La Contessa è triste, che farà la Contessa?
di Luis Gutierrez
Le nozze di Figaro al Festival di Salisburgo viste da Luis Gutierrez.
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Il Festival di Salisburgo ha chiuso il suo nuovo ciclo triennale dedicato alla trilogia Mozart-Da Ponte – 2013 (Così fan tutte), 2014 (Don Giovanni) y 2015 (Le nozze di Figaro) – con la regia di Sven – Eric Bechtolf; diversamente dal solito, scenografo – Alex Eales –, costumista – Mark Bouman – e light designer – Friedrich Rom – sono mutati per l'ultima opera.
Il primo atto si svolge in un ambiente diviso in due livelli, nell'inferiore troviamo il futuro appartamento di Figaro e Susanna, affiancata dalle toilette dei padroni. Al livello superiore si vede la camera di Susanna in fondo a destra e un gran corridoio che comunica con le stanze dei nobili e mostra una scala che porta, chiaramente, agli alloggi del paggio del conte, in questo caso autista, e della damigella della Contessa. Due idee personali del regista sono l'assenza di Cherubino durante “Non più andrai farfallone amoroso”, poiché Almaviva lo caccia immediatamente dai locali della servitù e l'immagine di un Basilio pedofilo, al quale la sola presenza del ragazzo suscita reazioni orgasmiche. Questo, oltre a un pizzico di voyerismo nello spiare dal buco della serratura il cambio d'abito di Susanna, quando la Contessa la chiama.
L'azione si svolge più di tre anni dopo la fine del Barbiere di Siviglia, benché il soprano che interpreta la Contessa sia una donna assai giovane, ed è possibile ne siano passati circa otto, come si potrebbe immaginare nel secondo atto, dai lussuosi appartamenti di Rosina d'Almaviva, in cui osserviamo conservata in soffitta una carrozzina per neonati, che potrebbe indicare la perdita di uno o più figli dopo le nozze. Bechtolf mostra anche una Contessa decisamente claudicante, forse per problemi avuti durante un parto, forse per le conseguenze di qualche esplosione violenta del Conte, che vediamo gettarla brutalmente a terra quando l'accusa d'infedeltà nel secondo atto.
Bechtolf enfatizza il conflitto sociale fra nobiltà e servitù collocando le nozze nel refettorio dei servi, fra la cucina e la cantina. Di fatto, tutto il terzo atto si svolge in un grande spazio suddiviso in quattro aree: a destra la cucina e la cantina separate orizzontalmente in due spazi della stessa altezza, e a sinistra, sempre disposti orizzontalmente, un refettorio molto alto e un angusto passaggio attraverso il quale il Conte e Antonio cercano di sorprendere Cherubino, presumibilmente celato nella stanza di Barbarina. La scena della seduzione si svolge nella cantina, dove la Contessa scenderà per prendere il vestito da sposa da usare nel quarto atto. Il refettorio è una sala dove si svolgono il sestetto, il duetto della lettera e le nozze. Dopo “Che soave zeffiretto” Barbarina presenta il suo omaggio con le ragazze del castello, fra cui Cherubino camuffato, e, all'intervento del Conte che cerca, un'altra volta, di punire il paggio, si comporta come una giovane ipereccitata che non necessità di altra droga che gli ormoni prodotti dalla pubertà. Il ricatto al padrone è più ovvio che mai.
Il quarto atto si svolge in un giardino d'inverno, o in un solarium – ossessione di Bechtolf – nel quale i suoi collaboratori hanno svolto un lavoro convincente. La Contessa appare nel suo abito da sposa – recuperato d aun armadio in cantina – e Susanna con un'amazzone della Contessa visibile durante tutto il secondo atto. Un punto molto interessante è stato il travestimento di Susanna che imita la sua padrona anche nello zoppicare. Alla fine, il Conte chiede il perdono che la Contessa graziosamente concede, ma senza dissipare, pur sorridendo, l'espressione triste che l'aveva caratterizzata per tutta l'opera.
Devo dire che il team creativo ha realizzato un buon lavoro con questa produzione non tradizionale, che mantiene l'azione a Siviglia ma negli anni '20 del Novecento, a mio parere senza aggiungere nulla all'originale, e rendendo meno eccezionale la figura di Figaro. Bechtolf ha cercato di presentare tre temi principali: il conflitto fra le classi soprattutto, l'erotismo, anche se concentrandolo troppo in Basilio, e il perdono. Il problema è che in questo caso non ho trovato quella felicità che “sempre” offre quest'opera, forse per la malinconia della Contessa, cui meglio si sarebbe adattata la “canción desesperada” di Neruda del glorioso “Più docile io sono e dico di sì”.
