L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Nasca il diletto, muoia il dolor

 di Andrea R. G. Pedrotti

Nella ripresa dello spettacolo suggestivo e intelligente di Phyllida Lloyd, il Macbeth verdiano splende nelle interpretazioni di un cast eccellente: Anna Netrebko, Željko Lučić, Ildebrando D'Arcangelo e Yusif Eyvazov. Antonio Pappano guida gli ottimi complessi del Covent Garden.

LONDRA, 4 aprile 2018 - Macbeth rientra sicuramente fra le più raffinate vicende che abbiano come fulcro la follia e il disordine interiore. Ritroviamo un disagio intimo, un inno alla solitudine che, quando pervade chi possegga strumenti di potere, o abbia i mezzi — leciti o illeciti — per giungere a esse, ecco che si compie una tragedia capace di coinvolgere un'intera nazione, in questo caso la Scozia.

Macbeth e la consorte sono due personaggi complessi, distanti, insofferenti l'uno verso l'altro sin da principio. La Lady non sfoga la propria nevrosi nella complicità amorosa con lo sposo, ma nella smania di essere appagata dall'ascesa al trono. Nei primi tre atti dell'opera è più fredda e calcolatrice, mentre fin dal regicidio Macbeth dimostra segni di un cedimento che, paradossalmente, sarà meno repentino rispetto a quello della moglie e lo condurrà a una morte violenta.

Dal dolore della coppia, dal dolore per la scomparsa del re Duncano e di Banco rinasce il diletto dell'onore della Scozia, con un senso di palingenesi di speranza che prende corpo dal terzo atto, quando la profezia fatta a Macbeth, circa una sua detronizzazione per mano di Macduff comincerà a prender forma.

La regia di Phyllida Lloyd rimarca tutti quest aspetti e sottolinea come la distanza fra Macbeth e la Lady, possa esser stata causata dalla loro sterilità. La donna, prima di leggere la lettera giace, sola, nel talamo nuziale con una bambola, quasi un feticcio di una progenie che mai sarebbe stata generata dal suo ventre. I due sposi congiuratori si allontano progressivamente: l'uomo è totalmente succube della moglie che lo spinge al regicidio. Paiono complici fino alla follia di lui del finale II, se non fosse per una frase del libretto che rispecchia la personalità di entrambi: “Una macchia è qui tuttora”. Prima Macbeth, poi anche la Lady, si avvicinano sovente a una piccola fontanella posta a lato della scena, alternativamente e in crescendo ossessivo i due coniugi si lavano sempre più freneticamente le mani. La fontana è fondamentale, perché è anche il luogo dove verrà celato da Banco, prima di essere assassinato, il piccolo Fleanzio progenitore degli Stuart.

Notevoli la scena delle apparizioni e l'idea di porre il trono all'interno di una gabbia senza far combattere un'autentica battaglia nel finale. Macbeth è abbandonato dai suoi accoliti, prima che Macduff lo trafigga mortalmente, quasi nella stessa indifferenza con cui l'uomo aveva accolto la notizia della morte della Lady. Anche l'incoronazione di Malcolm è simbolica della solitudine del monarca (tra l'altro concetto insito nella parola stessa) che tenta di sottrarsi invano, quasi spaventato. Splendidi tutti i quadri che prevedono l'intervento delle streghe, partecipanti a tutta l'azione scenica; infatti anche la stessa Lady pare (fin dal primo atto) voler tessere un rituale e rituale appare anche la danza nel brindisi nel finale II.

Così dal dolore di due sposi senza figli (Macbeth e la Lady) e dal dolore di un orfano ora sovrano (Malcolm), nasce il diletto, tramite l'onore di un guerriero (Macduff) del popolo di Scozia.

Nel ruolo di Macbeth troviamo l'ottimo di Željko Lučić, raffinato interprete del protagonista. La sua prestazione è caratterizzata da un fraseggio curato, una linea di canto precisa e una recitazione efficace. Lučić rende la discesa verso l'abisso del personaggio, confuso e disordinato mentalmente prima, alienato e insensibile nel finale.

