Bach democratico
di Roberta Pedrotti
Nonostante la classe, non spicca in modo particolare l'interpretazione di Giuliano Carmignola, solista d'eccezione nel concerto natalizio di Musica Insieme; poco male perché, se sono smussati i rapporti di forza fra singolo e assieme, l'effetto è perfettamente in linea con l'eleganza e l'equilibrio che caratterizzano il Concerto Köln.
BOLOGNA, 12 dicembre 2016 - Anche quest’anno Musica Insieme augura buone feste al suo pubblico su note barocche, in questo caso tutte circoscritte ai primi anni ‘20 del Settecento a esclusione del Concerto XI in sol maggiore di Charles Avison (1709-1770), autore già in odor di galanteria ma comunque dichiaratamente ispirato alle sonate per cembalo di Domenico Scarlatti, e dunque alla stessa generazione di Bach e Benedetto Marcello (nonché di Pietro Antonio Locatelli, seppur di questi più giovane d’una decina d’anni).
Un programma bel equilibrato fotografa in una relativa sincronia forme di concerto grosso, concerto solistico (o a due) e ouverture all’italiana in tre movimenti, quest’ultima rappresentata dalla sinfonia per l’oratorio Gioàs di Marcello, capace di riservare qualche sorpresa nelle intriganti soluzioni timbriche e tecniche del terzo tempo. Non mancano di stimolare l’attenzione anche il concerto grosso di Locatelli e la rielaborazione, da parte di Avison, per archi della tastiera scarlattiana, tuttavia il sovrano incontrastato della serata è, inesorabilmente, Johann Sebastian Bach.
I concerti per violino archi e continuo BWV 1041 e 1042, ma soprattutto il 1043 che di violini solisti ne prevede due, sono fra quelle pagine per cui ogni parola d’esegesi pare superflua e impari: si ascoltino, si godano. Cos’altro se non ammirata deferenza può ispirare l’eloquio poetico del raffinatissimo intrecciarsi dei seguaci, mutevoli per ruolo e numero, ora dell’uno ora dell’altro solista nel concerto BWV 1043? Non più la contrapposizione fra il gruppo ristretto del concertino e la collettività dell’orchestra al completo, né la contrazione in cui ai tutti risponde un singolo virtuoso, o l’equilibrio della triosonata, con due solisti e il basso continuo: in questo concerto gli archi e il continuo sviluppano un discorso articolato di rapporti cangianti ma, parimenti, governati con sovrano equilibrio contrappuntistico e formale.
Il Concerto Köln si destreggia con forbita eleganza, suono chiaro, equilibrato, musicalità misuratissima. La fama dell’illustre complesso, protagonista di tante prestigiose incisioni anche operistiche, non è smentita in quest’occasione, che permette di apprezzarne dal vivo il gusto e il rigore discreto. Questo senso di fine temperanza non si stempera quando dall’ensemble cominciano a emergere i solisti e, per quanto il primo impatto con lo Stradivari dell’ospite d’onore Giuliano Carmignola ricordi il blasone dello strumento, in breve anche il manufatto cremonese cede cortese la luce della ribalta. Fuor di metafora, Carmignola non s’impone mai per carisma e mordente, giocando piuttosto con classe consumata la carta dell’armonia paritaria con il Concerto Köln, anche a costo di offuscare un po’ lo smalto che ci si aspetterebbe da un solista, specie del suo calibro. Pare, insomma, che l’intento sia proprio quello di leggere i concerti solistici in maniera decisamente democratica, senza distinguere marcatamente i soli, ma amalgamandoli all’insieme di cui si fanno, occasionalmente, portavoce e punto di riferimento, prime parti più che ospiti. Carmignola possiede l’allure dell’esperienza, della statura e della figura signorile, ma non sovrasta la concentrazione e il fare fresco e accattivante della sua allieva e konzertmeister dell’orchestra Mayumi Hirasaki. In nessun caso, comunque, l’uno o l’altra spiccano in maniera eclatante: sono i capofila d’un saggio consesso musicale.
Il concerto risulta, così, piacevole, mette al centro dell’attenzione il valore intrinseco delle partiture, più nel ponderato equilibrio che nell’estro e nell’impronta indimenticabile dell’artista, più nella misura che nella brillantezza, più nell’omogeneità che nei contrasti. Più illuminismo che barocco.
Successo e due bis bachiani, l’Allegro dal concerto BWV 1043 e l’Adagio dal Concerto per cembalo in sol minore: bis collettivi, pur con uno o due strumenti-cardine, e non poteva essere altrimenti.