Tutù rosso e calzamaglia bianca: formula perfetta
di Irina Sorokina
Torna dopo un anno di pausa forzata il galà di danza con Roberto Bolle all'Arena di Verona. Unico neo, fra interpretazioni di altissimo livello, una locandina/programma di sala con qualche imprecisione di troppo.
Verona, 3 agosto 2021 - Nel 2019 il reportage dedicato alla serata Roberto Bolle and Friends finiva con le parole “La formula funziona, aspettiamo il 2020”. Due anni dopo possiamo constatare che il destino non ha voluto che nel 2020 Roberto i suoi amici arrivassero nella città di Romeo e Giulietta per accontentare i numerosi fan con le loro esibizioni virtuosistiche. L’anno in corso, nonostante la situazione incerta e spesso drammatica per il teatro e la musica e per chi vive d’essi, ha risollevato le sorti dello show codificato ormai da anni. Gli autentici fan e i semplici curiosi hanno affollato la platea e le gradinate dell’Arena di Verona in seimila, tutto esaurito. Certo, la cifra non è arrivata alla metà della capienza dell’anfiteatro, ma, nei tempi che corrono, ringraziamo per poter tornare in Arena e tirare un sospiro di sollievo scorrendo la scaletta della serata di gala Roberto Bolle and Friends: il rito si rinnova. Come negli anni passati il programma non vastissimo è una parata di passi a due o a tre e un assolo ormai celebre dell’étoile scaligera e anche la logica è la stessa: classici che contengono inevitabilmente dei grandi virtuosismi si alternano con creazioni coreografiche contemporanee.
Il Pas de trois de Le Corsaire (nella scaletta il balletto chiamato in italiano Il Corsaro) ballato da Maia Makhateli, Bahtiyar Adamzhan e Nicola Del Freo assicura un successo. I tre ballerini provengono da aree diverse, la Georgia, il Kazakistan e l’Italia, e danno conferma gradita del valore assoluto del balletto classico. La georgiana Maia Makhateli per anni si è esibita in Inghilterra e attualmente balla con il Dutch National Ballet ad Amsterdam, nel 2020 è stata dichiarata la miglior ballerina dell’anno dalla rivista internazionale Dance Europe con sede a Londra; il kazako Bahtiyar Adamzhan è vincitore di prestigiosi concorsi internazionali e primo ballerino dell’Astana Opera (nome internazionale del Teatro dell’Opera e del Balletto della capitale del Kazakistan); Nicola Del Freo è appena nominato primo ballerino della Scala. Diversi per formazione, i tre artisti creano un clima di complicità, si danno agli slanci lirici e ai virtuosismi. Un pubblico vasto conosce più il Pas de deux de Le Corsaire, tuttavia il celebre pezzo nacque come Pas de deux à trois, con la partecipazione di un’altra figura maschile, e si vede ancora in teatro e nei diversi gala. Maia Makhateli, una Medora piena di lirismo e eterea, Nicola Del Freo un Conrad nobile e devoto, Bahtiyar Adamhzan un Alì elegante e indomabile, uniti nella tecnica altissima e nella capacità di disegnare il proprio personaggio: il pubblico li accoglie con entusiasmo, rafforzato dai particolari fouettés alternati con i pas de bourrées che la ballerina georgiana inserisce nella coda.
Thais, pas de deux sulla musica della celebre Méditation dall’opera omonima, è affidato alla stella nascente scaligera Agnese Di Clemente e Roberto Bolle che formano una coppia perfetta, lei, giovanissima e graziosissima, leggera come una farfalla e animata da un fuoco sacro dell’amore per la danza, lui, partner fantastico, cavaliere dolce e premuroso.
La collaudata coppia scaligera, Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko non fa il solito ingresso sul palcoscenico dell’Arena, ma vola: sono entrambi collaudatissimi nei ruoli di Odette-Odile e del principe Siegfrid nel Lago dei cigni. La Manni gode di una tecnica pressappoco perfetta e di un fascino femminile non indifferente, diverso però da quel che sarebbe stato necessario per Odile. L’etoile scaligera è leggera, morbida, ammaliante, ma le manca un dovuto magnetismo. Il suo compagno sulla scena e in vita, il biondo e longilineo Timofej Andrijashenko, possiede spirito nobile, fissa le pose con eleganza, esegue i grand jetés con grinta e atterra senza rumore. Peccato per una caduta da cui riesce a riprendersi subito.
L’altro Casanova, coreografia dello scaligero Gianluca Schiavoni, festeggia dieci anni dalla nascita e non perde la freschezza. Roberto Bolle, celebre seduttore veneziano, Virna Toppi una fanciulla eterea conducono un gioco amoroso fatto di sorrisi misteriosi e di pose aggraziate sulle note di Antonio Vivaldi.
Dopo le scuole russa e italiana, arriva quella francese per brillare mostrando la tecnica particolare. Non è la prima volta che il Grand Pas Classique coreografato da Viktor Gsovsky per l’etoile dell’Opèra Yvette Chauviré nel 1949 entra a far parte della serata Roberto Bolle and Friends, stavolta è affidato agli etoile dell’Opéra National de Paris Valentine Colasante e Paul Marque. La coreografia puramente astratta e geometrica sta a pennello ai due ballerini francesi: eseguono con grinta e senza un minimo sforzo le sequenze dell’adagio, brillano di perfetto equilibrio nelle pose e di precisione nelle batterie e le pirouettes. Questo trionfo della scuola francese è molto gradito al pubblico.
