L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Dolci ricordi in una "Casa di cultura"

di Irina Sorokina

Grande successo a Erl per il capolavoro di Donizetti con un cast giovane e ben assortito, la bella concertazione di Sesto Quatrini e un allestimento spiritoso e romantico ambientato in un vecchio centro culturale dell'Est Europa.

Erl, 2 gennaio 2020 - La seconda scelta in cartellone del rinnovato Tiroler Festspiele Erl, L’llisir d’amore. Come non approvarla? Dopo una sofisticata e super drammatica Rusalka a chi non sta bene immergersi nel mondo idilliaco del capolavoro assoluto di Donizetti-Romani che, al di là del ben noto fascino musicale, si presta benissimo agli spostamenti nel tempo e nello spazio? E così è, ecco per il numeroso e caloroso pubblico un’altra versione del celebre titolo dalla bellezza eterna: questa volta siamo nei beati anni Ottanta in una specie del centro municipale tedesco, o in un paese diverso, dove si svolgono simpaticamente varie attività artistiche e sportive, che somiglia come gocce d’acqua alle strutture chiamate “casa di cultura” che in anni non tanto lontani, ormai etichettati come quelli di “stagnazione” (“zastoj” in russo) si trovavano sul vastissimo territorio dell’Unione Sovietica e dove il popolo - o,  meglio dire, i popoli, viste centosessanta lingue parlate su questo territorio sconfinato - poteva praticare canto, danza, teatro e sport completamente gratis. Ci sono ancora tantissime persone nostalgiche di quei tempi.

Questo centro municipale o casa di cultura ha la sede in un grande edificio di mattoni rossi, con soffitti altissimi e finestre non da meno. I termosifoni sono massicci (alla bolletta pensava lo Stato!) e le tende pesanti. All’ingresso nell’ampio foyer c’è una specie di reception (nella compianta Unione Sovietica di solito c’era una donnina, “babuška”, che sorvegliava la gente che arrivava e usciva, simile a un’aquila!), sul muro uno grande specchio coperto da una tenda. La sala polivalente una volta serviva per lezioni di ballo o prove del coro, ma si prestava anche per allenamenti degli appassionati di yoga. Da notare il parquet un po’ grigio con assi grandi: questi edifici sono ancora in piedi in tutti i paesi dell’Est europeo.

Questo centro disegnato dallo scenografo Alexandre Corazzola al momento è abbandonato, fa parte del glorioso passato. Anzi, sta andando in rovina, il territorio e circondato dalle reti con la scritta “keep out”, tenetevi lontano. Sta condividendo il destino di tanti, tantissimi edifici sui territori dei paesi dell’Est, una volta pieni di vita. Una coppia anziana decide, però, di varcare la soglia proibita, e, con difficoltà, riesce ad oltrepassare la rete e penetrare nel territorio recintato. Sono Nemorino e Adina, anziani ormai, ma sempre innamorati. Lei è gravemente malata, e lui la porta nei luoghi dove una volta si svolse la loro storia d’amore. Non brilla certo per una particolare originalità l’idea di flash back adottata dalla regista Dorothea Kirschbaum, tuttavia lo spettacolo risulta ben fatto e coinvolgente grazie alle simpatiche trovate e ai cantanti ben scelti.

Quanto è bello vedere la coppia di anziani ancora innamorati, osservare i loro gesti amorevoli e condividere il loro desiderio di vivere, non arrendersi. Quanto è bello vederli seduti sul pavimento nel sottoscala immersi nei ricordi che si materializzano davanti ai loro occhi, seguire il loro delicato ballo mentre Nemorino intona la celebre romanza. Ecco la prova del coro amatoriale condotta da una grintosa Giannetta e accompagnata da un’energica Adina al vecchio pianoforte, ecco i corteggiamenti impacciati di Nemorino che gira con la scopa in mano, ecco lo scoppiettante ingresso di Belcore che appare travestito da statua greca ma in realtà è capo dei ragazzi della security, ecco l’apparizione del dottor Dulcamara che arriva come deux ex machina sopra le scale con già in mano il suo elisir pronto ad essere venduto al gruppo di yoga.

