Passo, arabesque pencher, port de bras: pura magia
di Irina Sorokina
Incanta La bayadère nella versione di Yury Grigorovich al Bolshoj. Eccellenti protagonisti Yegor Gerashchenko e Julia Stepanova. Si rinnova così la magia del Regno delle ombre.
Mosca, 16 gennaio 2019 - I titoli del grande repertorio del balletto classico sono davvero limitati. Da La fille mal gardée di Jean Dauberval (1789), che ci è pervenuta nelle versioni di Frederick Ashton, Alexander Gorsky, Heinz Spoerli, Oleg Vinogradov, a Raymonda di Marius Petipa (1898), tutto nasce in giro di circa un secolo e rimane per sempre attirando anche oggi il pubblico in teatro e suscitando un grande entusiasmo. La maggior parte dei titoli è firmata dal francese naturalizzato russo Petipa. La sua presenza si percepisce quasi fisicamente se capita di visitare il Teatro Mariinsky di San Pietroburgo o l’Accademia Vaganova della stessa città. Niente di strano: Marius Petipa è riconosciuto come il padre del balletto classico.
I suoi balletti quali Don Quisciotte, La bayadère, Le corsaire, La bella addormentata, Il lago dei cigni, Raymonda vivono in mille rifacimenti conservando i nuclei della coreografia da lui creata. Dovunque vai li trovi, da Mosca a New York, da Vladivostok a Melbourne, da Parigi a Tokyo. Tuttavia ci sono delle cose arrivate in Occidente piuttosto tardi. È il caso della Bayadère, che l’Occidente conobbe soltanto nel 1956 quando il Teatro Kirov, a cui dopo il crollo del comunismo fu restituito il nome storico del Mariinsky, la portò a Parigi. Bisogna precisare: a Parigi fu rappresentato non il balletto intero, ma soltanto il frammento più celebre, Nel Regno delle Ombre. Molti spettatori presenti in sala rimasero colpiti dalla bellezza di questa coreografia fino a sentirsi smarriti. “La colpa” fu della geniale sequenza eseguita da trentadue ballerine vestite di bianco candido, una specie di canto malinconico: un passo, un arabesque pencher, un port de bras. Una magia pura, e la cosa fu ancora più magica alla prima assoluta del balletto avvenuta nel 1877 al Teatro Bolshoj Kamenny, sempre a San Pietroburgo il cui palcoscenico accolse ben sessantaquattro ragazze del corpo di ballo.
Da quel momento tanta acqua passò sotto i ponti e piano piano questo capolavoro di Petipe si affermò in Europa e negli Stati Uniti. Eccone la breve cronologia: Londra, Covent Garden, coreografia di Rudolf Nureeyv, 1963, la stessa cosa all’Opera di Parigi, 1992; New York, ABT, coreografia di Natalia Makarova, il balletto completo in 4 atti, 1974, la stessa cosa all’ABT, 1980, al Balletto Reale Svedese e al Covent Garden, 1989, al Teatro alla Scala e al Teatro Colon di Buenos Aires, 1992, al Balletto di Amburgo, 2002; Opera di Vienna, coreografia di Vladimir Malakhov, 1999, la stessa cosa a Berlino, Staatsballett; Berlino, Staatsballett, coreografia di Alexey Ratmansky, 2018.
Ci furono i numerosi revival della Bayadère nell’Unione Sovietica, tutti basati sulle versione di Vladimir Ponomarev e Vakhtang Chabukiani, creata per il Teatro Statale dell’Opera e il Balletto “S. M. Kirov” di Leningrado. Al Teatro Bolshoj di Mosca, nei tempi sovietici un vero regno del coreografo Yury Grigorovich, si affermò la sua versione che risale al 1991. All’epoca oggetto di discussioni, per quanto non fedele allo stile di Petipa, ormai è un classico che conserva tutti i passaggi coreografici più importanti del genio marsigliese e i frammenti aggiunti da Vladimir Ponomarev, Vakhtang Chabukiani, Nikolay Zubkovsky e Konstantin Sergeev, nonché elementi composti da Grigorovich stesso: le danze dei fakiri all’inzio del balletto, la scena tra Nikiya e Gamzatti nel secondo atto, la variazione di Solor nel Grand Pas. Simile ai suoi predecessori sovietici, Grigorovich non considerò necessaria la ricostruzione dell’ultimo atto andato perso cent’anni fa, visto il valore assoluto della scena Nel regno delle Ombre. Le scene e i costumi del revival del 1991 furono di Nikolay SHaronov e le luci di Mikhail Sokolov.
