La gioia del canto
di Luigi Raso
Disponibile e cordiale, il soprano georgiano si racconta: l'evoluzione della sua voce, l'importanza dell'assecondare la propria natura e di mantenere la gioia di cantare e salire sul palcoscenico, ma anche la famiglia, leradici in un paese che ha vissuto enormi difficoltà pur mantenendo sempre viva la tradizione musicale, l'impegno nell'insegnamento e in iniziative benefiche, le emozioni legate all'arte e alla vita, il rapporto con i social network.
Napoli, 08 novembre 2019 - Siamo all’Opera Café del San Carlo con Nino Machaidze, nella insolita veste di spettatrice d’eccezione: il marito, il baritono Guido Loconsolo, è impegnato in questi giorni nella parte di Fenicio nella nuova e attesa produzione di Ermione di Rossini nella quale ha riscosso un lusinghiero successo personale (leggi la recensione).
Abbiamo quindi colto l’occasione per fare una chiacchierata con il grande soprano georgiano e per fare il punto sull’evoluzione della propria voce, sugli sviluppi del proprio repertorio e su qualche aspetto della sua vita privata.
Signora Machaidze, è di nuovo al San Carlo, seppur nella veste di spettatrice, dopo il grande successo personale ottenuto nel marzo scorso (leggi la recensionele) interpretando Antonia in Les contes d’Hoffmann. Lei ha debuttato al San Carlo nei panni della Desdemona rossiniana del 2016, poi, nel 2018, è stata Violetta e ultimamente una Antonia particolarmente intensa ed emozionante. Si è notato, nell’arco di queste tre opere interpretare al San Carlo, un naturale irrobustimento della sua voce, che è diventata più corposa e brunita, più “matura”. Come spiegherebbe l’evoluzione della sua voce?
Ho iniziato a notare cambiamenti nella mia voce da quando è nato mio figlio: è dunque vero che a seguito della maternità la voce cambia! Sono sempre stato un soprano lirico leggero, mai soltanto un soprano leggero, mai! La mia voce ha sempre avuto un registro centrale corposo e, per fortuna, acuti, facilità nelle agilità, ma la mia natura è sempre stata quella di soprano lirico.
Se si ha una tecnica giusta e solida, si assicura alla voce uno sviluppo naturale che la rende più matura, purché non ci siano forzature e artifici. Ora sto notando che il timbro della mia voce si sta scurendo sempre di più, senza che io abbia fatto niente in tal senso, eh! È un processo naturale che assecondo.
Sono arrivata in Italia nel 2005, a 21 anni, ed ero concentrata a cantare parti del repertorio belcantistico come Lucia, Elvira dei Puritani, ecc; ho poi aggiunto parti liriche e, ora che ho 36 anni, sento di andare verso la maturità e, soprattutto, avverto l’irrobustimento vocale e lo scurirsi del timbro.
Ciò che canto ora mi rende felice e dà soddisfazione: posso mostrare i colori che voglio, e, soprattutto, posso seguire la mia natura!
Attualmente amo cantare principalmente le parti liriche; però, a breve. dopo ben dodici anni, riprenderò nuovamente Amina all’Opéra Royal de Wallonie di Liegi. È una parte che avevo accantonato per qualche anno e ora sono contenta di ritornare a questo personaggio dopo tutti questi anni, proprio per vedere come posso reinterpretarlo dopo aver cantato di Massenet e Luisa Miller.
Mi piace esplorare il repertorio con molta calma: quest’anno festeggio venti anni di carriera. Ho debuttato a sedici anni al Georgian National Opera Theater di Tbilisi, la mia città natale, interpretando Zerlina, poi Gilda, Norina, Rosina, e così via. Se a trentasei anni ho già venti anni di carriera alle spalle, significa che mi piace andare piano ma...lontano, per non rovinare la mia voce! E vorrei cantare almeno per altri venti anni!! Adoro questo lavoro e voglio che duri il più possibile!
Ho rifiutato tante offerte: Tosca, per esempio. È una parte del tutto inadeguata per la mia voce. Non puoi cantare per quindici anni il belcanto e poi improvvisamente Tosca, perché in mezzo c’è un mondo musicale da esplorare, da cantare. Chissà, magari un giorno potrebbe arrivare anche il momento di cantare Tosca, ma non dopo solo quindici anni di belcanto: tra Juliette e Tosca direi che nel mezzo ci sono un bel po’ di ruoli!
Juliette è il personaggio che le ha dato successo e fama internazionale: come ricorda di quel debutto a Salisburgo nel 2008?
