L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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L’Européenne, un debutto

di Susanne Krekel Daumann

Poco prima della chiusura dei teatri per una nuova emergenza, una prima assoluta a Lubecca ci parla di colonialismo, immigrazione, pregiudizi. Ai nostri giorni, migliaia di persone sono bloccate alle frontiere dell'Europa, altre tentano di attraversare il mare. Ai nostri giorni, ci interroghiamo sull'intera umanità. L'opera, spesso, è definita morta, inutile, un fossile. Ai nostri giorni, si rivela viva e più necessaria che mai.

Lubecca, 6 marzo 2020 - Seconda tappa di un progetto condiviso fra i teatri di Halle di di Lubecca, basato su L’Africaine de Meyerbeer, che vuole riflettere sul passato coloniale dell'Europa, questa Européenne è un dramma cupo, forte, realista, molto realista.

Si tratta della storia di Lena, una giovane europea venuta in Africa per lavorare per una ONG, e di Bouba, il suo innamorato africano. Lena è incaricata di misurare la tossicità del suolo presso una discarica di rifiuti elettronici venuti dall'Europa. Bouba utilizza gli hard disk che trova per estrarre informazioni segrete da cui trarre profitto. Gli altri che lavorano sulla discarica arrivano appena a sopravvivere vendendo ciò che trovano, rischiando salute e vita. Quando Lena deve ripartire, Bouba decide di seguirla. Arrivato in Europa da lei, si rende conto che non è tutto così facile, Lena lo mette alla porta. Lei è bipolare e, disperata, prende una dose letale di farmaci. Tuttavia, questi non agiscono immediatamente, e Bouba ha il tempo di tornare e raggiungere il suo letto, dove Lena infine muore nel sonno.

Bouba è accusato di omicidio o quantomeno d'omicidio involontario, e ciò suscita manifestazioni neonaziste. La fine resta aperta, il coro ci ricorda in un finale toccante, che sfuma gradualmente, che nella morte siamo tutti uguali.

La vicenda acquista una dimensione sovrannaturale con la presenza dello stregone e degli spiriti di una Lepre e di una Iena. Per avere aiuto nel suo lavoro e, più tardi, per assicurare successo al suo viaggio in Europa, Bouba consula lo sciamano che sa evocare gli spiriti degli antenati. A proposito del viaggio, questi spiriti non sono del medesimo avviso: la Lepre vuole che parta per amore e si esprime favorevolmente, la Iena pensa che in Europa tutto giri intorno al denaro e vorrebbe impedire a Bouba di farsi contaminare dall'avidità.  Più tardi, i due personaggi faranno parte dei giudici. 

Un soggetto complesso, dunque, su un tema importante oggi come non mai. Il libretto di Thomas Goerge è denso e poetico, quasi una sorta di collage, tante sono le citazioni in cui si intendono le parole di Trakl, Rückert - e Bouba e Lena utilizzano, per parlare del loro amore, i versi di un Lied di Beethoven. Su questo testo, Richard von Schoor ha scritto una musica altrettanto complessa, in cui i ritmi dell'Africa si uniscono ai linguaggi europei, farcita di citazioni scoperte o nascoste. Ci sono duetti d'amore commuoventi, momenti che ci fanno pensare a Strauss o a Korngold, c'è un coro magnifico, preparato da Jan-Michael Krüger, che imita voci d'animali, bisbiglia, intona corali toccanti. C'è una strumentazione complessa con percussioni assai sviluppate, compresi strumenti fatti di materiali riciclati, e c'è l'orchestra tradizionale che deve suonare una partitura densa e articolata. Andreas Wolf guida la Philharmonisches Orchester der Hansestadt Lübeck con esattezza, si rimane solo un po' perplessi talora di fronte a lunghezze e languori che ci si chiede siano voluti o meno.

