Romantica maestà francese
di Roberta Pedrotti
Franck, Bossi, Peeters, Vierne, Nikulin
Natalia Baginskaya, organo
Organo Merklin (1880) di San Luigi dei Francesi a Roma
Registrato nel settembre 2013
CONTINUO, CR109, 2014
L'organo non è, decisamente, lo strumento più pratico del mondo, anzi, salvo smentite da studiosi specializzati ed etnomusicologi, potrebbe ben dirsi, in alcune forme, il più ingombrante e complesso, tant'è vero che oggi la concorrenza di più maneggevoli versioni elettroniche (o elettronici surrogati) tende ad avvallare la loro progressiva estromissione dai progetti di sale da concerto e teatri.
Eppure la sua storia è antichissima, in Occidente risale almeno all'epoca ellenistica, le variabili infinite, per dimensioni, usi, registri, tecnologie. Eppure l'organo divenne, fra Rinascimento e Barocco, una sorta di metafora della stessa creazione divina, senza veder tramontare le sue fortune fra i compositori nemmeno nel Romanticismo e nel XX secolo.
Alle più alte e ardite concezioni filosofiche, teologiche e compositive, hanno risposto un'arte e una scienza di ideazione e realizzazione fra le più esuberanti, fantasiose e proteiformi dell'intera storia dell'organologia, i cui frutti sono andati negli ultimi decenni, purtroppo, sovente confinati in una pensione fatta di scontata ripetitività liturgica reiterata a ogni alta funzione, se non di polveroso abbandono. D'altra parte, almeno per quanto possiamo constatare in area cattolica dopo il Concilio Vaticano II, lo snellirsi della pratica musicale liturgica fuori dalle maggiori solennità, con una progressiva riduzione del repertorio “alto” tradizionale, la musica sacra d'arte ha finito per scollarsi dalla sua originaria collocazione integrata al rito e farsi, anche nel contesto ecclesiastico, oggetto soprattutto d'ascolto concertistico.
Finiscono così sovente inutilizzati questi microcosmi sonori di pedali, tastiere, canne e mantici, che, a dispetto dell'indiscutibile vocazione sacrale, hanno solleticato con il loro potenziale anche ispirazioni decisamente laiche.
Formidabile strumento, è il lussureggiante strumento della chiesa di San Luigi de' Francesi in Roma, capolavoro dello stile romantico d'oltralpe realizzato da Joseph Merklin nel 1880, modello esemplare di un'idea stessa di musica che è l'anima di un colosso la cui oggettiva maestosa bellezza non può rimanere muta e inerte.
La sua voce naturale è nel repertorio che Natalia Baginskaya affida a questo CD per la Continuo Records, racchiuso fra l'epoca della costruzione e la contemporaneità.
Ascoltiamo infatti in César Franck, con i Choral n. 1 in Mi maggiore e n. 2 Si minore, l'apoteosi di quella scuola – anche Accademia, ma in questo caso s'intenda nel senso migliore del termine – francese in simbiosi con la quale Merklin progettò i suoi strumenti. D'una cinquantina d'anni più giovane, Louis Vierne fu l'erede ideale di Franck, ma se il primo visse il trapasso dalla grandeur di Napoleone III alla crisi di Sédan e all'insediamento di una nuova repubblica borghese e conservatrice, al secondo (morto nel 1937) toccò subire le conseguenze della sclerotizzazione e del deflagrare di quel mondo, recando il vessillo della tradizione organistica francese attraverso, e senza ignorarli, i campi dell'impressionismo e delle nascenti avanguardie. Di lui si ascolta un pensoso e diafano Clair de lune che ricorda certe atmosfere inquiete e sospese di Debussy e Dukas.
Marco Enrico Bossi, organista atipico nel panorama italiano per il suo spirito cosmopolita e la sua attenzione alle novità tecniche, musicali e strutturali, ebbe modo di conoscere e apprezzare fra i primi il lavoro di Merklin ed è, dunque, il nome italiano più adatto, se non l'unico possibile, a figurare nel programma di questo CD con Leggenda op. 132 n. 1, brano che sembra impregnato di turgori e fantasie neogotiche o bizantineggianti (più nella composizione che nell'esotismo) su una salda architettura neoromanica, scrittura dotta per lo spirito dei tempi. Attraverso il belga Flor Peeters (1903-1986) con Toccata, Fugue et Hymne sur Ave maris stella, Op. 28 e Vlaamse rhapsodie, Op. 37, ulteriore tassello della storia dell'organo in terre, fra Francia e Belgio, non dimentiche delle radici parigine e fiamminghe della loro tradizione musicale non solo sacra, si arriva al pieno Novecento e a Gleb Nikulin, classe 1974, che rivisita uno dei più noti canti gregoriani, Victimae paschali laudes, con sensibilità contemporanea che non tradisce la natura dello strumento, dimostrando, al contrario, come la sua maestà sinfonica modellata sul repertorio tardo romantico e sulla solennità accademica della scuola francese possa ribadire la sua autorità e regnare anche ai nostri tempi.
Naturalmente lo ribadisce con l'indispensabile complicità di Natalia Baginskaya, il cui tocco è tutto devoto alla simbiosi fra strumento e scrittura, all'epifania di uno stile attraverso l'organo-microcosmo che è un tutt'uno con esso, causa ed effetto, potenza spesso inespressa e atto sorprendente anche dopo più di un secolo (e che secolo!) dalla creazione, per pubblico, esecutori e musiche, perfino, nate tanti anni dopo quel 1880.