L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Confitürenburg

di Michele Olivieri

Da ben quindici anni il Piccolo Teatro ospita a dicembre gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala, diretti da Frédéric Olivieri, e dal 2011 lo fa con il tradizionale titolo natalizio Lo Schiaccianoci nella coreografia dello stesso Olivieri. Banco di prova irrinunciabile per oltre 100 allievi nell’accurato allestimento scaligero di Roberta Guidi di Bagno.

MILANO, 16 dicembre 2023 – Non può esserci modo migliore per le festività natalizie che lasciarsi rapire dal magico mondo dello Schiaccianoci di Čajkovskij, dal 2011 nel repertorio della Scuola di Ballo della Scala, ricreato ammirevolmente dalla coreografia di Frédéric Olivieri che miscela tradizione e freschezza. I costumi e gli oggetti di Roberta Guidi di Bagno sono affascinanti nell’allestimento del Teatro alla Scala (con il coordinamento dello scenografo Angelo Sala e della capo sarta Pasqualina Inserra). Questo Schiaccianoci possiede la giusta alchimia che accontenta tutti. Dalla sottile commedia delle buone maniere, ai misteri della notte, ai sogni e agli incubi, alle battaglie e ai duelli, ai fiocchi di neve sincronizzati e, per finire, alla coppia di ballerini più romantica che si possa attingere dal grande repertorio. L’evasione nella sua forma più sublime.

Naturalmente non solo Lo Schiaccianoci è in grado di restituire la magia del Natale in fatto di balletti: si possono citare altri titoli che trovano fondamento nell’aria delle feste, come I pattinatori di Frederick Ashton oppure I racconti di Beatrix Potter passando per la Regina delle nevi o la Fanciulla di neve liberamente ispirato dalla leggenda russa Snegurocka. Ma Lo Schiaccianoci funziona meglio di tutti in questo periodo dell’anno perché si svolge esattamente alla vigilia di Natale. E questo vale per i bambini ma anche per gli adulti che possono guardare indietro con nostalgia e tenerezza. I giocattoli sono una parte importante nei doni del Natale e quindi nello Schiaccianoci troviamo protagonista il regalo di Drosselmeyer di una “bambola-Schiaccianoci” destinata a Clara che innesca gli eventi della narrazione.

Il balletto è in effetti il sogno di Clara. Nel suo sogno, Clara diviene una graziosissima giovane donna e balla con la sua “bambola-Schiaccianoci” che, sorpresa dopo sorpresa, trasforma in un soldatino in carne ed ossa, mentre le sue amiche precedentemente danzano ognuna con la propria “pigotta”. L’alchimia è palpabile e raggiunge il culmine quando ballano il maestoso pas de deux: lei nei panni della Fata Confettoe lui in quelli del Principe. L’eleganza, la grazia, il senso di misura e la squisita abilità artistica volute da Frédéric Olivieri sono esemplari, richiedendo ai giovanissimi interpreti una solida maturità tipica di chi ha già anni di palcoscenico alle spalle.

Lungo lo spettacolo ritroviamo alcune fantasiose pantomime del cattivo Re dei Topi e del suo gruppo; ai seducenti quadri in omaggio alle danze globali con ospiti provenienti da Spagna, Arabia, Cina e Russia (da citare per temperamento, velocità d’esecuzione e bravura l’allievo Antonino Modica, interprete anche del “monello” Fritz, da tenere d’occhio in futuro sulle scene post-diploma), il finale del primo atto grazie alla ricca suggestione invernale con fiocchi di neve che cadono copiosamente per oltre quindici minuti per finire un immaginario giardino nel Valzer dei fiori. Tutta questa bellezza tecnica ed estetica è intensificata da alcune delle musiche più belle mai composte per l’arte del balletto.

