Tutto il mondo è teatro
di Valentina Anzani
Innovativa rielaborazione dei masque della Fairy Queen di Purcell al Theater an der Wien.
VIENNA, 23 gennaio 2017 – Quando a fine Seicento Purcell creò le musiche per The Fairy Queen, compose una semi-opera: una trama illustre come quella del Sogno di una notte di mezza estate raccontata tramite ampie porzioni di testo recitato (tratte dall’originale shakespeareano) intercalate da una serie di brani cantati (masque) e numerosi pezzi strumentali per danza. La semi-opera era in linea con le necessità retoriche della Restaurazione Stuart sul trono inglese, e il risultato fu uno spettacolo di teatro musicale le cui forme potrebbero essere inaspettate per lo spettatore odierno: di fatto i masque sono episodi che accompagnano lo svolgersi dell’azione (la quale sarebbe narrata dal testo parlato) piuttosto che essere l’espressione emotiva dei personaggi che li cantano.
Quello che fa Mariame Clément per la nuova produzione del Theater an der Wien è appropriarsi di questi brani e del messaggio di cui sono portatori e renderli espressivi di una trama diversa.
I protagonisti di questa nuova storia sono i componenti di una compagnia lirica impegnata nell’allestimento di uno spettacolo (che è proprio The Fairy Queen): il regista, l’aiuto regista, la cantante talentuosa ma "di fila" che aspira alla prima parte, la drammaturga, lo scenografo, gli attori. A essi si aggiungono personaggi muti come l’attrice che avrebbe dovuto impersonare Titania ma che viene sostituita, il ballerino interprete di Oberon, altri attori, il personale del teatro. I masque si smistano così tra i personaggi in un complesso intrecciarsi di intenzioni, sentimenti, aspirazioni, tradimenti, auto-comprensioni. Vi si riconoscono dinamiche sociali e comportamentali comuni che qui si svolgono accelerate e sintetizzate perché catalizzate dalle condizioni alterate del microcosmo di un teatro – dove tutto è compresso in poche settimane di prove e spazi di coesistenza obbligati.
Per poter sviluppare la propria narrazione (non un’intepretazione narrativa, non una lettura alternativa dell’originale, ma una vera nuova storia) Clément si prende numerose libertà: fa del suo punto di forza l’ironia, taglia tutti i testi parlati tratti da Shakespeare e li sostituisce con nuovi dialoghi, proietta pensieri a parte sul fondo della scena, sottrae alla musica per danza la sua originaria funzione coreutica e la rende momento di pantomima e non manca qualche forzatura, poiché non sempre i masque si adattano con impeccabile coerenza alla nuova trama.
Tuttavia l’operazione non è dolosa. Infatti, anche se la trama di quanto assistiamo è ben diversa da quella del Sogno di una notte di mezza estate, alla fine comprendiamo come tratti – e renda comprensibili – i medesimi temi: coppie di amanti la cui fiducia viene minata, le gelosie, i ricongiungimenti e il finale positivo pur tinto d’amaro.
Molto gustosa la realizzazione musicale diretta da Cristophe Rousset in testa all’orchestra Les Talens Lyriques, di particolare grazia gli interventi dell’Arnold Schönberg Chor, mentre in tutti i cantanti si è apprezzata l’accurata interpretazione attoriale.
Bravissimo il basso Florian Boesch; qui declinato in scenografo alcolista, il suo personaggio sarebbe il tipico fool, ma è purtuttavia colui che tutto vede e tutto comprende: è attore e cantante molto comunicativo e interpreta passando con grande disinvoltura attraverso le varie declinazioni del comico, del serio, del meditativo. Molto espressivi anche Kurt Streit, Rupert Charlesworth e Carolina Lippo, che si fa notare per chiarezza dell’emissione e proiezione senza sforzo. Anna Prohaska è interprete fine per agilità, fraseggio, filati. Ha un timbro diversissimo quello caldo e brunito di Marie-Claude Chappuis: le due sfavillano ben assortite nel duetto dell’ultimo atto, quando la duplice narrazione convergenella sezione di scenografia che è quel palco su cui veniva rappresentata la Fairy Queen, ma che ora coincide anche con il palcoscenico che la platea del Theater an der Wien sta guardando: sulle note della sinfonia finale i veri tecnici del teatro già smontano tutto. E non tarda ad arrivare la conferma che quello a cui si è assistito è un triplice incastro di rappresentazione in rappresentazione: “Tutto il mondo è teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti” (William Shakespeare, Come vi piace, Atto II).
foto Monika Rittershaus