È di un grand’effetto Canon in D Major, creazione coreografica di Jiří Bubeníček sulla musica di Johann Pachelbel. Tre uomini scaligeri magnifici, Roberto Bolle, Timofej Andrijashenko e Nicola Del Freo, dal torso nudo scolpito e vestiti di bianco candido, mostrano la danza maschile in tutta la sua virilità e eleganza.
Il celebre Pas de deux di Don Quisciotte inevitabilmente miete i successi nelle varie serate di gala: a eseguirlo sono Ludmila Konovalova, prima ballerina del Wiener Staatsballett, e Bakhtiyar Adamzhan. In tutù rosso e nero come vuole la tradizione sovietica, la Konovalova elogiata dai ballettomani per la bellezza delle gambe, per la tecnica solida e per la grinta, disegna una Kitri focosa e ironica, in perfetta complicità con Bakhtiyar Adamzhan, un Basilio in perfetto equilibrio tra le batterie e i giri quasi impossibili e lo spirito cavalleresco.
Come negli anni precedenti, per concludere la serata di gala “il Dio della danza” Roberto Bolle sceglie Dorian Gray, un assolo ispirato dal celebre romanzo di Oscar Wilde. Chi finora ha considerato Roberto Bolle un simbolo della bellezza assoluta, è obbligato di ricredere: la star appare quasi irriconoscibile, lontana dall’immagine del principe azzurro. La coreografia di Massimiliano Volpini sulla musica composta e arrangiata da Alessandro Quarta sul tema della Passacaglia di H.I.F. Biber disegna un ritratto tutt’altro che consolante di un uomo contemporaneo tormentato dall’amore per sé stesso. Nel romanzo Dorian Gray ammira la propria immagine nello specchio, in era digitale il protagonista preme il bottone della videocamera e lo schermo accoglie le immagini del suo volto in pena. La danza di Bolle, le immagini sullo schermo, il violino di Quarta: la creazione di Volpini è un tentativo ben riuscito della sintesi delle arti, una buona idea per concludere il programma della serata.
E poi, sulle note di una coda, tutte le star si esibiscono in sequenze virtuosistiche di grandi salti e pirouettes. Una bella serata, un successo pieno.
Una nota dolente per la locandina, in realtà: un foglio di cartone con la foto di Roberto e i nomi delle stelle della serata e sul retro la lista dei pezzi eseguiti. Anche questa volta abbiamo trovato degli errori nell’attribuzione dei brani: arrabbiarci o sorridere? Per un’ennesima volta al povero Marius Petipa dichiarato creatore del balletto classico sono attribuite le coreografie che non sognò nemmeno: il Pas de deux à trois de Le Corsaire apparve per la prima volta nel programma di sala del Teatro Mariinsky nel 1915 quando il grande marsigliese era morto da circa cinque anni; una studiosa russa attribuisce la coreografia a Samuil Andrianov. Da tempo è chiarita anche questione che riguarda i nomi degli autori delle musiche. Si, proprio così, più autori e non soltanto Riccardo Drigo, autore dell’Adagio (il titolo originale è Notturno Sogni di primavera) e della coda finale, mentre le variazione maschile è di Trilby di Julius Gerber e quella femminile di Cendrillon di Boris Fitinhof-Schell (quella di Gerber fu ballata da Conrad e poi passò ad Alì). La coreografia del Pas de deux comunemente chiamato “nero” del Lago dei cigni è attribuita a Marius Petipa, ma per quanto riguarda la variazione femminile, Nicoletta Manni ha eseguito quella proveniente dalla celebre versione di Yury Grigorovič creata per il Teatro Bol’šoj nel 1969 sulla musica presente nella partitura originale, mentre per la molto più conosciuta variazione di Petipa venne usato il brano per pianoforte L’Esplègle, op. 72 N. 12, orchestrato da Drigo.
Un errore d’attribuzione anche per Don Quisciotte che pervenne a noi nel rifacimento di Aleksandr Gorsky. Delle versioni di Petipa del 1869 e 1871 non rimase nulla tranne il libretto, la partitura musicale con le note di regia, le locandine e le recensioni. Gorsky che vide il balletto di Petipa giovanissimo poteva ricordare qualche passaggio pantomimico o dei dettagli di coreografia ma non di più. Il vecchio marsigliese non coreografò mai il Pas de deux finale di Kitri e Basilio e i trentadue fouettès che oggi fanno parte del ruolo di Kitri furono introdotte in Russia dall’italiana Pierina Legnani nel 1893.
Di Thais possiamo aggiungere che non è un passo a due separato creato sulla musica della celebre Méditation proveniente dall’opera di Massenet, ma fa parte del balletto di Roland Petit Ma Pavlova.
Qualcuno dirà che la locandina non ha nessuna importanza? A noi non sembra. Un evento di tale livello e popolarità dovrebbe perseguitare l’idea di perfezione in tutto, anche per quanto riguarda la locandina.