Violino francese
di Luigi Raso
Al Teatro di San Carlo, il recital di Renaud Capuçon e Guillaume Bellom mette in luce soprattutto il violinista e il suo meraviglioso Guarneri del Gesù "Stern ex Panette" in un viaggio attraverso il repertorio franco belga del tardo Ottocento.
NAPOLI, 6 giugno 2021 - Si snoda attraverso due autori francesi e uno, César Franck, belga di nascita ma parigino d’adozione, il viaggio musicale nel violinismo da camera di matrice franco-belga dell’ultimo quarto del XIX secolo: Renaud Capuçon, il suo meraviglioso Guarneri del Gesù del 1737 - “Panette”, già appartenuto ad Isaac Stern (1920 - 2001) - e il giovane pianista Guillaume Bellom ci conducono nell'esplorazione di questa raffinata produzione musicale da camera francese. È la musica che fa da sfondo ai salotti parigini ottocenteschi, mirabilmente evocata da Marcel Proust della Recherche du temps perdu, come acutamente e approfonditamente analizza Dinko Fabris nel saggio contenuto nel programma di sala.
Il viaggio musicale parte da un lavoro giovanile di Gabriel Fauré (1845 - 1924), la Sonata in la maggiore n. 1 per violino e pianoforte, op. 13, composta tra il 1875 e il 1876: è un flusso iridescente di colori, arpeggi, melodie sinuose che attraversano i quattro movimenti della composizione. Se il primo, Allegro molto, serve a Renaud Capuçon a riscaldare sonorità e intensità del proprio strabiliante violino, già con l’Andante del secondo interprete e strumento centrano la “tinta” giusta del brano: la mèlodie, sul ritmo di una languida barcarola, è cantata con voce calda, cesellata, grazie ad una tecnica d’arco perfetta per efficacia dinamica ed essenzialità del movimento del braccio e avambraccio destro, da fraseggio scavato. A incantare è il colore, la corposità e la proiezione del suono del Guarneri del Gesù “Stern, ex Panette”: caldo e intenso il suono emesso dalla III e IV corda, penetrante quello della II corda, luminoso, come una mattinata assolata in Sicilia e in Andalusia, quello generato dal cantino.
Guillaume Bellom, dal canto suo, ha ben chiaro il ruolo di coprotagonista che Fauré assegna al pianoforte: questa convinzione, però, lo conduce ad intavolare una dialettica troppo serrata e poco sfumata con il violino; “assecondare”, sfumando e smorzando con più convinzione gli arpeggi, avrebbe condotto a una più compiuta sintonia interpretativa tra violino e pianoforte e, soprattutto, a generare un profluvio di colori complessivamente più uniforme. Quando il violino emana tinte pastello, il pianoforte, invece, vivide e corrusche.
La tenzone sonora tra violino e pianoforte raggiunge una significativa sintesi nello Scherzo del terzo movimento, laddove a far bella mostra è il saltellato incisivo e preciso di Capuçon.
La potenza della cavata dell’arco del violinista francese domina, invece, l’ultimo movimento della sonata, Allegro quasi presto: il marchio di fabbrica (absit iniuria verbis: rectius, di inimitabile liuteria) dei preziosissimi Guarneri del Gesù sono evidenti per incandescente temperatura sonora, specchio ed emblema di quella emotiva.
Dieci anni dopo, nel 1885, Camille Saint-Saëns (1835 - 1921) scrive la Sonata n. 1 in re minore per violino e pianoforte, op. 75. E’ una composizione pervasa da intenso lirismo e da un soffuso palpito percepibile sin dalle battute iniziali. La tinta inizialmente è cupa, il procedere quasi affannoso. E di questa intensità Capuçon è interprete acuto e appassionato: c’è slancio nel tema iniziale, sinuosità ed eleganza nelle volute melodiche dell’Adagio del secondo movimento e, infine, brio indomito nei saltellati e nel demoniaco moto perpetuo del movimento finale, affrontato da Capuçon con disarmante naturalezza.
È una costante dell’intero recital: il pianoforte di Guillaume Bellom appare poco incline a compenetrarsi con il violino, optando per una interpretazione che rifugge da qualsivoglia gregarismo. La dialettica con il violino è quindi impostata dal pianoforte ad una temperatura sonora troppo spesso eccessiva, ben poco disponibile a recepire i suggerimenti distensivi che il violino di Capuçon pur emana copiosamente.
Trascorre solo un anno dalla Sonata n. 1 di Saint-Saëns quando, nel 1886, César Franck (1822 - 1890) dà alla luce una delle sue composizioni più note, una pietra miliare della letteratura per violino e pianoforte, la Sonata in la maggiore per violino e pianoforte (1886), dedicata al nume tutelare del violinismo belga - e non solo! -, Eugène Ysaÿe (1858 - 1931).
La “tinta” della composizione è più brunita rispetto a quelle, seppur screziate, di Fauré e Saint-Saëns: ancora una volta Capuçon e il suo ineffabile (si ricordi che Omnis determinatio est negatio!) gioiello Guarneri del Gesù hanno gioco facile a tradurre in suono il colore emotivo della composizione: è suadente ed estenuato il primo movimento, Allegretto ben moderato, laddove compare il celebre tema che riaffiorerà, con variazioni, nel corso della monumentale sonata.
Alla musica - potrebbe definirsi - del ripiegamento e della stanchezza interiore del primo movimento, però, si contrappone, già dall’Allegro del secondo, quell’inquietudine che connoterà il fluire della composizione: le arcate di Capuçon si fanno sempre più incisive sulla quarta corda e più distese, fino a produrre suoni eterei, sulla prima. Il vibrato è tendenzialmente “stretto”, serrato nel conferire ai suoni urgenza drammatica.
Il Recitativo-Fantasia: Ben moderato. Largamente con fantasia è possente: l’incisività è amplificata a dismisura, la voce del Guarneri “Stern, ex Panette” viaggia nella vasta sala del San Carlo con sorprendente spontaneità e ampiezza.
Guillaume Bellom, purtroppo, è troppo attento a schermirsi dalla fascinazione sonora del violino di Renaud Capuçon: il dialogo interpretativo e la complementarietà dei pesi e contrappesi sonori non appare calibrata come sarebbe necessario. Le oasi di beatitudine sonora del binomio Capuçon & Guarneri non sono attraversate dal giusto refolo del pianoforte di Bellom.
Nell’Allegretto poco mosso del movimento finale, un rondò alla francese, Bellom ottiene da César Franck la soddisfazione di veder il violino imitare e inseguire, in posizione subordinata, il tema esposto dal pianoforte. Quest’ultimo resiste come può, ma la luminosità degli acuti del Guarneri sono irresistibili: ipnotizzano per intensità e colore, resosi ancor più arroventato dopo l’esecuzione delle due precedenti sonate.
Prolungati e calorosi applausi finali inducono Capuçon e Bellom a regalare un bis, la celeberrima Méditation dall'opera Thaïs di Jules Massenet: quella del violinista francese è una lettura di intensa sensualità, tutta giocata sul contrasto tra temi e colori che, se ce ne fosse ancora bisogno, mettono in mostra il florilegio e la ricchezza di armonici del pregiatissimo Guarneri del Gesù, il cui natale è coevo alla inaugurazione (4 novembre 1737) del Real Teatro di San Carlo. Misteri della liuteria cremonese.