Salisburgo mi ha dato successo a notorietà, anche se avevo già cantato molto alla Scala. Il giorno dopo quel rocambolesco debutto a Salisburgo era davvero famosa! È stata l’occasione della vita, che potevo sfruttare a mio favore, oppure a sfavore.
Mi offrivano ciò che avevo sempre sognato e così ho accettato la sfida; tra me pensavo che la parte mi si addiceva perfettamente, avevo provato… eravamo in diretta con mezzo mondo… e allora perché avere paura? E così mi sono divertita dall’inizio alla fine dell’opera!
Devo ammettere che non ho mai provato paura del palcoscenico, forse perché già ad otto anni ho cantato in un concerto: quando ho debuttato a sedici anni, già cantavo da otto. No, il palcoscenico non mi ha mai fatto paura!
Per questo motivo accetto solo le parti di cui sono certa: voglio essere felice e divertirmi quando salgo in palcoscenico.
Se penso che un ruolo potrebbe mettermi in difficoltà - perché non si addice alla mia voce - non lo accetterò mai, per nessun teatro del mondo, neppure se me lo proponesse un teatro importante! Ho detto “No!” a teatri importanti nei quali non torno da alcuni anni, perché non posso accettare le loro proposte. Non voglio assolutamente togliermi la gioia che provo nell’andare in palcoscenico!
Per questo motivo ho rifiutato Tosca, I due Foscari.Invece ho accettato Simon Boccanegra, la Desdemona di Verdi, Marguerite nel Faust di Gounod.
Juliette attualmente non è in programma, ma non l’abbandonerò mai!
Ah, canterò anche come Fiordiligi, una parte molto bella; non ho cantato molto Mozart, perché mi sono dedicata molto al belcanto. E così, appena mi hanno offerto di cantare nel Così fan tutte, ho accettato con gran piacere, perché è un personaggio che mi piace.
Attualmente i ruoli che amo di più sono quattro: Mimì, Luisa, Thaïs, e Manon di Massenet, interpretata recentemente a Parigi e a Vienna, insieme a Juan Diego Florez.
Ti senti particolarmente vicina a questi personaggi?
No, in realtà non mi sento vicina a nessun personaggio, anzi, devo ammettere che non credo all’immedesimazione con i personaggi che si interpretano.
L’opera, pur essendo basata su emozioni naturali, resta una finzione, quindi una brava attrice deve saper fingere e immedesimarsi, ma mai fino in fondo da annullare se stessa.
Ovviamente ci sono parti, singoli passaggi che mi fanno piangere, venire la pelle d’oca quando li canto. Penso a “Sono andati? Fingevo di dormire..”, oppure a quella bellissima frase della Traviata in cui Violetta canta “Ma se tornando non m’hai salvato, a niuno in terra salvarmi è dato”: sono momenti che mi emozionano sempre tanto.
Personalmente ricordo la recente Antonia di Les contes d’Hoffmann, qui al San Carlo, particolarmente emozionante e palpitante: quanto c’è del suo vissuto in quella parte?
Proprio per la mia storia personale - l’aver perso mia madre quando ancora ero molto giovane - non è stato facile avvicinarmi a questo personaggio. Ho dovuto distaccarmi, perché rischiavo di essere troppo coinvolta emotivamente; l’emozione può giocarti brutti scherzi dal punto di vista vocale. Ho deciso quindi di non dover pensare a quello che dicevo quando cantavo "Ma mère! Ô ma mère! Je t’aime!..." alla prima: pur essendo molto, molto coinvolta, sono riuscita a mantenere il controllo.
Che rapporto ha con la sua Georgia?
Conservo gelosamente la mia cittadinanza georgiana! È il mio Paese e lo amo! In Georgia esiste una grande tradizione musicale, per il canto e non solo. Nella famiglia si cerca di dare un’educazione musicale ai figli, facendo loro studiare il pianoforte, violino, la chitarra, il canto...
Io, come tanti altri miei colleghi, non provengo da una famiglia di musicisti, quindi qualcuno potrebbe chiedermi: “ma tu da dove salti fuori?” Ebbene, in Georgia capita spesso che i genitori capiscano il talento musicale dei figli: se un bambino ama cantare e suonare, assecondano la sua natura - ed ecco che torniamo alla natura di cui parlavo prima - fino a fare della musica un vero e proprio lavoro!
In Georgia la musica è tenuta in grande considerazione, amata e apprezzata, perciò emergono tanti giovani talenti, e già a venti anni, non a quaranta!
Io ho iniziato molto presto a seguire le lezioni di canto; ho sempre cantato, sin dagli inizi, da solista. Vorrei che anche in Italia ci fosse tanta attenzione verso l’educazione musicale: ciò aiuterebbe molto i ragazzi a crescere.
Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia che mi ha sempre incoraggiato: mia mamma era appassionata d’opera. Quando i miei genitori mi sentivano cantare in casa, hanno compreso che probabilmente avevo del talento e così, pur affrontando grandi sacrifici, mi hanno fatto studiare. Noi in Georgia abbiamo trascorso degli anni bruttissimi di buio totale. “Buio” nel vero senso della parola: mancava l’illuminazione nelle strade. Ricordo che quando avevo quattordici anni la situazione era davvero molto difficile: mancava la luce, il gas, avevamo l’acqua e l’elettricità in casa solo per un’ora al giorno... mancava il riscaldamento nelle case... Noi vivevamo in una zona collinare di Tblisi: ricordo che io e mio padre, per andare alla scuola di musica, facevamo un’ora e mezza di cammino a piedi nella neve e al vento all’andata e altrettanto al ritorno. Quanto deve essere motivato un genitore per affrontare questi sacrifici!
Ho sempre sentito che sarei diventata una cantante d’opera, per me non esisteva altro.
Ho anche suonato il flauto per quattro anni, ma allo scopo di aiutare il canto. Devo ammettere che mi ha aiutato molto per la respirazione, contribuendo allo sviluppo dell’elasticità del diaframma.
Torna spesso nel suo Paese?
Sì, tendenzialmente per partecipare a concerti di beneficenza per il mio Paese.
Essendo molto conosciuta in Georgia, mi invitano, le sale da concerto registrano il sold out, il ricavato viene utilizzato per costruire ospedali, aiutare i bambini autistici e quelli malati di cancro. Sono molto coinvolta in queste iniziative, appena posso torno per dare una mano. Mai dimenticare le proprie origini!
In che modo si avvicina ai personaggi che porta sul palcoscenico?
Per me la cosa fondamentale è capire cosa ha scritto l’autore. Basta leggere le parole, ascoltare la musica e il personaggio arriva da sé.
Come studia le parti nuove?
Le studio da sola, e così faccio da anni! Imparo le parti in circa una settimana. Per fortuna riesco a memorizzare spartiti da 500 pagine in una settimana!
Ogni anno ho almeno tre debutti; qualche tempo fa ben nove in un solo anno. Mentre canto una parte studio quella che devo interpretare successivamente! Il cervello è molto allenato: penso che sia una fortuna, un dono... non dipende da me!
Quali sono state le persone fondamenti nella sua vita artistica?
Sicuramente la mia maestra di canto, Dodo Diasamidze, che mi ha seguita sin da quando avevo otto anni. Sono stata fortunata ad avere lei come insegnante: mi ha indirizzato sulla strada giusta, così non ho avuto bisogno di cercare altro. Quello che ho imparato da lei con riguardo all’appoggio, il diaframma, la respirazione, la posizione, mi serve anche oggi! Questo è l’ABC del canto. Se conosci bene le basi, puoi crescere e affrontare tutto.
La signora Dodo Diasamidze, quando ho iniziato a studiare canto, aveva solo 22 anni, si era appena diplomata al Conservatorio. Sono stato la sua prima allieva, siamo cresciute insieme. È stato un percorso meraviglioso. Oggi è una bellissima signora che insegna al conservatorio, e per me rimane sempre la mia insegnante; quando torno in Georgia non manco di andarla a trovare.
Sono successivamente entrata al conservatorio, a 16 anni, subito dopo aver cantato in un recital arie da Lucia, Puritani, Sonnambula, tanto che ho ottenuto 10 e lode quale voto di ammissione, proprio perché due giorni prima dell’esame avevo cantato in questo concerto nella stessa sala nella quale poi ho sostenuto l’esame di diploma.
Il mio insegnate di conservatorio è stato un tenore molto bravo, Temuras Gugushvili (che insegna al conservatorio ed è tenore solista nel nostro teatro di Tblisi), il quale mi ha portato a teatro e mi ha fatto cominciare a studiare il repertorio; tecnicamente ero già pronta, con lui ho iniziato a studiare varie parti.
Considero questi due i miei insegnanti.
Quando sono arrivata in Italia, nel 2005, nella mia vita è entrata una persona importante: la Signora Leyla Gencer.
Appena sono stata ammessa all’Accademia della Scala, la Signora Gencer mi ha ascoltato e mi ha detto: “Brava! Mi piace molto come canti e sono sicura che farai delle grandissime cose!” Io non credevo alle mie orecchie! All’Accademia della Scala la Signora Gencer è stata la mia insegnante di interpretazione.
