Il poeta del Nord
di Roberta Pedrotti
Bel debutto italiano e felice inaugurazione della quarta edizione del festival pianofortissimo per Christian Ihle Hadland, pianista norvegese dalla spiccatissima personalità poetica, che si esprime con un'articolazione musicale originale e intrigante, in una visione d'insieme chiara e particolareggiata.
BOLOGNA, 16 giugno 2016 - Era stato in Italia solo una volta prima d'ora, e lo ricorda a malapena, bambino con altri giovanissimi pianisti, in una città della quale non serba precisa memoria. Torna ora, trentatreenne, per il vero debutto in un recital solistico, una serata tutta per sé, da musicista maturo, forte di un curriculum di tutto rispetto e di una carriera d'alto profilo che giunge solo adesso a lambire i nostri lidi. Il pianista è il norvegese Christian Ihle Hadland, l'occasione l'apertura del quarto festival pianofortissimo a Bologna.
Si rinnova la bella consuetudine dei concerti estivi nel cortile dell'Archiginnasio: splendida acustica e suggestione rara d'un autentico bolognesissimo barocco incastonato e celato nel finto medioevo spennellato per moda neogotica un centinaio d'anni fa, atmosfera unica per il volo di rondini in apertura cui, con l'avanzare del crepuscolo e dei programmi, si sostituiscono i pipistrelli fra brezze e tepori vespertini. Già questo basterebbe a render pianofortissimo un appuntamento irrinunciabile.
Ma la cornice non sarebbe nulla senza la sostanza, e ancora una volta si è colto nel segno invitando Christian Ihle Hadland, ragazzone dall'aria simpatica che siede al piano con animo da poeta.
Dà inizio al concerto con la sonata Sonata n. 38 in fa maggiore Hob. XVI: 23 di Haydn per poi passare alle Davidsbündlertänze, Op.6 di Schumann. Nella seconda parte ecco la Fantasia in re minore KV 397 di Mozart e, in chiusura, la Sonata n. 6 in mi minore di Schubert. Un programma raffinato, quasi discreto per un artista totalmente alieno dall'esibizionismo eclatante, per un fraseggiatore nato, originalissimo senza mai apparire stravagante o fine a se stesso. Ihle Hadland ci avvince nella sua lettura mentre tende l'arco dal classicismo a romanticismo, da Haydn a Schumann, da Mozart a Schubert con chiarezza di visione complessiva, lucidità interpretativa e nitidissimo istinto musicale. Non v'è dettaglio che non catturi l'attenzione, non v'è scelta che paia scontata, non v'è tocco che non sia pensato né particolare che sfugga al controllo e risulti dispersivo.
È evidente che il nostro pianista controlli benissimo la tecnica e con essa il tocco e la sonorità, per colore e intensità, ma è altrettanto evidente come sorvegli rigorosamente il suo ventaglio espressivo per lavorare di fino su minute gradazioni, su piccoli scarti ritmici e agogici, su sfumature eloquenti. L'intimità del suo vocabolario poetico non è però minimalista o annacquata: l'eleganza ha una sua energia peculiare, il fraseggio un fascino incisivo che non perde mai in tensione e, viceversa, impone la personalità dell'interprete. Abbraccia la musica nel suo sguardo, ma da un'angolazione inedita che ci propone prospettive nuove e intriganti.
In particolare il ciclo schumanniano si imprime nella memoria, dopo la sofisticata brillantezza del tocco (suggestiva rievocazione e non imitazione di sonorità antiche) in Haydn, prima di un Mozart enigmatico (e una nuvola passeggera con un borbottìo di tuoni ben si addice a questa Fantasia incompiuta) e di uno Schubert soffuso e ispirato: i differenti caratteri delle diciotto danze si alternano e interloquiscono con una chiarezza di lettura e un'esattezza espressiva davvero avvincenti, sia che intreccino soffici legati o agitino al vento schegge e spigoli melodici. L'articolazione della frase musicale di Christian Ihle Hadland è la sua arma migliore, e la maneggia con misura e maestria.
Se un difetto dobbiamo trovarlo è sostanzialmente d'ordine pratico. Questo intelligente e intrigante poeta della tastiera costruisce un programma in dissolvenza che potrebbe stare benissimo in un Cd, ma che, per una performance dal vivo, avrebbe bisogno di un pizzico di teatralità in più, di un crescendo che accenda inesorabilmente il pubblico, già attento e soddisfatto. Non si tratta di proporre fuochi d'artificio nazional popolari, di voler essere “facili” ed effettistici: senza tradire il suo disegno d'artista – che in fondo rende Ihle Hadland così simpatico, nonché un interprete così interessante – anche solo una diversa distribuzione dei brani avrebbe sicuramente innalzato la temperatura finale più di quanto non abbia potuto il ripiegamento della Sonata giovanile di Schubert.
Il successo non è venuto a mancare, così come i complimenti e i commenti lusinghieri al termine, ma spiace un po' che la serata si sia chiusa senza la concessione di nessun bis a coronare questa bella inaugurazione.
foto Veronica Fornasari