo prenderci cura di noi e cercare di superare questo momento con razionalità, in forma e sani di mente.

Ora è tutto un po' sospeso, navighiamo a vista in un mare in tempesta. Bisogna stare molto, molto attenti.

 

 


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