L’attuale Bayadère al Bolshoj presentava due artisti interessanti, ma quel che ha attirato il pubblico e soprattutto i ballettomani in teatro è stato il giovane Yegor Gerashchenko che debuttava nel ruolo di Solor. Nel mondo del balletto, si sa, tutto dipende dal direttore della compagnia: a volte i ruoli importanti vengono assegnati agli artisti che sembrano non essere ancora pronti ad affrontarli, altre volte i meritevoli rimangono senza ruoli. La fortuna ha baciato Yegor Gerashchenko quella sera: gli è stata data una chance preziosa, e il giovane artista l’ha sfruttata in pieno.
Alto ed armonioso, anche se non dotato dal viso di un’eccezionale bellezza, Gerashchenko ha realizzato i sogni dei ballettomani (sarebbe più corretto dire le ballettomani): si è dimostrato degno di una grande tradizione del Bolshoj: lo stile della sua danza era virile, deciso, fiero. Ha superato con leggerezza tutte le difficoltà tecniche presenti nella parte, è stato un cavaliere abile e delicato, ha conquistato con la qualità del suo salto.
Nel ruolo del titolo, Julia Stepanova, non è stata da meno. Troppe cose ci vogliono per la bellissima e selvaggia bayadère, e la Stepanova le possiede tutte: è una donna bellissima, dal fisico statuario, una bravissima attrice drammatica. Ha disegnato il personaggio maturo e deciso, una lottatrice coraggiosa che non teme i nemici potenti e non scende ai compromessi. È stata tecnicamente perfetta sia nei duetto lirico con Solor nel primo atto, sia nella danza estatica con il serpente nel secondo, e ha incantato per la purezza delle linee e la grandissima espressività nel terzo.
Ksenia Zaganshina nel secondo importante ruolo femminile, quel della figlia del Rajah Gamzatti, purtroppo, non ha potuto tenere testa a una tale Nikiya, ed è apparsa piuttosto insignificante, mentre il capolavoro di Petipa prevede due donne di una grande e uguale caratura.
Andrey Sitnikov nell’impegnativo ruolo del grande bramino si è dimostrato un attore intelligente ed esperto, mentre Nikita Elikarov non si è fatto notare in quello del Rajah Dugmanta.
Si sono distinti tutti gli interpreti del grande divertissment del secondo atto, Mark Cino nel ruolo dell’Idolo d’Oro, Kristina Karasyova, Vitaly Biktimirov, Alexey Matrahov nella danza con il tamburo e soprattutto una graziosissima Viktoria Yakusheva, solista della deliziosa danza della brocca (Manu) con la partecipazione di due allieve dell’Accademia Statale Coreografica di Mosca. Le variazioni delle ombre sono stata affidate a ballerine di altissimo livello, Elizaveta Krutelyova, Anna Tikhomitova ed Aleksandra Trikoz.
Il corpo di ballo del Bolshoj ha dato il suo meglio nella celebre scena Nel Regno delle Ombre. La magia eterna si è ripetuta mentre trentadue ballerine, una dopo l’altra, scendevano lentamente dalla montagna, ripetendo la famosa sequenza e formando alla fine quattro file di otto ragazze ognuna.
Pavel Sorokin sul podio è stato, come sempre, una garanzia; l’orchestra nelle sue mani sapienti ha eseguito correttamente la partitura di Minkus, la migliore del compositore boemo.
Successo pieno e atmosfera calda in sala. L’anno di Petipa è appena concluso (il grande coreografo nacque nel 1818, esattamente duecento anni fa), l’anno 2019 è appena iniziato. La magia si è ripetuta. E si ripeterà ancora, finché esisterà il balletto classico, il simbolo della bellezza assoluta.