Il baritono ceco Adam Plachetka ha interpretato un ottimo Figaro con bella voce, anche se preferisco un basso cantante in questo ruolo. Il non non avere accanto Cherubino nel finale del primo atto ha fatto sì che, o almeno mi è parso, il “Non più andrai” non fosse brillante come si sarebbe auspicato, ma ha ottenuto un ottimo risultato nell'infrangere la quarta parete con la sua aria dell'ultimo atto. Il cantante è molto giovane e mi auguro che la sua recitazione migliori considerevolmente in un prossimo futuro.
Martina Janková non è stata solo una splendida Susanna per recitazione e canto, ma è stata anche l'indubbio astro della produzione. Le sue due arie sono state stupende, distinguendosi per la bellezza della voce e per l'intenzione erotica in “Deh, vieni, non tardar, o gioia bella”, e i suoi interventi in tutti i numeri d'assieme, per quello che che ritengo uno dei ruoli più esigenti dell'intero repertorio, brillantissimi. L'imitazione della camminata della Contessa è stata esilarante e gli schiaffi al suo sposo convincenti.
Luca Pisaroni è uno dei miei bassi cantanti favoriti e ultimamente ha iniziato a cantare il ruolo del Conte d'Almaviva. Naturalmente lo canta bene, ma spero di tornare a vederlo come Figaro. Probabilmente la distribuzione dei ruoli sarebbe stata migliore scambiando basso e baritono. Pisaroni è, poi, attore consumato e lo ha dimostrato anche in questa produzione.
Il giovane soprano tedesco Anett Fritsch ha interpretato un'eccellente Contessa zoppicando per tutto il tempo, ma riflettendo anche la permanente mestizia nel canto. Mi chiedo tuttavia se “Porgi amor” e “Dove sono” si riferiscano all'abbandono del Conte o a un altro. Credo che nel caso di questa cantante vedremo interpretazioni molto più solide in futuro. Ò possibile che sia oggi troppo giovane per penetrare pienamente la drammaturgia musicale di una Rosina abbandonata dallo sposo, o dai figli morti.
La giovanissima russa Margarita Gritskova possiede una magnifica presenza scenica e una voce di mezzosoprano bella ma generica. Ha cantato assai bene le sue due arie, ma le è mancata quella carica di erotismo che i recitativi dovrebbero avere, specialmente quello che precede “Non so più cosa son cosa faccio”, “Felice te, che puoi vederla quando vuoi, che la vesti il mattino, che la sera la spogli, che le metti gli spilloni, i merletti...”. Sie questo recitativo è ben interpretato ci fa percepire l'esplosione ormonale del giovane paggio, altrimenti sentiamo solo un buon canto, benché l'opera vada molto al di là del mero canto.
In molte occasioni Bartolo è un ruolo secondario. Carlos Chausson ha fatto si che in questa occasione non lo fosse. Il modo con cui ha cantato “La vendetta”, così come la sua recitazione nel sestetto e nella scena delle nozze sono stati eccezionali. D'antologia anche la sua partner, Ann Murray come Marcellina, senza la sua aria che ci saremmo aspettati di ascoltare al Festival di Salisburgo, ha fatto sì che, quando appariva, tutti gli sguardi si concentrassero su di lei. Durante il quarto atto, prova a consolare il figlio nel miglior stato alcolico possibile, vale a dire quello che ci permette di parlare più o meno coerentemente, ma ci obbliga ad appoggiarci a un mobile.
Il resto del cast era composto adeguatamente da Paul Schweinester come Basilio, Franz Supper come Don Curzio, Christina Gansch, membro del progetto giovani del Festival, come iperattiva Barbarina e Erik Anstine come Antonio.
Il direttore Dan Ettinger aveva a disposizione quel meraviglioso strumento musicale che sono i Wiener Philharmoniker. Anche se talora ha coperto i cantanti i suoi tempi sono stati di mio gusto, anche se c'è ancora chi vive la visione romantica delle opere di Mozart. Il Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor ha gestito con bravura e facilità i suoi due piccoli interventi.
© Salzburger Festspiele / Ruth Walz