L'allestimento di Lionel Poutiaire Somé si basa sulla scenografia semplice e chiara di Daniel Angermaier ee soprattutto su proiezioni video. Questi video sulla vita degli abitanti delle discariche, e soprattutto quelli che mostrano battelli leggeri e sovraccarichi in alto mare, da cui gli uomini si gettano in acqua - e si pensa anche all'11 settembre 2001 -, vanno dritti al cuore e  van Schoor non li carica di musica seria e grave, si sente solo qualche linea acuta degli archi, o nulla. E il pubblico resta interdetto, pietrificato. 

E' un'opera che vuole interrogare, confrontare, svegliare. Tra un librettista tedesco, un compositore d'origine sudafricana bianca, un regista del Burkina Faso, in questa collaborazione si inconrano le culture con i loro pregiudizi, che siano gli africani che immaginano un'Europa che cola latte e miele, o invece gli europei che vogliono aiutare, fare del bene, sempre condotti dalla convinzione della propria superiorità. Il libretto come la musica gioca abilmente con questi pregiudizi, li interroga, li sovrappone.

Il tenore sudafricano Owen Metsileng canta Bouba, dolce, tenero, smarrito, perplesso - è credibile e affronta la sua parte con agio. Emma McNairy nella parte di Lena convince a sua volta. Con il suo sprechgesang, gli isterici salti d'ottava, libera un ritratto esatto e pregnante di un personaggio tormentato. Notevoli anche Charity Collin come Lepre e Caroline Nkwe Lepre/giudice.

Ai nostri giorni, migliaia di persone sono bloccate alle frontiere dell'Europa, altre tentano di attraversare il mare. Ai nostri giorni, ci interroghiamo sull'intera umanità. L'opera, spesso, è definita morta, inutile, un fossile. Ai nostri giorni, si rivela viva e più necessaria che mai.

Un grande rigraziamento ai teatri che hanno commissionato questo progetto e cogratulazioni a tutta la squadra. Possa quest'opera trovare il suo spazio sui palcoscenici di tutto il mondo!


L’Européenne, une première mondiale

par Susanne Krekel Daumann

Ces jours-ci, des milliers de personnes sont bloquées aux frontières de l’Europe, d’autres tentent la traversée en mer. Ces jours-ci, on s’interroge sur l’humanité toute entière. L’opéra est souvent dit mort, inutile, un fossile. Ces jours-ci, il s’avère tout à fait vivant et plus nécessaire que jamais.

Lübeck, le 6 mars 2020 - Deuxième volet d’un projet commun entre les théâtres de Halle et Lübeck, basé sur L’Africaine de Meyerbeer, qui veut réfléchir au passé colonialiste de l’Europe, cette Européenne est un drame sombre, fort, réaliste et fort réaliste.

Il relate l’histoire de Lena, une jeune européenne venue en Afrique pour travailler pour une ONG, et de Bouba, son amoureux africain. Lena est chargée de mesurer la toxicité du sol près d’une décharge de déchets d’électronique venus d’Europe. Bouba utilise les disques durs qui lui arrivent pour en extraire des secrets dont il tire ensuite profit. Les autres qui travaillent sur la décharge arrivent tout juste à survivre en vendant ce qu’il trouvent, tout en risquant leur santé et leur vie. Lorsque Lena doit repartir en Europe, Bouba décide de la suivre. Arrivé en Europe, chez elle, il s’avère que tout n’y est pas facile, Lena le met à la porte. Elle est bipolaire, et, désespérée, elle prend une dose mortelle de médicaments. Celle-ci n’agit pas tout de suite, et Bouba a le temps de revenir et de la rejoindre au lit, où elle meurt finalement, pendant qu’il dort.

Bouba est accusé de meurtre ou tout au moins d’homicide involontaire, et cela donne lieu à des manifestations neo-nazistes. La fin reste ouverte, le choeur nous rappelle dans un finale touchant qui s’estompe graduellement que dans la mort, nous sommes tous égaux.