Accanto a lui troviamo, come Lady Macbeth, Anna Netrebko, da molti, e a buon titolo, considerata la più grande cantate degli ultimi anni. In effetti è difficile immaginare una protagonista femminile dell'opera verdiana. Il carisma dell'artista russa è noto e col suo impeto, la sua capacità espressiva e purezza d'emissione riesce a giocare su una gamma di suoni che la rendono interprete unica nel panorama lirico mondiale. Inizialmente è impositiva, nevrotica, nel guidare lo sposo nel suo proposito di potere. Molto più fredda, pianifica ogni cosa con ordine e disciplina, severa nel rimprovero al marito per la sua debolezza. Come già fu alla Wiener Staatsoper nell'Anna Bolena di tre anni fa, ritroviamo l'eleganza e il portamento regale che si confà a una nobildonna scozzese. Impressionante il cambio d'accento nella ripresa del brindisi, dopo i primi accenni di demenza di Macbeth, quasi cercasse con decisione di recuperare il senno dello sposo e la certezza del trono.

Il suo momento più alto, tuttavia, resta una strabiliante esecuzione della scena del sonnambulismo, “Una macchia è qui tuttora...”, durante la quale, grazie al suo notevolissimo bagaglio tecnico, riesce a ottenere un risultato stupefacente per fraseggio, interpretazione e colori. Memorabile, e da sola valevole di un viaggio a Londra, il suo modo di porgere la strofa emblema della chiave di lettura del personaggio: “Di sangue umano | sa qui sempre... Arabia intera | rimondar si picciol mano | co' suoi balsami non può. | Ohimè...”

Non finisce di stupire Yusif Eyvazov (Macduff), che non si limita a mantenere il suo canto sugli altissimi livelli dell'ultimo periodo, ma migliora ancor di più la resa vocale e interpretativa. Tenore di personalità, non necessita di un esplicito impeto d'altri tempi, ma, grazie ai continui miglioramenti nella purezza d'emissione, la ricchezza degli armonici arricchisce il fraseggio curato, emozionando nello squillo perentorio, ma ancor più nelle splendide mezzevoci e nella cura del canto sul fiato, oltre alla facilità nella gestione del legato. L'artista azero muta con maestria il colore vocale a seconda della semantica, passando dall'avversione per il sopruso subito dal popolo di Scozia, fino all'elegia per i propri affetti e i propri ideali.

Eccellente anche il Banco di Ildebrando D'Arcangelo, sia nell'aria “Come dal ciel precipita”, sia per la prova complessiva di un artista che, anche in un ruolo piuttosto breve, riesce a lasciare un notevole segno di personalità scenica e vocale.

Bene tutti gli altri interpreti: Francesca Chiejina (dama di Lady Macbeth), Jonathan Fisher (domestico di Macbeth), Konu Kim (Malcolm), Olle Zetterström (Sicario), John Morrissey (prima apparizione), Gaius Davey Bartlett (seconda apparizione), Edward Hyde (terza apparizione), Jonathan Coad (araldo), Simon Shibambu (medico), John O'Toole (Duncano) e Matteo di Lorenzo (Fleanzio, figlio di Banco).

Corretta e precisa la concertazione di Sir Antonio Pappano, con tutte le sezioni sono ben coese, per quanto avremmo maggiormente apprezzato un lavoro più approfondito sulla varietà dei colori, mediante soluzioni dinamiche e agogiche capaci di trasmettere al meglio la drammaturgia dell'opera.

Eccelle il coro (diretto da William Spaulding) in tutte le sue componenti, maschile e femminile, tanto da emozionare il pubblico a ogni esecuzione delle pagine affidategli dalla incommensurabile maestria di Giuseppe Verdi.

La regia di Phyllida Lloyd era ripresa da Daniel Dooner, le scene e i costumi erano di Anthony Ward, le splendide luci di Paule Constable, le coreografie di Michael Keegan-Dolan, riprese da Kirsty Tapp, il maestro d'armi Terry King.

Tutte le maestranze erano quelle stabili della Royal Opera House, l'assistente al concertatore era Sergey Levitin.

foto Bill Cooper


 

 

 
 
 

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