Naufragi e umanità
di Valentina Anzani
In scena al Teatro Comunale di Bologna il nuovo allestimento del musical Titanic, in collaborazione con la Bernstein School of Musical Theater.
Bologna, 13 luglio 2016 – L’annuale appuntamento con il musical ha visto per quest’anno sul palco del Teatro Comunale di Bologna Titanic, spettacolo del 1997 di Maury Yeston su libretto di Peter Stone, di qualche mese precedente all’uscita del kolossal con Leonardo di Caprio e Kate Winslet. Nulla o quasi ha a che fare questo spettacolo con la vicenda di Jack e Rose narrata nel film di Cameron: basato quasi esclusivamente su fatti realmente accaduti, è uno spettacolo corale, in cui protagonista non è il singolo, ma la vicenda stessa. Questa è narrata in modo tale da assumere i caratteri dell’epica, sebbene allo stesso tempo sappia anche tratteggiare svariate sfaccettature del sentire umano: il protendersi verso ciò che non si può avere, il diverso atteggiamento di ognuno nei confronti della morte (la disperazione, l’accettazione), il senso di colpa di chi sopravvive. Il dramma è anche percorso da pennellate di ogni tipo di amore: dalla freschezza del primo incontro al legame decennale indissolubile, al matrimonio per convenienza.
Sono proprio i singoli a raccontare gli accadimenti, in uno svolgimento cumulativo che riesce a dar conto dei punti di vista più svariati. La storia del naufragio è così narrata da personaggi provenienti da ogni classe sociale, ognuno portatore delle proprie aspirazioni: per la maggior parte di loro il viaggio verso l’America è l’affermazione della propria identità. La vicenda diventa così metafora degli accadimenti più contemporanei, in cui intere società sono in balìa dei pochi che prendono incaute decisioni (le cui conseguenze vanno a discapito della collettività tutta, spesso portando a un’inevitabile, irrefrenabile catastrofe).
Il primo atto dell’opera è un susseguirsi di formule cadenzali in tonalità maggiori, trionfali cori d’entusiasmo e belle speranze: il fatto che il tragico finale sia arcinoto non fa che aumentare la tensione nell’ascolto. Frattanto emergono (per poco, ma delineati a tutto tondo sia vocalmente sia nella recitazione) vari personaggi, esempi del mondo cui appartengono e allo stesso tempo unici individui. Tra gli altri: il marconista (Renato Crudo) tutto dedicato al suo impiego, ma impotente nonostante la tecnologia che ha a disposizione; Alice Beane (interpretata dalla frizzante Ileana Pipitone), moglie che aspirerebbe a ben di più che alla seconda classe cui appartiene; Kate McGowen (Federica Laganá) ragazza madre in cerca di una vita migliore.
La regia di Gianni Marras come sempre si caratterizza per una sobrietà che non va a scapito dell’eleganza: pochi elementi ben calibrati e coadiuvati da un sapiente uso di proiezioni e luci (Daniele Naldi) bastano per ambientare alla perfezione il viaggio verso la tragedia. Anche i costumi (Massimo Carlotto) sono appropriati e adatti a caratterizzare visivamente l’appartenenza all’uno o all’altro ceto sociale, come anche a sottolineare le simmetrie delle coreografie (curate da Gillian Bruce).
Molti gli artisti in scena, per la maggior parte provenienti dalle scuderie della scuola di musical felsinea, la Bernstein School of Musical Theater diretta da Shawna Farrell: tra solisti e coro erano più di ottanta (impossibili da enumerare, ma nessuno men che meritevole). Il più applaudito è Filippo Strocchi nei panni del fuochista Barrett, come anche Andrea Spina e Barbara Corradini, interpreti dei facoltosi coniugi Strauss – entrambi realmente deceduti nel naufragio e impegnati di un duetto che, se interrompe il ritmo narrativo, conferisce quel tocco di romanticismo straziante che sa commuovere.
Un successo dunque per questo allestimento di Titanic; e quale titolo poteva essere più appropriato per divertire, emozionare, ma soprattutto far riflettere sul valore della vita umana, sull’inconsistenza dei pregiudizi sociali e sul diritto di ognuno di sognare: questi nostri sono tempi in cui troppo spesso traversate di speranza si concludono in naufragi.