Senza fiato
di Carla Monni
Il noto musicista e compositore statunitense Terence Blanchard, con alle spalle oltre 30 album e 50 colonne sonore negli ultimi 25 anni o giù di lì – a partire da quelle composte per i film di Spike Lee, con il quale il trombettista di New Orleans vanta un lungo sodalizio – ha presentato al pubblico del Bologna Jazz Festival il suo ultimo disco Breathless, inciso per la Blue Note con l'E-Collective, una band elettrica in cui forte è il punto di incontro tra jazz, funk, R&B e fusion.
Bologna, 17 novembre 2015 – Prodotto nel maggio 2015 dall'etichetta discografica Blue Note, il trombettista Terence Blanchard e il suo collettivo – nato sotto la stella dei Jazz Messengers di Art Blakey, nei quali il trombettista sostituì proprio Wynton Marsalis, assumendo il ruolo di direttore musicale della band – presentano al pubblico del Bologna Jazz Festival l'album Breathless, un'esplorazione musicale ambiziosa, innovativa ed elettrizzante, che fonde jazz, funk, R&B e blues. Blanchard alla tromba, Charles Altura alla chitarra, Fabian Almazan al pianoforte, tastiera e synth, Donald Ramsey al basso elettrico e contrabbasso e Oscar Seaton alla batteria, in questo progetto archiviano per tredici brani lo stile hard bop, per tuffarsi nelle profonde acque blu del funk e della fusion, riecheggiando anche l'elettrico Miles Davis degli anni '70.
Il titolo dell'album ricorda le ultime parole del neroamericano Eric Garner, «I can't breath» (non riesco a respirare), pronunciate prima di essere soffocato a morte da alcuni membri della polizia newyorkese lo scorso anno. Ancora un album ispirato a una tragedia umana per il trombettista – il primo fu A Tale of God's Will (A Requiem for Katrina), composto in risposta all'uragano Katrina – in cui ci si sofferma sulla morte di uomini afroamericani per mano della polizia.
In Blanchard prendono vita rabbia, frustrazione e ansia che si trasformano in un moderno sound elettronico inzuppato dentro un jazz contemporaneo, arricchito anche da testi poetici sui diritti civili e la giustizia. Quella del trombettista è una protesta che evita comunque lo stridore ovvio, ma piuttosto si palesa grazie alla musica, parlata come nel suggestivo Talk to Me o in Breathless, in cui centrale è la frase «This land is my land, or so they say» (Questa terra è la mia terra, o così dicono), intonata dal figlio di Blanchard Oliver, concludendosi con la tromba che non trova pace e via di uscita, mentre la voce intona «We can’t breathe» (Non possiamo respirare).
Il disco pullula anche di melodie cantate (Shutting Down) o “urlate” strumentalmente come in See Me As I Am, in cui prevale l'improvvisazione equilibrata del leader sotto un groove decisamente lento e raccolto, dove determinanti sono gli stacchi della batteria di Seaton; brano che racconta l'ennesima storia di un neroamericano, Walter Scott, che inerme è stato colpito a morte nel Sud della Carolina mentre correva sfuggendo alle grinfie dell'ufficiale Michael Slager. Soldier è invece dominato dalle tastiere di Almazan, su cui si muove tutta la potenza e l'energia della tromba di Blanchard e un beat funk disegnato dalle linee di basso incalzanti e ripetitive di Ramsey e i riff taglienti e sincopati della chitarra di Altura.
Non mancano inoltre brani decisamente rilassati come Samadhi che pone l'accento sulla passione del trombettista per la meditazione o piuttosto impetuosi come il futuristico Cosmic Warrior circondato da un'atmosfera heavy metal. E ancora Confident Selflessness che pone l'accento sulla band nel suo insieme, brano di ispirazione buddista.
Il disco si fa portatore di un messaggio, tramite di una lotta per i diritti civili, tema ancora attuale che Blanchard rivendica con la propria musica, una musica che trascina lo spettatore lasciandolo “senza fiato”, e che – a prescindere dalla sua bellezza e creatività – fa discutere. Il trombettista «used to be one of those idealistic people that think that discussions will change culture».