La rivincita di Rigoletto
MACERATA, 9 agosto 2015 - Eccezionale, viceversa, il Rigoletto, che ha aperto la stagione di quest'anno. Nel suo insieme, il miglior Rigoletto all'aperto degli ultimi anni e forse anche di certe stagioni di teatri al chiuso. Un'operazione riuscita e completa. In questo caso abbiamo avuto tutto: voci, direttore e regista. Le voci, molto bene assortite, tra giovani, giovanissimi e interpreti maturi con varie frecce ancora al loro arco. Vladimir Stoyanov, anzitutto, ha delineato un protagonista di accento sorprendente e di ancora buona tenuta vocale: canta correttamente, sa fraseggiare anche piano e così è in grado di esprimere molto più di quanto non si faccia nella norma in passaggi solitamente arroccati sul forte e qui invece aperti finalmente ad espressioni più dolci e affettuose. Celso Albelo è un Duca di Mantova portentoso, grazie a una tecnica che gli consente ascese facili e spavalde fino al settore sovracuto, nonché suoni perfettamente emessi ed omogenei in tutti i registri. A tanta perizia vocale si aggiunge analoga cura per colori e sfumature a sigla di una interpretazione eccelsa sotto ogni punto di vista. Egregia anche la prova di Gilda, impersonata da Jessica Nuccio, che è un talento in formazione alla quale si riconoscono volentieri doti cospicue: voce chiara e pura, tendente al lirico e con centri già abbastanza consistenti, buon dominio anche del settore acuto. E’ brava anche in scena e ha una grinta notevole. C’è poi, a chiudere il cerchio di una compagnia quasi ideale, uno Sparafucile di rilievo eccezionale, per voce e intenzioni espressive, che è Gianluca Buratto. In tono minore, invece, la Maddalena di Nino Surguladze (con brutti suoni aperti nei gravi). L'opera è stata diretta benissimo da Francesco Lanzillotta, che non solo ha assicurato coesione e unità in tutto l’arco dell’esecuzione, senza mai calare di tensione, ma ha anche sperimentato tempi e fraseggi interessanti, solitamente difficili da realizzare all’aperto e quindi ancor più meritevoli di nota. Sulla scena Federico Grazzini ha dimostrato le qualità che si richiedono a un vero regista. Il suo è un Rigoletto che spazza via la routine che spesso affossa capolavori arcinoti come questo e vince la sfida con le regie più innovative degli ultimi anni. Promette molto già l’ambientazione in un luna park dismesso, dove il duca è un boss malavitoso di oggi, circondato da una corte osannante di donne e di gregari pronti a servirlo, Gilda abita in una modesta roulotte fuori da questo spazio e Sparafucile gestisce un’attività di ristoro ambulante su un marciapiede che, nel terzo atto, vediamo percorso da prostitute (tra cui la sorella) in tenuta da lavoro. Fortunatamente il regista non si ferma a tutto questo, ma sa anche suggerire agli attori (e alle masse) le mosse opportune e una gestualità specifica, che va oltre le convenzioni, offrendoci una lettura lucida, cruda e non edulcorata di quello che nella realtà non è affatto una novella sentimentale, ma un vero e proprio psico-dramma.
E' l'apice di una edizione, la cinquantunesima, che ha registrato il tutto esaurito, il massimo gradimento del pubblico, e a cui aggiungo volentieri l'apprezzamento personale. E' difficile far rivivere in modo originale capolavori ormai entrati nell'orecchio e nell'occhio. A Macerata ci sono riusciti. Una chiosa finale: dopo quanto detto e attestato, sicuramente il festival meritava un contributo pubblico per il 2015 quanto meno pari a quello dell'anno scorso. I punteggi assegnati hanno condotto invece a un taglio di 95.000 euro, che desta non poca preoccupazione, visti i risultati artistici di alto livello raggiunti. Urge una riflessione seria, evidentemente, sul modo di valutare i teatri italiani, affinché l’efficienza vada a braccetto con l’alta qualità artistica e il buon senso, e perché realtà vive e produttive come quella di Macerata non debbano più trovarsi in cima alla classifica del gradimento del pubblico e della critica (in una realtà, oltre tutto, culturalmente così vivace come quella delle Marche), e in basso nelle tabelle ministeriali. Lo si deve a chi ha progettato e curato una rete di altissimo livello professionale, all'abnegazione e alla fantasia creativa che costituiscono un vanto unico di questo festival, che si appresta ora a costruire con qualche pena in più la sua prossima edizione, con immutata voglia di mantenere ai vertici il suo standard di qualità.
foto Tabocchini