L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Prestare orecchio alla danza

di Michele Olivieri

La stagione del Teatro Fraschini si è aperta in connessione tra danza e musica attinta dall’eredità di Giuseppe Verdi, affascinando il pubblico per freschezza esecutiva, creatività coreografica e qualità musicale.

PAVIA, 14 settembre 2024 – Di ballabili Giuseppe Verdi ne ha scritti molti; pagine importanti che si sono rese protagoniste della serata d’inaugurazione della nuova Stagione al Teatro Fraschini di Pavia per la rassegna Preludi d’Autunno. A dare il via alla kermesse è stato proprio un programma intitolato I ballabili di Verdi con l’Orchestra I Pomeriggi Musicali diretta da Biagio Micciulla.

Individuati i musicisti e la bacchetta si è passati alla scelta del coreografo, che è caduta su Oliviero Bifulco, scaligero di estrazione, che proprio nella storica istituzione pavese si è visto muovere i primi passi nei saggi da allievo, fino a diventare protagonista di diverse iniziative, tra cui il debutto mondiale della sua creazione Can’t believe the way we flow nel 2021. Bifulco è tornato sul palco della sua città natale nelle vesti di coreografo lasciando la scena danzata a sei giovani (tre donne e tre uomini) scelti tramite chiamata. Quasi cinquecento persone si sono candidate alle audizioni, per le quali ne sono state selezionate sessanta fino ad arrivare alle sei prescelte.

Alessia Giacomelli (già ballerina presso la Johan Inger Youth project), Francesco Simeone (già ballerino del Ballet du Preljocaj e ora dello Scapino Ballet Rotterdam), Angelo Minacori (già ballerino dell’Opéra di Parigi e di Gauthier Dance), Sophia Ferrillo (ballerina di Metamorphosis Dance), Sofia Bonetti (danzatrice del Balletto di Toscana) e Giovanni Russo (danzatore presso Pulse Programme e Opus Ballet) hanno eseguito i ballabili estratti da opere che Verdi ha scritto o adattato per il pubblico francese. A Pavia si sono ammirati e ascoltati i ballabili tratti daLe trouvère, versione francese delTrovatore, (Pas de Bohèmiens, Gitanella, Ensemble, La Vivandière, Echo de la Vivandière, Echo du soldat, Danse, La bonne aventure, Echo de la Bohèmienne, Galop), Macbeth (dal terzo atto della versione del 1865) eLes vêpres siciliennes con Le quattro stagioni (L’Hiver, Le Printemps, L’Eté, L’Automne). Tutte pagine di pregio e di valore drammaturgico, oltre che di soddisfazione per gli amanti della danza, anche quando inserite in ossequio alle convenzioni parigine.

I ballabili delMacbeth sono da considerarsi la più rilevante irruzione di Verdi nel regno della danza e l’esecuzione offerta dall’Orchestra I Pomeriggi Musicali (con residenza al Teatro Dal Verme di Milano) diretta da Biagio Micciulla è risultata trascinante e di buon livello, così come in tutto il programma.

La danza di Oliviero Bifulco, sviluppata nell’arco di circa settanta minuti, gode dei suoi insegnamenti classici ma si spinge anche oltre il linguaggio accademico. Infatti sotto l’aspetto coreografico i sei ballerini si sono ben sintonizzati lasciando singolarmente in evidenza il proprio temperamento e le proprie esperienze formative, con accenti contemporanei e neoclassici.

Si è percepito nettamente che il lavoro con i ballerini è stato indirizzato all'investigazione musicale e a una ricerca di limpida bellezza, verità, movimento, intenzione e peculiarità del gesto. La coreografia nasce con qualche accenno alle tre diverse opere in programma ma senza farne una rappresentazione letterale in senso didascalico. Infatti non è connotata da riferimenti specifici ai titoli in questione, se non in giusta misura. Nelle Quattro stagioni da I vespri sicilianiil coreografo ha scelto di amalgamare la partitura al puro movimento in una estetica libera. Per il Macbethil passo a due presenta una ragazza preda di rimorsi ma dal forte temperamento che si ricollega in chiave moderna al ruolo di Lady Macbeth. Mentre perLe trouvère che ha concluso la serata la coreografia viene pensata come una peregrinazione astratta di sei persone che si ritrovano a ballare incessantemente (quasi fossero delle moderne Willi in omaggio al balletto romantico per antonomasia, Giselle) la cui stanchezza assume un significato potente e palesa la necessità di danzare come stile di vita, come linguaggio personale, come dizionario su cui poggiare sensibilità, parola e anima. In quest’ultimo lo stile di Bifulco è ben riconoscibile nel passo di ricerca e di riflessione su ciò che costituisce la particolarità dei giovani coreografi nel contesto attuale. È una testimonianza di sensibilità dei ballerini in quanto esseri umani.