La Kirschbaum si rivela una vera persona di teatro, con una grande capacità di strutturare le scene di massa e lavorare con i cantanti. Il coro del festival tirolese preparato da Olga Yanum è decisamente coinvolto in un’azione veloce e divertente, ogni artista crea un personaggio che non sfugge all’occhio dello spettatore, complice anche Dorothee Jolsten, inventrice dei simpatici abiti variopinti in stile anni ’80. Notiamo anche qui una forte presenza femminile, a fianco della Kirschbaum, la Jolsten, la Yanum c’è la dramaturg Stephanie Schultze.

Simile alla Rusalka, la vera forza e autentico fascino dello spettacolo è il cast, sorprendentemente giovane (il soprano ha venticinque anni) e brillante. Ed è lei, Benedetta Torre nel ruolo di Adina, la prima tra gli uguali, che fa innamorare Nemorino, Belcore e il pubblico. Sembra un dono, la sua voce, che suona in modo così naturale e produce un effetto decisamente consolante per le orecchie. Si direbbe che la Torre canta simile ad un uccellino celeste, vanta il timbro chiaro, estensione ampia, legato morbido e accento giusto. La parola “giusto” è molto adatta per definire l’arte del giovane soprano, è corretta, ma sfiziosa, dignitosa, ma divertente, tutto in lei è equilibrato e tutto affascina. È così la sua Adina, una monella capricciosa dal cuore tenero.

Accanto a lei, due spasimanti niente male, il tenore neozelandese Johnatan Abernethy e il baritono polacco Mikolaj Trabka, entrambi giovani, in possesso del physique du rôle e ”condannati” al successo grazie alla naturale simpatia, recitazione commuovente e grintosa e canto impeccabile. La scelta, in presenza di tali cavalieri, è davvero difficile per Adina!

Abernethy è un Nemorino perfetto; alto e bello, sa adattare le sue doti fisiche al personaggio, disegna un ragazzo timido completamente cotto d’amore, nasconde il suo fascino dietro l’abbigliamento un po’ trasandato e un paio di occhiali. Canta da manuale, senza la minima fatica, sfoggia un bel timbro e ha un accento impeccabile. "Una furtiva lacrima" è il suo vero trionfo grazie ad una linea di canto stupenda e chiaroscuri magici.

Trabka è Belcore perfetto; snello e spigliato, è maledettamente convinto dell’irresistibilità del proprio fascino e ha qualcosa di leggermente ironico nel suo atteggiamento. Alla mancata vittoria mostra anche dentini appuntiti e diventa un tantino aggressivo. La sua bella voce del baritono lirico suona morbidamente e decisamente seducente ed è musicalmente preciso.

Nel ruolo di Dulcamara il basso americano Sam Handley desta una simpatia estrema per i modi garbati e l’umorismo piuttosto dolce. Educatissima e versatile è la sua voce e impeccabili la musicalità e correttezza stilistica. Si perdona volentieri qualche imprecisione nell’aria di sortita.

La giovanissima Barbara Massaro che ricordiamo nell’Occasione fa il ladro l’anno scorso [Erl, L'occasione fa il ladro, 30/12/2018], è una bravissima Giannetta dalla voce cristallina e tecnica salda.

Si può andare sul sicuro, quando sul podio Sesto Quatrini; sembra molto adatto al repertorio del belcanto romantico e guida l’orchestra del Tiroler Festspiele Erl con  mano leggera e delicata ma molto precisa. È attento ai minimi dettagli e crea una serie di sospensioni e pause che danno un tocco di un’ulteriore espressività alla celebre partitura. Nessuna sbavatura nei concertati che risultano ben equilibrati e armoniosi.

Successo strepitoso pienamente meritato, applausi vivaci per tutti che si trasformano in un’ovazione duratura.


 

 

 
 
 

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