Poiché possedevo già una buona impostazione vocale, durante gli anni dell’Accademia mi sono concentrata sull’interpretazione: posso dire di aver studiato per diventare una artista. C’è una grande differenza tra cantante e artista: si può cantare bene, ma senza riuscire a trasmettere niente. L’artista, invece, quando lo ascolti e lo vedi, deve necessariamente lasciarti qualcosa, una emozione..
Quindi l’incontro con la Gencer ha segnato il momento in cui da cantante è diventata artista?
Proprio cosi! Con la Signora Gencer sono passata dall’essere una brava cantante a un’artista!
Quando cantavo davanti a lei mi diceva: “Brava! Adesso però voglio avere la pelle d’oca!” Perciò, quando mi dite che son riuscita ad emozionarvi, per me è il compimento più grande che possa ricevere. Vuol dire che il mio scopo è stato raggiunto. Io devo trasmettere emozioni!
La Signora Gencer mi ripeteva: “Non basta cantare bene, Nino! Canti bene, adesso aggiungi qualcos’altro, per cortesia! Voglio una emozione in più!”
E finché lei non era soddisfatta rimanevo lì a studiare. È stato grazie alla Signora Gencer che ho compreso che cantare solo bene non è sufficiente. Se vuoi che il pubblico si ricordi di te, devi riuscire a impressionare e a trasmettere emozioni!
Con la Signora Gencer ho studiato varie arie, frase per frase. Per lei era importante non il brano in sé, ma il modo in cui veniva interpretato.
Sono questi insegnamenti che punto a trasmettere anche ai miei allievi. Anche io chiedo sempre: “fatemi emozionare!”.
Lei è un soprano molto attivo sui social media: cosa pensa di queste forme di comunicazione e quanto possono essere utili alla diffusione dell’opera tra i più giovani?
Al giorno d’oggi siamo circondati dai social media: perché non usarli a nostro favore? Con i social si può rompere quella barriera, quel ghiaccio che prima c’era tra il cantante e i propri fans. In questo modo l’opera diventa più accessibile per chiunque, non viene considerata più qualcosa di elitario
L’opera, del resto, è prodotta da persone comuni, che postano anche foto, video e post sui social come tutti, non da divinità irraggiungibili! Per me i social possono quindi essere utili ad avvicinare pubblico giovane all’opera. Quando dal palcoscenico vedo molti giovani in sala sono molto felice!
Infatti lei, Anna Netrebko, Sonya Yoncheva siete dive della lirica che però amate mostrare anche l’aspetto quotidiano della vostra vita sui social.
Esattamente! Questo è l’aspetto innovativo dei social che trovo estremamente interessante e positivo!
Al di fuori delle scene chi è Nino Machaidze? Come si definirebbe?
Una persona sempre allegra e sorridente, molto leale e fedele verso tutti!
Anche a casa mi piace molto ascoltare la musica latino - americana e ballare secondo i suoi ritmi. Sono una donna molto, molto positiva, e cerco di circondarmi di persone positive!
Da poco ha iniziato anche a insegnare canto: qual è il consiglio che dà ai suoi allievi?
Premetto che mi piace molto insegnare, nel poco tempo libero a disposizione, perché noto che i miei allievi sono contenti!
Il mio insegnamento è sempre molto chiaro, per non confondere gli allievi. Indico quali sono le basi del canto e così il nostro percorso parte da quei punti fermi.
Mi rende felice vedere i progressi degli allievi, i loro risultati e, soprattutto, i loro visi felici! Se mi dicono "Grazie!Ho trovato la gioia di cantare!" sono davvero felice!
Sono una persona molto buona, mi piace far del bene, dare una mano, condividere ciò che ho imparato con l’esperienza; ci sono cose che si acquisiscono solo così.
Il consiglio che mi sento di dare è questo: state alla larga da tutto ciò che è vocalmente artificiale, seguite la vostra natura, amate la propria voce! Non cercare MAI di “fare un’altra voce”, non cantate parti che non vi appartengono!
Ultima domanda: quali sono i suoi prossimi impegni?
A breve canterò in un gala a Karlsruhe l’atto di Antonia da Les contes d’Hoffmann, poi debutterò a Tokyo con la mia amata Mimì, poi ci sarà La sonnambula a Liegi; a maggio sarò a Siviglia per La traviata. Ad agosto debutterò all’Opera House di Pechino come Marguerite nel Faust di Gounod.
E poi... a settembre 2020, tornerò qui a Napoli per due mesi, per cantare nella Vedova allegra e nella Traviata. Sono molto contenta di tornare al San Carlo: lo considero in assoluto il più bel teatro al mondo e, insieme al Metropolitan di New York, quello con l’acustica migliore.
Grazie per questa interessante e piacevole chiacchierata, in bocca al lupo per tutti i suoi prossimi impegni e...arrivederci a presto!