La musica ha guidato Oliviero Bifulco in un susseguirsi di soli, passi a due, terzetti e aggregazioni corali anche con dei fari mobili presenti in scena, che sono diventati a loro volta danzatori grazie al significativo lavoro del light designer Oscar Frosio. Il bianco e il nero dei costumi come antitesi tra bene e male ha mostrato che lo spostamento riceve la musica, la musica riceve il corpo, il corpo riceve il gesto, il gesto riceve l’essenza e il tutto si trasforma in luce. I movimenti colti dalla platea si sono trasformati in strumento di immaginazione per realizzare il fascino e la profondità delle composizioni verdiane. Si è percepita l’indagine svolta sul rapporto che intercorre tra la musica e la danza, sul movimento in relazione al suono. Aspetto non sempre facile perché gli elementi della metrica e del ritmo musicali non sono così scontati o automatici nella grammatica del danzatore il quale può accelerare o rallentare ma è obbligato a conservare una percezione di regolarità. Bifulco nell’atto performativo ha saputo fondere le due arti grazie al senso del tempo.

La scena volutamente scarna si è trasformata in una grande scatola senza fondale che solitamente ha la funzione di delimitare lo spazio impedendo agli spettatori di scorgere cosa succede oltre il palcoscenicodietro le quinte. E questo Bifulco lo ha pensato per non caricare oltremodo la musica e il movimento di ulteriori orpelli non necessari, quasi fosse una contemplazione del vuoto come sinonimo di puro. Nel solo soffio dell’energia vitale i due linguaggi hanno preso forma quasi a sciogliere i contorni del luogo.

Curioso, in conclusione, notare che se in Francia Verdi compose grandi capolavori e diede un contributo fondamentale al ballabile operistico, i suoi stessi natali, per la burocrazia, furono francesi, essendo nel 1813 il Ducato di Parma e Piacenza sotto il dominio napoleonico. Les vêpres siciliennes vide la luce nel 1855 con le coreografie di Lucien Petipa e fu occasione per il debutto parigino di una tra le più importanti ballerine del suo tempo, la milanese Caterina Beretta, formatasi al Teatro alla Scala di Milano. L’anno seguente riscosse un ampio successo la Primavera della monzese Claudina Cucchi (allieva di Carlo Blasis alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala) e meno l’Autunno della già citata Caterina Beretta, insieme all’Inverno di Victorine Legrain (illustre prima ballerina assoluta francese che in seguito si trasferì a Vienna per finire la propria carriera a Torino dove divenne anche Professoressa del Conservatorio e terminò i suoi giorni nel capoluogo piemontese) e all’Estate della ballerina francese Adele Nathan. La presenza di danzatrici di origini e formazioni italiane ci ricorda che anche nel nostro paese i teatri d'opera coltivavano l'arte di Tersicore, per lo più in spettacoli che si affiancavano a quelli operistici in un'unica serata. Basti pensare che ancora a lungo nel XX secolo alla Scala, la Scuola di Ballo realizzava il passo d’addio delle proprie allieve abbinando un balletto per le licenziande al termine di un'opera. Una su tutte Carla Fracci che danzò con Mario Pistoni in Le Spectre de la rose di Michel Fokine (oltre ad una suite dallo Schiaccianoci) alla fine di una rappresentazione della Sonnambula di Vincenzo Bellini diretta da Leonard Bernstein con la regia di Luchino Visconti e Maria Callas nelle vesti della protagonista.

Per tornare ai giorni nostri, il folto pubblico del Teatro Fraschini ha tributato applausi e chiamate per tutti gli artisti in scena, in una serata dove il ballo ha trovato ampio respiro al pari della musica tra poetici adagi e vivaci animati quasi fosse anche l’Orchestra stessa un ensemble danzante.

La speranza ora è che lo spettacolo non si arresti a una sola serata ma possa proseguire il proprio viaggio su altri palcoscenici.


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