Gli amori di Werther e Madame Bovary
di Roberta Pedrotti
A. Messager
Fortunio
Dubois, Gillet, Leguerinel, Bou
Louis Langrée direttore
Orchestre des Champs Elysées
Choeur Les Elements
Denis Podalydès regista registrazione effettuata a Parigi il 14 e il 16 dicembre 2019 all'Opéra Comique
DVD Naxos 2.110672, 2020
La moglie annoiata di un notaio anziano e pedante intreccia una relazione con un baldo militare. Per sviare i sospetti elegge a cicisbeo l'ingenuo praticante del marito, che però l'ama davvero e di cui lei s'innamora. Quando il ragazzo capisce la macchinazione in cui è stato coinvolto dai fedifraghi si dispera, ma la donna sa sbarazzarsi degli altri due uomini per trovarsi sola in camera con lui. Pare proprio una commediola come tante, senza particolare interesse, questo Fortunio tratto da Le Chandelier di De Musset, ma senz'altro buona per un'operetta piccante con amanti che si alternano nell'armadio a ritmi serrati, tant'è che le musiche di scena della pièce portano, alla prima, la firma di Jacques Offenbach. Messager, però, non sceglie la via offenbachina. Con i suoi librettisti Caillavet e Flers non trascura il coté brillante, ma sviluppa quello lirico e la commedia diventa uno spaccato di costume, un ritratto di quotidiana insoddisfazione e ipocrisia borghese spietato proprio per la sincerità dei sentimenti che coinvolge senza illusioni. Jacqueline è una piccola Bovary che forse non ha letto abbastanza romanzi per giungere alle estreme conseguenze, Fortunio è un piccolo Werther di provincia, nessuno si spara o si avvelena, anzi, alla fine si dichiarano amore e finiscono a letto, ma non siamo certi che si tratti di un vero lieto fine e non piuttosto di un giro di corna che, spogliato del brio da vaudeville, rivela la sua profonda tristezza.
Messager gioca con abilità fra i diversi registri e quando Jacqueline amoreggia con Clavaroche ammicca all'opèra bouffe, ma senza troppa spensieratezza, quando Fortunio medita romanticherie spunta il Goethe secondo Massenet, ma pur sempre in sedicesimo, quando Jacqueline duetta con Fortunio l'atmosfera si accende, ma sempre con un dubbio di fondo: lo slancio si fa sincero, sì, ma effimero. Sarà pure amore vero, il giovanotto eponimo sarà pure un poeta di teneri sentimenti, ma non si pensa a fuggire insieme, solo a farla in barba fra le lenzuola a un marito ricco e boccalone.
Louis Langrée è un ottimo specialista, nel senso buono del termine: conosce a menadito questo repertorio, ha la giusta misura, concerta in confidenza con complessi (l'Orchestre des Champs Elysée e il coro Les elements) perfettamente a proprio agio, così come il cast. Nondimeno la mano registica di Denis Podalydès è ancora una volta (ricordiamo Le comte Ory sempre in tandem con Langrée: leggi la recensione) felicissima nel lavorare di fino sulla recitazione, fra ingenuità, malizie, sottintesi, ipocrisie, convenzioni e trasgressioni.
Così, tutto fila talmente liscio e teatralmente esatto, la commedia in musica è servita con tale arte, che nemmeno si pensa più a quanto tutti cantino bene. Eppure, se facciamo attenzione, sentiamo che Cyrille Dubois sfuma disinvolto o raggiunge gli acuti legando e modulando con sicurezza, ma il personaggio è così ben a fuoco nella sua timidezza candida, nel suo orgoglio e nella sua passione da far sembrare semplicemente naturale e necessario ogni aspetto del suo canto. Così è per la vocalità leggiadra di Anne-Catherine Gillet, che dipana tutta la malizia di Jacqueline senza mai svelarsi del tutto, tale è la sua abilità camaleontica di rapportarsi a marito e amanti mantenendo sempre quell'ambigua e convincente aura di innocenza. Jean Sebastien Bou è un impenitente Clavaroche, non più giovanissimo seduttore in bilico, anch'egli, fra vaudeville piccante e crepuscoli malinconici, come un Belcore che spara le sue ultime cartucce erotiche. Franck Leguérinel è un André serenamente cornuto: crede alla moglie che non ambisce ad alterare lo status quo, la routine è salva, così la convenienza. Lo zio-padrone (Luc Bertin-Hugault) e il cugino gaudente (Philippe Nicolas Martin) di Fortunio completano efficacemente la locandina con i militari (Pierre Derhet e Thomas Dear), la servitù ( Alienor Feix, Geoffroy Buffière, Sarah Jouffroy), le voci femminili del coro che en travesti incarnano gli altri praticanti del notaio.