L’histoire acquiert une dimension spirituelle par la présence du féticheur et des esprits d’un Lièvre et d’une Hyène. Pour trouver de l’aide dans son travail, et plus tard pour s’assurer du succès de son voyage en Europe, Bouba consulte ce chaman qui sait convoquer les esprits des ancêtres. Quand il s’agit du voyage en Europe, les esprits ne sont pas du même avis: le Lièvre voit qu’il veut partir par amour et exprime un avis favorable, l’Hyène pense qu’en Europe tout tourne autour de l’argent et voudrait empêcher Bouba de se laisser contaminer par l’avidité. Plus tard, ces deux personnages feront partie de ses juges.

Une histoire complexe donc, sur un sujet plus important aujourd’hui que jamais. Le livret de Thomas Goerge est dense et poétique, presque une sorte de collage, tant il utilise des citations, on entend des paroles de Trakl, Rückert - et Bouba et Lena utilisent, pour parler de leur amour, les paroles d’un lied de Beethoven. Sur ce livret, Richard von Schoor a écrit une musique tout aussi complexe, où les rythmes de l’Afrique rejoignent le langage musical européen, truffé de citations ouvertes ou cachées. Il y a des duos d’amour poignants, il y a des moments qui nous font penser à Strauss ou Korngold, il y a un choeur magnifique, préparé par Jan-Michael Krüger, qui imite des voix d’animaux, chuchote, et chante des chorales touchantes. Il y a une instrumentation complexe avec des percussions très développés, y compris des instruments fait de matériaux recyclés, et il y a l’orchestre traditionnel qui doit jouer une partition complexe et dense. Andreas Wolf guide l’Orchestre Philharmonique de la Ville de Lübeck avec justesse, on est seulement un peu perplexe parfois face à des longueurs et langueurs dont on se demande s’ils sont voulus ou non.

La mise en scène de Lionel Poutiaire Somé se base sur la scénographie simple et lisible de Daniel Angermaier et surtout sur des projections vidéo. Ces vidéos de la vie des habitants des décharges, et surtout celles qui montrent des bateaux légers et surchargés en pleine mer, d’où des hommes se jètent à la mer - on pense au 11 septembre 2011 - vont droit au coeur et van Schoor ne les charge pas d’une musique lourde et grave, on entend tout juste quelques lignes aiguës des cordes, sinon rien. Et le publique reste interdit, pétrifié.

C’est une oeuvre qui veut interroger, confronter, éveiller. Entre un librettiste allemand, un compositeur d’origine sud-africaine blanc, un metteur en scène burkinabé, dans cette collaboration se rencontrent les cultures avec leurs préjugés, que ce soit les Africains qui imaginent une Europe où coulent lait et miel, ou bien les Européens qui veulent aider, bien faire, toujours portés de la conviction de leur supériorité. Le livret ainsi que la musique jouent habilement avec ces préjugés, les interrogent, les superposent.

Le ténor sud-africain Owen Metsileng chante Bouba, doux, tendre, perdu, perplexe - il est crédible et chante sa partie avec aisance. Emma McNairy dans le rôle de Lena convainc tout autant. Avec son sprechgesang, sauts d’octaves hystériques, elle livre un portrait juste et poignant de ce personnage torturé. Remarquables aussi Charity Collin dans le rôle du Lièvre et Caroline Nkwe dans celui du lièvre-juge.

Ces jours-ci, des milliers de personnes sont bloquées aux frontières de l’Europe, d’autres tentent la traversée en mer. Ces jours-ci, on s’interroge sur l’humanité toute entière. L’opéra est souvent dit mort, inutile, un fossile. Ces jours-ci, il s’avère tout à fait vivant et plus nécessaire que jamais.

Un grand merci aux théâtres commanditaires de ce projet, et des félicitations à toute l’équipe. Puisse cette oeuvre trouver sa place sur les programmes des maisons d’opéra partout!


