Follie in sala stampa
di Giuliana Dal Piaz
La commedia di Ben Hecht e Charles McArthur, classico del teatro comico statunitense, torna sulle scene del Festival di Stratford e continua a conquistare con il suo fascino oggi, forse, un po' ingenuo.
Stratford, 20 agosto 2019 - Autentico classico del teatro comico statunitense, molto farsa e un po’ melodramma, Front Page, Prima Pagina, è stata rappresentata centinaia di volte e adattata per lo schermo in una famosa versione del 1940 dal titolo His Girl Friday, protagonisti Cary Grant e Rosalind Russell. Il britannico Tom Stoppard, giornalista prima che drammaturgo (è suo il famoso Rosencrantz and Guildenstern are dead), l’ha definita come “la sua commedia americana preferita”, e le numerose produzioni nordamericane che continuano a ripresentarla da quasi un secolo confermano la sua affermazione. Malgrado ci trasporti a una Chicago anni ’30 e a un modello di giornalismo quasi preistorico rispetto a quello odierno, e nonostante il cinema moderno ci abbia ormai abituato a storie “serie” di inchieste periodistiche, essa conserva sul palcoscenico un suo fascino ingenuo.
Gli autori, entrambi giornalisti all’epoca della Grande Guerra prima di dedicarsi alla drammaturgia, vi trasposero fatti e personaggi autentici: nella Sala Stampa del tribunale di Chicago, un gruppo di reporter ubriaconi, spregiudicati, volgari e malpagati, ma devoti al loro lavoro, attende l’impiccagione di Earl Williams, condannato a morte per omicidio. Questi evade e finisce col rifugiarsi esattamente nella Sala stampa, dove il protagonista Hildy Johnson – ispirato all’autentico giornalista del Chicago Herald and Examiner, John Hilding Johnson – lo nasconde con l’aiuto del suo editore, Penelope ‘Cookie’ Burns, per avere l’esclusiva della sua cattura. Attraverso una serie di incidenti tra il comico e il drammatico, il colpo non riesce, ma i due giornalisti non ne soffrono le conseguenze: gli opportunisti e corrotti sindaco e capo della polizia (lo sceriffo P.P. Hartman, trasposizione dell’autentico sceriffo Peter Hoffman) sono obbligati a ignorare il loro tentativo di intralcio alla giustizia per non veder pubblicate dalla stampa tutte le proprie malefatte.
Tanti i personaggi che si avvicendano nella sudicia sala stampa “che puzza come una rimessa” e nessuno di loro è uno stinco di santo. Ma, come scrive Robert Cushman, giornalista ed ex critico teatrale canadese, “per quanto cinici o interessati possano essere i loro singoli motivi, i reporter rendono un servizio essenziale obbligando i detentori del potere a rendere conto [del proprio operato]. In un’epoca in cui i politicanti etichettano qualunque critica come fake news, la buffa cartolina d’amore che Hecht e MacArthur mandano alla loro vecchia città e alla loro antica professione è una sveglia che sghignazza, in modo contagioso e provocatorio”.
Il regista Graham Abbey afferma a sua volta: “Gli interrogativi posti da Hecht & MacArthur un secolo fa risuonano ancora – forse ancora più forte di prima. Nella ricerca di verità e giustizia, dov’è l’equilibrio del potere tra un governo eletto e dei media indipendenti? Se i giornalisti devono restare arbitri [imparziali] e guardiani della verità in una democrazia che funzioni, come combinare questa necessaria responsabilità con il cinismo serpeggiante e la spossata moralità di chi si trova a dover analizzare le macerie della frivolezza umana? Non sono quesiti facili e questa commedia non offre facili risposte. Scrivendo due secoli fa, Thomas Jefferson arrivava alla conclusione che “la gente è l’unico censore dei proprî governanti; ed anche i suoi errori tenderanno a vincolarli ai principî delle loro istituzioni. Punire troppo severamente tali errori equivarrebbe a sopprimere l’unica salvaguardia della pubblica libertà’. Se questo è vero, la mera esistenza di una Sala stampa, perfino una che ‘puzza come una rimessa’, popolata da cercatori di rifiuti moralmente ambigui, va difesa ad ogni costo in nome della ricerca di vita, libertà e felicità per tutti”.
La messa in scena è vivace e divertente, attori principali e comprimari interpretano i loro ruoli con grande disinvoltura e senso dell’humour.
Il pubblico lascia il teatro divertito e contento. Le riflessioni sul ruolo dei media nella società di allora e di oggi verranno – forse – più tardi.
Foto di scena: Emily Cooper
The Front Page,di Ben Hecht & Charles McArthur (1928), adattamento di Michael Healey – Festival Theatre, Stratford, dal 15 agosto al 25 ottobre.
Regia: Graham Abbey. Scene: Lorenzo Savoini. Costumi: Dana Osborne. Luci: Kimberly Purtell. Musica e regia del suono: Keith Thomas. Drammaturgia: Bob White. Combattimento in scena: Anita Nittoly.
Personaggi e interpreti:
Penelope (Cookie) Burns – Maev Beaty
Diamond Louis – Michael Blake
Hildy Johnson – Ben Carlson
Il Sindaco – Juan Chioran
Il Consigliere Willoughby – David Collins
Mollie Malloy – Sarah Dodd
Mrs. Grant – Rosemary Dunsmore
Mr. Irving Pincus – Farhang Ghajar
McLaren – Michelle Giroux
Zeida Schneller – Emma Grabinsky
Fife – Randy Hughson
Endicott – John Kirkpatrick
Jennie Stroud – Shruti Kothari
Carl, poliziotto – Daniel Krmpotic
Woodenshoes Eichorn – Josue Laboucane
Kruger – Jamie Mac
Kaplan – Gordon S. Miller
Peggy Grant – Amelia Sargisson
Lo Sceriffo Hartman – Mike Shara
Wilson – E.B.Smith
Earl Williams – Johnathan Sousa
Roy. V. Bensinger – Michael Spencer-Davis
Mrs. Schneller – Sophia Walker