Le voci del cinema muto
di Antonino Trotta
Tra una recita del Matrimonio segreto di Cimarosa e l’attesissimo debutto italiano di Violanta, The General di Buster Keaton, con colonna sonora scritta e diretta da Timothy Brock alla guida della smagliante Filarmonica Teatro Regio di Torino, regala l’ennesima deliziosa serata tra i velluti del Mollino.
Torino, 20 gennaio 2020 – Scrivere una colonna sonora, quando si è impossibilitati nel collaborare direttamente col regista, è impresa tutt’altro che banale. Nel cinema muto poi, dove la musica ha da assolvere un compito più oneroso, quello cioè di amplificare senza tradire la poetica del girato, la questione si fa ben più delicata. Timothy Brock, tra i massimi esperti in materia, fa nella costruzione ex novo – sulla base però di materiale originale – della musica di The General (Come vinsi la guerra) di Buster Keaton, un lavoro pressoché ineccepibile, e per la scrittura storicamente informata, e per i colori con cui la musica stessa sembra tinteggiare quella comicità stralunata, magnificamente innestata in un canovaccio teso tra romanticherie e azione.
Così il Teatro Regio di Torino, tra gli intrallazzi amorosi di Cimarosa e i viscerali tormenti dell’eroina di Korngold, mette a segno l’ennesima deliziosa serata di una programmazione mensile a dir poco entusiasmante. Del resto, l’appuntamento col cinema d’antan è diventato un cult della stagione sinfonica e, affidato all’eccellente Filarmonica, anche un appuntamento di assoluto prestigio. L’orchestra infatti, nel suo abituale gran spolvero, offre a Brock una tavolozza di voci e timbri rilevante, dai fiati e dai timpani, cui il compositore riserva gustosi interventi onomatopeici, ai flessuosi archi che invece si espongono negli involi melodici più accattivanti – per certi versi e soprattutto nelle prime scene, la partitura di Brock richiama immediatamente alla mente Pierino e il lupo di Prokof'ev –. Brock concerta con estrema conoscenza della pellicola, senza sgarrare un attacco né preoccuparsi di inseguire il proiettore, piuttosto cogliendo nella plasticità dell’orchestra l’opportunità di ampliare la portata espressiva della propria musica.
Il film è un capolavoro, la musica è bella, il successo, acclamato da una platea strapiena, quasi scontato.