Tessere di un mosaico
di Roberta Pedrotti
G. F. Händel
Rinaldo
Galou, Aspromonte, Sarra, Pe, Di Donato, Benetti, Bessi
direttore e concertatore al cembalo Ottavio Dantone
Accademia Bizantina
regstrazione live effettuata nel gennaio 2019 al teatro Sociale di Como
CD HDB-AB-OP-001, 2020
Circola ancora una vulgata che vuole l'opera barocca – ma in certi casi si arriva fino al Belcanto – come un'opera aperta, passibile di rimaneggiamenti, riassemblamenti, tagli e integrazioni. Fino a un certo punto, ciò può essere vero, ma non bisogna dimenticare che le diverse versioni e i materiali che ci mettono a disposizione devono comunque sempre rispondere a una logica interna e strutturale, il fatto che un'opera potesse essere rivista in momenti diversi, per pubblici e interpreti diversi non implica la piena libertà di alterazione del testo. A meno di non voler, legittimamente, costruire uno spettacolo diverso, un'elaborazione, una pièce “tratta da”.
Ne è un perfetto esempio questo Rinaldo registrato in occasione delle recite nei teatri del circuito lombardo fra il 2018 e il 2019. Senz'altro sulle scelte esecutive può aver inciso la necessità di una produzione itinerante, quindi qualche compromesso è comprensibile, anche se sarebbe piaciuto poter inserire nel cofanetto un bonus con le arie sacrificate. Il punto è, pero, la logica con cui queste sono operate e il risultato che ottengono: Ottavio Dantone, che firma la “revisione drammaturgica”, fa riferimento alle varie versioni d'autore di Rinaldo, che hanno comportato, dal 1711 al 1731, la soppressione di un personaggio, cambi di registro, alcuni spostamenti e sostituzioni di numeri musicali. Tuttavia, questa premessa non sembra tanto fornire precise indicazioni, ma essere invocata a giustificazione di tagli corposi. Alla fine, quella che ascoltiamo è in massima parte la prima stesura – con i relativi registri vocali – tranne che per l'attribuzione del personaggio marginale del mago da contralto (1711) a basso (1731) e l'eliminazione di Eustazio e delle sue tre arie (la parte verrà soppressa a partire dalla ripresa del 1717, ma due delle sue arie verranno comunque attribuite ad altri). D'altra parte, con Goffredo che da contralto passa a tenore e Armida e Argante che da soprano e basso diventano due contralti, mescolare effettivamente le versioni del 1711 e del 1731 sarebbe stato pressoché impossibile e avremmo avuto – fatto salvo l'impensabile taglio della battaglia finale e della celeberrima “Or la tromba al suo festante” pur operato nel '31 – al massimo la possibilità di scegliere in una rosa di arie alternative o ridistribuite. Fatto sta che, pur invocando nelle note di copertina la storia esecutiva dell'opera, il risultato suona semplicemente come un Rinaldo liberamente sforbiciato, un Rinaldo che al puro ascolto finisce per assomigliare più a una selezione, a una raccolta di arie, che a un'opera con una sua struttura formale e drammaturgica.
A questa sensazione contribuisce anche la concertazione dello stesso Dantone: è indubbio che l'Accademia Bizantina suoni assai bene, le prime parti sono eccellenti e il maestro al continuo dà anche prova di intatto e brillante virtuosismo quando il cembalo si trova a essere concertante; tuttavia permane la sensazione di una bella prova di un ottimo complesso, di una linea morbida e chiara, di una cura ammirevole delle pulsazioni metriche e ritmiche, ma anche di poca varietà e tensione interna. Tutto bello, molto bello e rifinito, con singoli momenti davvero notevoli (come la battaglia che prelude all'epilogo), ma nel suo complesso poco teatrale, a dispetto di un'incisione live che proprio con la vividezza della scena dovrebbe compensare qualche rinuncia musicale.
Il cast che sfila di aria in aria, però, offre indubbie soddisfazioni, a partire da Francesca Aspromonte, che impone il suo magistero barocco con un'Almirena di finissima musicalità, espressione ed emissione mordenti, centellinati con articolazione carnosa eppur duttile e dettagliata (sentite che capolavoro di poesia e sensualità è il suo “Lascia ch'io pianga”). Anna Maria Sarra non si presenta con le medaglie della specialista già appuntate al petto, ma si guadagna la vittoria sul campo con un'Armida imperiosa, tagliente, sempre perfettamente a fuoco e intelligente nella ricerca di accenti e colori. Raffaele Pe è un Goffredo sempre appropriato, sia per il timbro chiaro ma non esangue, sia per l'eleganza del porgere lo spirito cavalleresco del personaggio. Se Luigi De Donato compensa una voce non freschissima e qualche affanno in acuto come Argante con la conoscenza profonda di questo repertorio e l'incisività dell'interprete, se Federico Benetti e Anna Bessi risolvono bene le parti del Mago e della Donna, resta un po' più in ombra proprio l'eroe eponimo affidato a Delphine Galou. Correttissima, precisa, chiara nella dizione, ammirevole per la volontà e la cura poste in ogni pagina, le manca tuttavia la caratura protagonistica. Nella voce e nell'accento non riesce a vibrare il fuoco dell'eroe, tanto che nella pur ben cantata “Venti, turbini prestate” attira più l'attenzione lo smalto del primo violino di Alessandro Tampieri, mentre in "Or la tromba in suon festante" le trombe impeccabili che svettano sull'orchestra marziale e trionfante trovano nella risposta della voce un inevitabile calo di tensione. Ciò nonostante, resta un'edizione pregevole per la qualità esecutiva, per voci e strumenti, ma aperta a discussioni e distinguo per le scelte testuali operate e per i principi che le muovono.
Infine, essendo la HDB un'etichetta giovane che proprio con questo Rinaldo inaugura il suo catalogo, rendiamole il merito in una limpida presa sonora, di una grafica e di un packaging accattivanti ed ecologici: si apprezza il formato a libro che elimina la plastica e aumenta i contenuti testuali, fra cui il libretto integrale, le biografie, un'intervista a Dantoni, saggi e note di Bernardo Ticci. Ottima cosa che il CD possa contare su un ricco apparato critico, ad argomentare scelte e alimentare riflessione, consapevolezza e dibattito.