Dal salotto all’auditorium
di Giuseppe Guggino
Prosegue nell’acusticamente problematico auditorium del Conservatorio Scontrino di Trapani la stagione del Luglio Musicale Trapanese con una riuscita riproposizione dell’operina da camera Cendrillon di Pauline Viardot in una nuova trascrizione moderna per formazione da camera.
Trapani, 10 novembre 2019 - Sin dal 2015 il Luglio Musicale Trapanese s’è fatto promotore di un meritorio repêchage dell’unica operina da salotto per canto e piano composta ai primi del novecento da un’anziana – un po’ fuori dal tempo – Pauline Viardot. Alla suggestiva cornice del Chiostro di San Domenico s’è poi succeduta la non meno bella Chiesa di Sant'Alberto nella ripresa dello scorso anno; la location di quest’anno, che inevitabilmente non può che risultare peggiorativa, anche dal punto di vista acustico – giacché la tanto disadorna quanto spaziosa sala del Conservatorio Scontrino pone non pochi problemi d’eccessivo riverbero – è però bilanciata dai fattori che cambiano.
All’originale versione pianistica, non immemore del salotto parigino tenuto da Rossini nella seconda metà dell’ottocento, si sostituisce in questa occasione una nuova versione per orchestra da camera (essenzialmente costituita da prime parti, di buon livello quasi con omogeneità) curata da Paola Magnanini che, complice un sensibile Michelangelo Rossi sul podio, riveste di calzanti timbri una scrittura sì fuori dal tempo, sempre sospesa a metà fra settecento e Satie, ma sempre prodiga di soluzioni d’effetto. E se nel ruolo di Marie ou Cendrillon, per cui ci vorrebbe una brava Micaela, si ritrova la precisa e bella Francesca Martini, unica solista riconfermata di anno in anno, forse in questa occasione appena al di sotto delle proprie possibilità (verosimilmente per un raffreddore), tutta la rimanente distribuzione si presenta quasi totalmente rinnovata. Di notevolissima punta e proiezione è lo strumento duttile di Raffaella Di Caprio impegnata nel breve ma cruciale ruolo della Fée, mentre Gianluca Moro si conferma misuratissimo Prince Charmant. Di apprezzabile volume è Ilaria Alida Quilico quale Maguelonne che duella con Simona Di Capua quale altra sorellastra Armelinde a suon di arie da camera aggiuntive (nello specifico L'absence e La luciole, sempre attinte dagli album della Viardot). Il barone padre impersonato da Pasquale Greco e Barigoule (l’equivalente di Dandini nella versione ferrettiana che qui diviene tenore) assegnato a Dario Sebastiano Pometti, entrambi giovani innesti, puntano tutto o quasi e con buon successo sul versante caricaturale.
L’altra novità è lo spettacolo affidato a Teresa Gargano, che prende in consegna il precedente allestimento di Renato Bonajuto (peraltro felicissimo) e lo ripulisce di qualche smargiassata nel secondo quadro, con la complicità delle scene e dei costumi di Danilo Coppola e delle ben studiate luci di Giuseppe Saccaro. Abbandonando i colori delle etampes d'épinal, l’allestimento si mantiene fedele all’eleganza del disegno bidimensionale nelle scene in bianco e nero che, non senza fasto fra piume e pizzi nei costumi confezionati in assoluta coerenza alla cifra stilistica di insieme, di trovata in trovata, riesce a non annoiare, anzi incolla l’attenzione dello spettatore al boccascena fino alla teatralissima ultima e risolutiva sortita della Fée dietro un suggestivo tulle nero.
Purtroppo la singola data programmata non avrà accordato molta visibilità allo spettacolo, almeno fino al mese prossimo, quando sarà ripreso al Teatro Coccia di Novara che l’ha coprodotto.