<h1 style="text-align: left;" lang="it-IT">Passo, arabesque pencher, port de bras: pura magia</h1> <p lang="it-IT"> di Irina Sorokina</p> <hr id="system-readmore" /> <p lang="it-IT" style="text-align: justify;"><strong>Incanta La bayadère nella versione di Yury Grigorovich al Bolshoj. Eccellenti protagonisti Yegor Gerashchenko e Julia Stepanova. Si rinnova così la magia del <em>Regno delle ombre</em>.</strong></p> <p style="text-align: justify;">Mosca, 16 gennaio 2019 - I titoli del grande repertorio del balletto classico sono davvero limitati. Da <em>La fille mal gardée</em> di Jean Dauberval (1789), che ci è pervenuta nelle versioni di Frederick Ashton, Alexander Gorsky, Heinz Spoerli, Oleg Vinogradov, a <em>Raymonda </em>di Marius Petipa (1898), tutto nasce in giro di circa un secolo e rimane per sempre attirando anche oggi il pubblico in teatro e suscitando un grande entusiasmo. La maggior parte dei titoli è firmata dal francese naturalizzato russo Petipa. La sua presenza si percepisce quasi fisicamente se capita di visitare il Teatro Mariinsky di San Pietroburgo o l’Accademia Vaganova della stessa città. Niente di strano: Marius Petipa è riconosciuto come il padre del balletto classico.</p> <p style="text-align: justify;">I suoi balletti quali <em>Don Quisciotte, La bayadère, Le corsaire, La bella addormentata, Il lago dei cigni, Raymonda </em>vivono in mille rifacimenti conservando i nuclei della coreografia da lui creata. Dovunque vai li trovi, da Mosca a New York, da Vladivostok a Melbourne, da Parigi a Tokyo. Tuttavia ci sono delle cose arrivate in Occidente piuttosto tardi. È il caso della<em> Bayadère,</em> che l’Occidente conobbe soltanto nel 1956 quando il Teatro Kirov, a cui dopo il crollo del comunismo fu restituito il nome storico del Mariinsky, la portò a Parigi. Bisogna precisare: a Parigi fu rappresentato non il balletto intero, ma soltanto il frammento più celebre, <em>Nel Regno delle Ombre. </em>Molti spettatori presenti in sala rimasero colpiti dalla bellezza di questa coreografia fino a sentirsi smarriti. “La colpa” fu della geniale sequenza eseguita da trentadue ballerine vestite di bianco candido, una specie di canto malinconico: un passo, un arabesque pencher, un port de bras. Una magia pura, e la cosa fu ancora più magica alla prima assoluta del balletto avvenuta nel 1877 al Teatro Bolshoj Kamenny, sempre a San Pietroburgo il cui palcoscenico accolse ben sessantaquattro ragazze del corpo di ballo.</p> <p style="text-align: justify;">Da quel momento tanta acqua passò sotto i ponti e piano piano questo capolavoro di Petipe si affermò in Europa e negli Stati Uniti. Eccone la breve cronologia: Londra, Covent Garden, coreografia di Rudolf Nureeyv, 1963, la stessa cosa all’Opera di Parigi, 1992; New York, ABT, coreografia di Natalia Makarova, il balletto completo in 4 atti, 1974, la stessa cosa all’ABT, 1980, al Balletto Reale Svedese e al Covent Garden, 1989, al Teatro alla Scala e al Teatro Colon di Buenos Aires, 1992, al Balletto di Amburgo, 2002; Opera di Vienna, coreografia di Vladimir Malakhov, 1999, la stessa cosa a Berlino, Staatsballett; Berlino, Staatsballett, coreografia di Alexey Ratmansky, 2018.</p> <p>Ci furono i numerosi revival della<em> Bayadère </em>nell’Unione Sovietica, tutti basati sulle versione di Vladimir Ponomarev e Vakhtang Chabukiani, creata per il Teatro Statale dell’Opera e il Balletto “S. M. Kirov” di Leningrado. Al Teatro Bolshoj di Mosca, nei tempi sovietici un vero regno del coreografo Yury Grigorovich, si affermò la sua versione che risale al 1991. All’epoca oggetto di discussioni, per quanto non fedele allo stile di Petipa, ormai è un classico che conserva tutti i passaggi coreografici più importanti del genio marsigliese e i frammenti aggiunti da Vladimir Ponomarev, Vakhtang Chabukiani, Nikolay Zubkovsky e Konstantin Sergeev, nonché elementi composti da Grigorovich stesso: le danze dei fakiri all’inzio del balletto, la scena tra Nikiya e Gamzatti nel secondo atto, la variazione di Solor nel Grand Pas. Simile ai suoi predecessori sovietici, Grigorovich non considerò necessaria la ricostruzione dell’ultimo atto andato perso cent’anni fa, visto il valore assoluto della scena <em>Nel regno delle Ombre</em>. Le scene e i costumi del revival del 1991 furono di Nikolay SHaronov e le luci di Mikhail Sokolov.