Senza colpa, peccato o virtù
di Irina Sorokina
Torna con successo al teatro romano il balletto di Massine su musiche di Theodorakis. Spicca la prova di Gioacchino Starace nei panni di John.
Verona, 27 agosto 2024 - Può considerarsi un titolo veronese per eccellenza, il balletto Zorba il greco su musica di Mikis Theodorakis coreografato da Lorca Massine, il cui vero nome fu Leonid Leonidovič Mjasin. Era figlio di Léonide Massine, ballerino e coreografo entrato nella leggenda, della “scuderia” di Sergej Pavlovič Diaghilev, uno dei grandi dei primi decenni del Novecento. Ecco come parlò della sua creatura: “La forza che muove il balletto è la lotta eterna tra la razionalità apollinea e l’estasi dionisiaca. Nel balletto ci sono i ruoli dei protagonisti elaborati con cura, ma il ruolo principale appartiene al corpo di ballo. Zorba il greco è la storia della vittoria sulla sofferenza, su tutto che ci ferisce e umilia, la storia dell’unità e del trionfo della vita. Il mio Zorba è un Diogene contemporaneo che sa celebrare la vita”. Il balletto nacque su un’isoletta dell’arcipelago Li Galli nel mar Tirreno, conosciuto come Arcipelago delle Sirene, dapprima di proprietà del padre di Massine e poi di Rudolf Nureyev. Là, in una sala di danza all’interno di una torre, Lorca compose Zorba il greco e oggi la piccola isola si ricorda come il luogo che ispiro ben tre personalità eminenti del balletto russo.
Per la città di Verona Zorba il greco ha un significato particolare: la prima del balletto di Massine sulla musica di Mikis Theodorakis e con Vladimir Vasilyev nel ruolo di Zorba nel 1988 ebbe luogo proprio qui, dentro le mura del celebre anfiteatro che è l'Arena (si ricorda che Verona è l'unica città al mondo che vanta due teatri dell'epoca romana).
Filippo Tonon ha optato per scene essenziali, visto che il Teatro Romano, il celebre monumento veronese, rappresenta la cornice naturale ideale per il balletto. È affascinante il fatto che le scenografie del suo collega russo Viktor Gerasimenko per il recentissimo Zorba il greco a Kazan, capitale della Repubblica Autonoma di Tatarstan (patria di Nureyev), siano sulla stessa onda: ha costruito sul palcoscenico un anfiteatro con due livelli. La danza sincronizzata su due piani sotto il cielo notturno produce un grand'effetto, fa pensare a un mare umano agitato al chiaro di luna.
In Zorba il greco agiscono quattro protagonisti, due uomini e due donne, ma le figure maschili prevalgono: i personaggi di Zorba e John sono scolpiti in modo più incisivo delle loro amate Madame Hortense a Marina. Sono importanti, Zorba e John, ma ancora più importante è il corpo di ballo, la concentrazione del carisma maschile è proprio lì, nelle diagonali, i semicerchi, le catene, gli spiragli in cui gli artisti del ballo areniano si dimostrano eccellenti: i protagonisti fanno le loro apparizioni in un secondo momento.
Degli interpreti dei ruoli di due amici così diversi tra loro funziona meglio John affidato a Gioacchino Starace: supponiamo con dolcezza che alle sue apparizioni i cuori della parte femminile del pubblico abbiano battuto forte, anzi, fortissimo. La natura è stata più che generosa con il ballerino napoletano, così come i suoi studi sono stati seri e profondi a New York e alla Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, per conseguire il diploma presso la Scuola di Danza del Teatro dell'Opera di Roma. Il fisico ben scolpito, la bellezza statuaria, la simpatia unica uniti a una buona tecnica fanno di Starace un John da sogno, che, per quanto riguarda il fascino, supera il protagonista. Oltre alle grandi doti elencate, la natura gli ha donato anche una qualità che potremmo definire "l'intelligenza di stare in scena". Ognuno pensi come vuole, elabori questa definizione come meglio crede, per noi è la capacità di arricchire il personaggio già per sé interessante di ulteriori sfumature: una particolare sensibilità d'anima, una forza interiore non indifferente, una generosità sconfinata. Nel futuro lo vorremmo vedere non esclusivamente nei ruoli dei principi o del bello di turno, ma chiedere ai direttori delle compagnie di impegnarlo nelle parti più diverse. Generosamente appaudito è Davide Buffone nel ruolo del titolo, allineato con la tradizione dell'interpretazione del greco che adora la vita, dalla grande aitanza fisica, energia inesauribile, movenze un po' feline, salti alti e precisi. Stupende due ballerine, fra le quali diamo una certa preferenza alla magnifica Liudmila Konovalova nel ruolo della Madame Hortense; la parte non è tecnicamente difficile, ma pretende raffinatezza del gesto e qualità di recitazione notevoli, addirittura eccezionali. Famosa per la bellezza delle sue gambe (qualcuno sostiene che sono più belle del mondo), Liudmila Konovalova usa ogni muscolo per disegnare il personaggio, e non perchè il pubblico l'ennesima volta la lodi per le capacità tecniche, ma perchè questo viso pallido, queste braccia simili ai rami di betulle, questo modo di coprirsi con lo scialle come se avesse perennemente il freddo (o paura?) raccontano una vita. Raccontano una donna che sperava di trovare una amore, una spalla, ma ha trovato la morte. Questo suo gesto è un vero capolavoro. La giovane e bella Eleana Andreoudi con il passo fiero, la grazia sicura e la femminilità commovente è perfetta per il ruolo di Marina, impiega tutto il suo corpo sinuoso, le gambe ben tornite e le braccia forti per esprimere la voglia di amare, e cade morta come se non avesse voluto combattere, come le bastasse a vivere quel che aveva già vissuto. La pelle del cattivo Manolios sembra attaccata per sempre a Denys Cherevychko, basta a ricordarlo il solo gesto imperioso con cui divide John da Marina.
Un grande riconoscimento va al Ballo della Fondazione Arena di Verona finalmente fatto tornare nella città veneta (si è tirato un sospiro di soddisfazione) e al coordinatore e maître de Ballet Gaetano Bouy Petrosino. Si sente a livello fisico quanto i ballerini sono ispirati dalle coreografie di Massine e, crediamo, dall'idea stessa di questo balletto veronese. Appaiono entusiasti, pieni di gioia di danzare e perfettamente sincronizzati nelle linee e nelle sequenze dei passi: vengono applauditi a lungo in modo più che entusiasta.
Qualcuno giustamente si lamenta della mancanza dell'orchestra: ahimè, i tempi sono cambiati, la musica dal vivo avrebbe dato un valore aggiunto allo spettacolo, ma ormai non ci rimane che accontentarci degli spettacoli con la musica registrata e gioire per il fatto del ritorno del balletto alla Fondazione Arena di Verona.
Una serata entusiasmante, segnata da applausi a non finire: si spera che la danza e il balletto siano tornati nella città di Romeo e Giulietta per sempre o, almeno, per un lungo periodo.