Parlare e scrivere dello Schiaccianoci ci fa rivivere anche le tradizioni storiche legate al periodo dell’Avvento, per fantasticare sull’incantesimo della vigilia e del Natale, celebrati in questo contesto nelle case in Germania agli inizi del secolo, riccamente addobbate: alberi natalizi, tacchini, lucine, antiche stufe in maiolica, le marionette, i dolci delle pasticcerie più celebri che per noi appartengono all’immaginario delle finzioni, mentre per i bambini sono un tramite tra burla e realtà. Non mancano in scena anche pendole, mobili intagliati, pupazzi di neve, orologi a cucù (da cui a mezzanotte fa capolino il volto di Drosselmeier per dare il via al sogno di Clara), maliosi copricapi in differenti fogge, bimbi in pantaloni alla zuava e le bimbe vestite con fiocchi e merletti (proprio come avveniva presso la famiglia Stalhbaum, protagonista della storia scritta da E.T.A. Hoffmann). Il primo albero addobbato (l’immancabile autentico protagonista del balletto che dal salotto di casa si trasforma oniricamente a dismisura) sembra sia stato nel 1611 proprio in Germania a opera della Duchessa di Brieg, la quale, dopo essersi preparata a festeggiare il Natale, si accorse che un angolo del salone del palazzo era vuoto. Uscì nel parco dove trovò un piccolo abete che fece trapiantare in un vaso e dopo averlo fatto posizionare in quell’angolo spoglio, lo addobbò. Nel suo Schiaccianoci Hoffmann rende così omaggio alla sontuosa tradizione tedesca e via via idealmente a tutte le altre culture popolari che hanno trasformato il nome di Clara in Masha, Marikhen, Mary, Marie ecc.

Il maestro Frédéric Olivieri tra spunto dalla propria esperienza personale ed artistica per portare nuovo pubblico per le opere classiche del grande repertorio. Questo è un compito in cui ha ottenuto risultati buoni e duraturi. Senza rompere con la tradizione che da secoli rappresenta la base degna di rispetto, il direttore della Scuola di Ballo incorpora linguaggi e caratteri che fanno da collante fra il tempo passato e quello presente, stabilendo una sorta di mediazione e di equilibrio. La sua coreografia esalta lo spirito incantevole-favolistico eliminando gli elementi psicologici più inquietanti e oscuri.

Presenti in sala, oltre al padrone di casa il direttore Frédéric Olivieri, il corpo Docente della Scuola composto da Walter Madau, Leonid Nikonov, Tatiana Nikonova, Gerardo Porcelluzzi, Giulia Rossitto, Sophie Sarrote, Elisa Scala, Emanuela Tagliavia, Paola Vismara (alcuni anche assistenti alla coreografia). Come sempre un plauso è indirizzato per il certosino lavoro ai Laboratori di Scenografia del Teatro alla Scala.

Un mondo d’incanto, una realtà fatta di candore che prende vita dall’atmosfera che riporta al tempo dell’infanzia. Tutto in scena è curato nei minimi particolari con rigore, lavoro e rispetto. Pur nella riduzione necessaria per una Scuola di Ballo, è lodevole il culto del mantenimento del passato su cui Frédéric Olivieri ha costruito un successo duraturo, ponendosi come protezione della secolare tradizione della danza accademica, e della grande istituzione meneghina fondata nel 1813 da Francesco Benedetto Ricci come Imperial Regia Accademia di Ballo, per spargere la semenza di un rigoglioso futuro per le stelle tersicoree del domani.

Un balletto che getta un ponte fondamentale della vita umana, quello dall’infanzia all’adolescenza, quello dalla formazione al professionismo. Ovunque in scena si respira l’equilibrio della creazione e dell’impegno allo studio e al conseguente tramandare.

Nel finale Clara si ritrova nel suo letto. Giunge la mattina, il sogno svanisce. Clara si sveglia. Il sipario si chiude. Gli applausi generosi inondano per diversi minuti il teatro intitolato alla memoria del grande regista Giorgio Strehler. Anche il pubblico si risveglia dal sogno, forse con il desiderio in cuor suo che potesse continuareancora per molto...

P.S. Piccola nota di cronaca ma grande nell’intento, a pochi minuti dall’apertura di sipario una voce fuori campo ha sensibilizzato il pubblico sulla piaga del femminicidio per non rimanere in silenzio.


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