L’Européenne, a world première

by Susanne Krekel Daumann

These days, thousands of people are at the European borders, others try to cross the Mediterranean. These days, humanity leaves us wondering once again. Opera is often said to be dead, useless, fossilized. These days, it turns out to be alive and kicking and more necessary than ever.

Lübeck, 6 March 2020 - The second part of a common project of the theaters both of Halle and Lübeck, based on Meyerbeer’s L’Africaine, this Européenne is a dark and somber drama.

It tells the story of Lena, a young European woman come to Africa in order to work for a NGO, and Bouba, her African lover. It is Lena’s job to measure the toxicity of the soil near a dump for electronic devices from Europe. Bouba is a hacker and unlocks the hard drives he can get in order to make money out of the data still hidden in them. For the most part, however, people who work here are barely making a living, risking their lives and their health in the process. Lena has to go back to Europe, and Bouba decides to follow her. In Europe, living together is not easy. Lena has a bipolar disorder and after a quarrel, she tells Bouba to leave. In despair, she swallows a massive dose of pills. When Bouba comes back, they go to bed together, and while he is asleep, she dies. Bouba is accused of murder or at least of accidental homicide. The process is also the theater of neo-nazi demonstrations. The end is open, the choir reminds us in a touching final chorale that everyone is equal in death.

Not only the reference to death, also the presence of the feticheur, the shaman as it were, and the spirits of the ancestors he convokes give a spiritual dimension to the work: in order to find help with his work, and later on to ascertain the success of his voyage to Europe, Bouba will seek out the chaman and the spirit of the Hare and the Hyena. The Hare is in favor of him following his love, the Hyena sees the danger of materialism. Later on, these two characters will be among his judges.

It’s a complex history, about an ever-important subject. Thomas Goerge’s libretto is dense and poetic, almost a kind of collage, it uses so many quotes, we hear words by Trakl, by Rückert - and Bouba and Lena’s lover’s vows are the words of a Beethoven lied. Richard van Schoor’s music is just as complex and full of quotations, where African rhythms meet the European musical language. There are moments where we think of Strauss or Korngold, poignant love duets, there is a magnificent choir, prepared by Jan-Michael Krüger, that imitates animals’ voices, whispers and sings beautiful things. There is a complex instrumentation, lots of percussions, instruments that have been made from recycled material, and there is the traditional orchestra. Andreas Wolf guides the Philharmonic Orchestra of the City of Lübeck with accuracy and attention. Some moments lacking somewhat in drive leave us wondering a bit: is this passage meant to be taken so languorously?

For his stage direction, Lionel Pouitaire Somé uses the simple and effective scenography of Daniel Angermaier and especially video projections. These videos, those that show the life of the dumpster-people and especially those that show lightweight, overcrowded boats in the middle of the ocean, from where people jump into the water - bringing to mind 9/11 images - are as poignant as can be and thankfully van Schoor didn’t weigh them down with heavy string lines, they are shown in near quiet, just a very high string line can be heard. And the public is petrified, impressed.

This is a work that wants to ask questions, confront, wake up. A German librettist, a white South-African composer, an African stage director - in this collaborations cultures confront each other with their prejudices, be it the Africans who imagine Europe a place where milk and honey flow, be it the Europeans who still come to Africa to help, do good, convinced of their own superiority. The libretto and the music play successfully with these ideas, question and superpose them.

South-African tenor Owen Metsileng sings Bouba, tender, lost, sweet - he is credible and sings his part with easy grace. Emma McNairy as Lena is just as convincing. With the hysterical jumps in her sprechgesang, she delivers a moving portrait of this tortured character. Remarkable also Charity Collin in the role of the Hare and Caroline Nkwe’s Hare-Judge.

These days, thousands of people are at the European borders, others try to cross the Mediterranean. These days, humanity leaves us wondering once again. Opera is often said to be dead, useless, fossilized. These days, it turns out to be alive and kicking and more necessary than ever.

Huge thanks to the commanding theatres, and congratulations to the whole team. May this work find its place in the programs of opera houses all over the world!


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