Grandezza russa
di Roberta Pedrotti
Dmitry Liss dirige, per la chiusura della stagione sinfonica del Comunale, una novità di Vladimir Tarnopolski e la Quinta sinfonia di Prokof'ev.
BOLOGNA, 4 dicembre 2015 - Chiusura in bellezza per la stagione sinfonica 2015 del Comunale di Bologna con la bacchetta di Dmitry Liss, sempre graditissimo ritorno all'ombra delle Due Torri, uno dei migliori direttori (per ora solo sin concerto, in futuro chissà!) che ricorrano nei cartelloni del Massimo felsineo.
Si apre la serata con la Sinfonia n. 4 Italiana di Mendelssohn, vale a dire con un repertorio che non sarebbe quello d'elezione del maestro russo, ma che tuttavia è reso con grande precisione e sicurezza, suono compatto e ben levigato: una garanzia di qualità che si riconferma per i due pezzi forti del programma, in particolare l'atteso debutto della versione orchestrale di Feux follets di Vladimir Tarnopolsky (classe 1955), pagina iniziale di un più ampio progetto dedicato ai quattro elementi e tenuta a battesimo nel 2003 nella stesura cameristica sotto la direzione di Vladimir Jurowski a Parigi.
Questa seconda prima assoluta, differita di qualche mese rispetto agli annunci iniziali e felicemente, quindi, affidata a Liss, offre il piacere impagabile della scoperta, dell'applauso sincero non solo agli interpreti, ma anche al creatore, presente in sala, di un'opera di altissimo livello, erede e sviluppo della grande scuola russa. Si percepisce, è vero, infatti la lezione di Šostakovič, ma sarebbe davvero riduttivo parlare di Tarnopolsky come di un epigono e non come il continuatore di una grande tradizione. Feux follets è un brano descrittivo, ma non un semplice quadretto di genere, bensì una potente incarnazione sonora del movimento inquieto, volatile, scoppiettante del fuoco, del suo essere vorace e inafferrabile, aggressivo e leggiadro, eterno e mutevole, nel caso delle fiammelle fatue eponime, spettrale e sottile. Non si illustra il fuoco, bensì i principi stessi di una visione fisica e filosofica del mondo basata sui quattro elementi e sul loro valore simbolico anche nella modernità. Il suono si fa materia, ma in questo caso nell'elemento forse più immateriale possibile, attraverso la purezza evanescente di timbro e ritmo, fra glissandi, giustapposizioni, giochi a incastro. Un lucido sguardo d'insieme domina un quadro complesso e ben equilibrato, composto di microstrutture che paiono matematicamente calibrate come in un frattale.
Liss tiene in pugno un organico vasto e complesso, una partitura fittissima di dettagli con l'autorità che gli conosciamo, tracciando un chiarissimo sentiero dal Musorgsky della Notte sul Monte Calvo allo Stravinskij dell'Uccello di fuoco, fino a Šostakovič e ai grandi compositori russi dal secondo dopoguerra a oggi.
La grandezza della tradizione russa trionfa poi, in un felicissimo accostamento fra un classico del XX secolo e una novità del XXI, con Prokof'ev e la sua Quinta Sinfonia. Liss le infonde un senso di magniloquenza inteso non nel senso deteriore, bensì in quello etimologico di pura e semplice grandezza d'espressione. Grandezza che si addice, nei tempi e negli spazi, alle proporzioni e alle estensioni delle terre slave, a quell'Unione Sovietica che, al momento della composizione e della prima esecuzione (13 gennaio 1945), combatteva e stava per sconfiggere definitivamente il Reich nazista. Le ultime fasi belliche, il tracollo ormai imminente dell'Asse dovevano ispirare una fiduzia nel futuro, una sorta di ebrezza ottimista, verso un ritorno a forme sicure, chiare, senza insidie e turbamenti. Un senso di grandezza, appunto, che riverbera nella scrittura, sempre elevata, ben meditata, controllata, eppure vitale, sentita. Così la articolano l'energia e il controllo di cui Liss è maestro, infondendo ai complessi bolognesi una concentrazione e una suggestiva compenetrazione del linguaggio di Prokof'ev davvero encomiabili.
Si chiude in bellezza, davvero.