L’Ape musicale

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Tosca al Carlo Felice dal 20 dicembre

Da sabato 20 dicembre 2014 alle ore 20.30, al Teatro Carlo Felice, va in scena Tosca, melodramma in tre atti di Giacomo Puccini su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, a più di un secolo dalla prima assoluta del 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma.

A dirigere l’Orchestra del Teatro Carlo Felice sarà Stefano Ranzani, considerato tra i più eminenti direttori d’orchestra del panorama internazionale ed ospite dei più prestigiosi teatri d’opera, recentemente applaudito nel concerto sinfonico del 27 novembre.

Regia, scene e luci portano la firma di Davide Livermore, uno dei registi più talentuosi della sua generazione, fornito di una profonda preparazione non solo teatrale, ma anche musicale, da sempre aperto all’innovazione e alla sperimentazione; Regista Residente al Teatro Carlo Felice per il prossimo biennio, dopo i precedenti successi di uno straordinario Otello e una Carmen tutta Cubana, propone per il lirico genovese un nuovo allestimento di Tosca filtrata dal suo sguardo acuto e innovatore.I preziosi costumi sono di Gianluca Falaschi.

L’opera si avvale di tre cast prestigiosi, che si alterneranno nelle recite: Maria Gugleghina, Susanna Branchini e Svetla Vassileva (Floria Tosca), Roberto Aronica, Rudy Park e Rubens Pelizzari (Mario Cavaradossi), Carlos Álvarez e Elia Fabbian (Scarpia), Giovanni Battista Parodi e John Paul Huckle (Angelotti), Claudio Ottino (Sagrestano), Enrico Salsi (Spoletta), Cristian Saitta e Davide Mura che sia alterneranno nei ruoli di Sciarrone e del Carceriere, le voci bianche Filippo Bogdanovic e Sebastiano Carbone (Un Pastorello).

La Tosca di Giacomo Puccini è un’opera degli eccessi. La gelosia di Tosca, l’eroismo repubblicano del suo amato, il pittore Mario Cavaradossi, la cattiveria del Barone Scarpia, capo della polizia: tutto è estremo, in questa vicenda ambientata nella Roma politicamente in subbuglio del 1800. I momenti forti non si contano: la tortura di Cavaradossi e la sua fucilazione in scena; Tosca che, cantante lirica vissuta sempre “d’arte e d’amore” senza far “mai male ad anima viva”, uccide Scarpia, colui davanti a cui “tremava tutta Roma”, congedandosi dal suo cadavere con un rituale tra il macabro e il solenne; il salto nel vuoto di Tosca dai bastioni di Castel Sant’Angelo; la libidine sfrenata di Scarpia.

C’è chi, come Alberto Arbasino, vede in Tosca una messa in scena della Crudeltà, il manifesto di un “Teatro della Ferocia” davanti a cui impallidiscono, secondo lo scrittore, titoli giudicati di solito molto più perfidi. La storia, del resto, è tratta dal dramma omonimo (1887) di Victorien Sardou, uno specialista del teatro a tinte forti che andava di moda nella Parigi di fine ‘800.

L’impatto della vicenda è intensificato dalle scelte compositive di Puccini, che si susseguono con il tempismo di un montaggio cinematografico: melodie di sicuro effetto (“Vissi d’arte”, “Recondita armonia”, “E lucevan le stelle”), armonie inaspettate, colori timbrici di densità pittorica.


 

 

 
 
 

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