</p> <p>L’attuale <em>Bayadère </em>al Bolshoj presentava due artisti interessanti, ma quel che ha attirato il pubblico e soprattutto i ballettomani in teatro è stato il giovane Yegor Gerashchenko che debuttava nel ruolo di Solor. Nel mondo del balletto, si sa, tutto dipende dal direttore della compagnia: a volte i ruoli importanti vengono assegnati agli artisti che sembrano non essere ancora pronti ad affrontarli, altre volte i meritevoli rimangono senza ruoli. La fortuna ha baciato Yegor Gerashchenko quella sera: gli è stata data una chance preziosa, e il giovane artista l’ha sfruttata in pieno.</p> <p>Alto ed armonioso, anche se non dotato dal viso di un’eccezionale bellezza, Gerashchenko ha realizzato i sogni dei ballettomani (sarebbe più corretto dire le ballettomani): si è dimostrato degno di una grande tradizione del Bolshoj: lo stile della sua danza era virile, deciso, fiero. Ha superato con leggerezza tutte le difficoltà tecniche presenti nella parte, è stato un cavaliere abile e delicato, ha conquistato con la qualità del suo salto.</p> <p>Nel ruolo del titolo, Julia Stepanova, non è stata da meno. Troppe cose ci vogliono per la bellissima e selvaggia bayadère, e la Stepanova le possiede tutte: è una donna bellissima, dal fisico statuario, una bravissima attrice drammatica. Ha disegnato il personaggio maturo e deciso, una lottatrice coraggiosa che non teme i nemici potenti e non scende ai compromessi. È stata tecnicamente perfetta sia nei duetto lirico con Solor nel primo atto, sia nella danza estatica con il serpente nel secondo, e ha incantato per la purezza delle linee e la grandissima espressività nel terzo.</p> <p>Ksenia Zaganshina nel secondo importante ruolo femminile, quel della figlia del Rajah Gamzatti, purtroppo, non ha potuto tenere testa a una tale Nikiya, ed è apparsa piuttosto insignificante, mentre il capolavoro di Petipa prevede due donne di una grande e uguale caratura.</p> <p lang="it-IT">Andrey Sitnikov nell’impegnativo ruolo del grande bramino si è dimostrato un attore intelligente ed esperto, mentre Nikita Elikarov non si è fatto notare in quello del Rajah Dugmanta.</p> <p>Si sono distinti tutti gli interpreti del grande divertissment del secondo atto, Mark Cino nel ruolo dell’Idolo d’Oro, Kristina Karasyova, Vitaly Biktimirov, Alexey Matrahov nella danza con il tamburo e soprattutto una graziosissima Viktoria Yakusheva, solista della deliziosa danza della brocca (<em>Manu</em>) con la partecipazione di due allieve dell’Accademia Statale Coreografica di Mosca. Le variazioni delle ombre sono stata affidate a ballerine di altissimo livello, Elizaveta Krutelyova, Anna Tikhomitova ed Aleksandra Trikoz.</p> <p>Il corpo di ballo del Bolshoj ha dato il suo meglio nella celebre scena <em>Nel Regno delle Ombre. </em>La magia eterna si è ripetuta mentre trentadue ballerine, una dopo l’altra, scendevano lentamente dalla montagna, ripetendo la famosa sequenza e formando alla fine quattro file di otto ragazze ognuna.</p> <p>Pavel Sorokin sul podio è stato, come sempre, una garanzia; l’orchestra nelle sue mani sapienti ha eseguito correttamente la partitura di Minkus, la migliore del compositore boemo.</p> <p lang="it-IT">Successo pieno e atmosfera calda in sala. L’anno di Petipa è appena concluso (il grande coreografo nacque nel 1818, esattamente duecento anni fa), l’anno 2019 è appena iniziato. La magia si è ripetuta. E si ripeterà ancora, finché esisterà il balletto classico, il simbolo della bellezza assoluta.</p>