Cassandra: parole come soldati
di Valentina Anzani
Per la prima volta in forma scenica in Italia, si rappresenta al Lugo Opera Festival Cassandra del compositore elvetico contemporaneo Michael Jarrell, tratta dal testo del 1989 di Christa Wolf: un monodramma in un atto unico da eseguirsi con voce recitante, ensemble strumentale ed elaborazione elettronica dal vivo.
Lugo, 6 maggio 2014 - Il compositore avrebbe voluto inizialmente un’opera, ma la gestazione del lavoro ha portato alla creazione di quanto abbiamo esperito sul palcoscenico di Lugo, che un’opera non è. La definizione monodramma lo accosta immediatamente allo schönberghiana Erwartung, ma se ne distanzia per l’uso che il compositore fa della voce: non c’è canto in Cassandra e la voce di Anna Clementi recita (nella traduzione di Anita Raja del testo originale francesce) tutte le parole senza intonazione musicale, ma adattando l’eloquio alla musica che le è sottoposta: dunque la definizione più adeguata sarebbe Sprechoper, opera parlata. La costruzione musicale costituisce un fondale non invadente su cui di dipanano parole e immagini. L’orchestra, gestita da Rossen Gergov, prevede 18 strumenti tra cui una batteria; la rielaborazione elettronica si affida alle mani di Francesco Giomi, in collaborazione con Francesco Canavese e il Centro di Ricerca fiorentino fondato da Luciano Berio Tempo Reale.
Anna Clementi, amplificata microfonicamente, percorre le memorie della profetessa Cassandra con rapidità, incastrando le sezioni di testo tra i segmenti musicali, così come prescritto dal compositore. Lo sciorinare del testo procede quasi piatto, (forse per la volontà di mantenere uno stato di quiete da cui i momenti più espressivi – o espressionistici – possano guizzare e colpire con più vigore? Forse in adesione alle modalità espositive della narrazione epica, che così tanto entra nel repertorio del Novecento, che vuole il narratore non coinvolto emotivamente da quanto espone?) con un leggero cantilenare (forse dovuto alla difficoltà di far coincidere i segmenti di testo ai rispettivi tratti musicali?). Secondo il compositore “è il testo che si conforma alla musica, non il contrario” fino a diventare, nei punti in cui l’eloquio non può che essere rapidissimo, delle “nuvole di parole”. Probabilmente con questo vuole che l’attrice parli molto velocemente, certo non che debba negare la dignità che ogni parola porta con sè, quel valore che (citando Arnaldo Picchi) fa che le parole siano come soldati, ognuna fondamentale quanto le altre perché non si sfaldi una falange, soprattutto per un testo pregno di multipli livelli di significato come questo, in cui la narrazione che Cassandra fa dei momenti più intensi della propria vita poco prima di essere giustiziata è intessuta di temi femministi e pacifisti. Invece dall’interpretazione della Clementi emergono pochi momenti – ma quanto intensi davvero, questi! – che di fatto corrispondono alle sezioni prive di musica oppure quelle in cui il discorso diretto prende il posto della narrazione.
Delude poi l’atteggiamento analogico della regista, Pamela Hunter, che tratta le immagini video come semplice conferma del testo. Non si spinge oltre la retorica, non fa uso delle immense possibilità che il telo da proiezione permetterebbe all’espressione, le riprese dei ballerini-mimi sono effettuate con una luce anonima e le immagini di repertorio sono didascaliche. Non mette in pratica quello che promette, quando vorrebbe realizzare le parole stesse di Cassandra: “Davanti alle immagini le parole muoiono”. Di fatto queste immagini non potrebbero vivere di vita propria senza il testo di Christa Wolf, che continua ad essere più efficace delle immagini proiettate. Questo, intrecciato alla costruzione musicale di Jarrel, ha dato vita a uno spettacolo ricco di suggestioni, di quelli che certamente permettono di avvicinarsi a quella catarsi del tragico propria del teatro greco, un’esperienza che continui a stimolare i pensieri anche oltre la rappresentazione.
Lo spettacolo tornerà in scena il prossimo ottobre al Teatro Comunale di Bologna per due date.
foto di scena di Giuseppe Melandri