Nel furor delle tempeste
Le corsaire, nella ripresa della coreografia di Marius Petipa, torna ad affascinare la Staatsoper con l'ottima prova del corpo di ballo viennese e l'affascinante suggestione cromatica dell'allestimento.
VIENNA, 13 maggio 2019 - Ancora un titolo del grande repertorio per il Wiener Staatsballett, con Le corsaire nella coreografia storica di Marius Petipa, riassemblata da Manuel Legris, autore anche del libretto, assieme Jean-François Vazelle.
La versione presentata ricalca il libretto di quella di Sergeyev del 1973, sicuramente più efficace nella drammaturgia rispetto alle precedenti. A differenza di altri balletti del grande repertorio, Le corsaire non deriva direttamente da una fiaba, ma dal poema omonimo di Lord Byron: questa caratteristica fa perdere l'aura di magia sognante, tipica dei racconti per l'infanzia. Di contro, si recupera una parziale atmosfera di leggenda, data dal mito delle gesta piratesche, della navigazione e dell'esotiso mediorientale.
La presenza della tempesta nel terzo atto con il naufragio della nave di Conrad e Médora, oltre ad accentuare il fascino del mistero per il salvataggio cagionato dalla forza del sentimento dei due amanti, consente una linearità di significati, poiché la visione della nave, proiettata da dietro una grande stampa vermiglia talvolta trasparente, talvolta opaca, nel prologo offre una logica consequenziale che termina con la perdita della medesima imbarcazione. Al contrario, in altre versioni, il naufragio è nel prologo medesimo, ma limitare troppo il concetto della tempesta che si risolve in sentimento è, a parer nostro, sconsigliabile. Alceo insegna e, per questo, la scelta viennese è condivisibile, anche se il libretto di Legris, talvolta, presenta stacchi troppo netti fra i differenti numeri di danza.
Belli i costumi di Luisa Spinatelli - autrice anche delle scene -, assistita da Monia Torchia nel creare una corrispondenza cromatica con i temperamenti dei diversi personaggi, in particolare Conrad e Birbanto. Bravi nel far risaltare la contrapposizione dei caratteri anche i due interpreti. Kimin Kim (Conrad) porta sul palcoscenico viennese una grande fluidità ed eleganza nell'esecuzione degli elementi tecnici. In questo modo l'espressione di elegia che lo lega all'amata risalta non solo dal candore delle vesti, ma si fa tutt'uno con l'insieme visivo coreografico. Parimenti Davide Dato (Birbanto) seconda i suoi abiti scuri con una danza più muscolare e aggressiva, in ossequio al carattere di un personaggio ambiguo e rissoso in più momenti. Bene anche Géraud Wielick (Lankedem) ed Eno Peci (Seyd Pascha).
Sul versante femminile si distinguono le due protagoniste Liudmila Konovalova (Médora) e Kiyoka Hashimoto (Gulnare). Particolarmente riuscito il Pas d'Esclave del primo atto. Piacciono ancora i costumi che, nel manifestare un nutrito iride di vivaci tinte palesate da gonne e sottogonne, deliziano la vista intenta a seguire la danze femminili e parimenti deliziata anche dalle brave e affascinanti ballerine, eleganti non solo nei movimenti tersicorei, ma anche nelle minute controscene del bazar.
Nel Grand Pas Classique del secondo atto si recupera ulteriormente l'atmosfera fiabesca, che nella debole trama latita, ancor più esaltata dal Grand Ballabile del Jardin Animé', quando il Pascià si trova circondato dalle fanciulle del suo Harem anche in sogno.
Il cast era completato da Ioanna Avraam (Zulméa), oltre che da Nikisha Fogo, Natascha Mair e Nina Tonoli (tre odalische).
Tutti gli esercizi dei protagonisti sono stati convintamente applauditi, sovente a scena aperta, dal nutrito pubblico presente alla Staatsoper, che ha ritrovato l'orchestra (elemento, a parere personale, imprescindibile nella danza) all'interno del golfo mistico. L'organico dell'opera di Vienna è stato, nell'occasione, ben condotto da Valery Ovsyanikov, assai attento non solo nella gestione dei professori, ma sovente impegnato a osservare la danza sul palcoscenico, in modo che non vi fossero sfasamenti nel rapporto con la buca, a riprova che determinati equilibri non valgono solo per l'opera.
Il disegno luci, adeguato alla drammaturgia, era di Marion Hewlett.
foto Wiener Staatsballett / Ashley Taylor