L’alfa e l’omega del Romanticismo
di Stefano Ceccarelli
L’Accademia Nazionale di Santa Ceciliapropone un eccellente concerto diretto da Myung-WhunChung, che dell’orchestra dell’Accademia è stato direttore stabile in passato. Chung dirige il Concerto in mi minore per violino e orchestra op. 64 di Felix Mendelssohn Bartholdy e la Sinfonia n. 6 in la maggiore di Anton Bruckner. Solista del concerto mendelssohniano è Leonidas Kavakos, una star del violino.
ROMA,18 febbraio 2022 –Il concerto che ha visto protagonisti Myung-Whun Chung e Leonidas Kavakos esplora due capolavori musicali che si pongono all’inizio e alla fine della parabola romantica: il Concerto per violino di Mendelssohn e la Sesta di Bruckner.
Il primo tempo vede l’esecuzione del Concerto per violino di Mendelssohn. Chung lascia cantare l’orchestra e lo strumento solista, impostando un’agogica limpida, equilibrata, attenta alla brillantezza dei passaggi della scrittura mendelssohniana; l’orchestra risponde come meglio non si potrebbe. Il solista, il greco LeonidasKavakos, padroneggia la parte magistralmente e intona uno dei più bei concerti per violino mai scritti sul suo Stradivari. Fin dall’Allegro molto appassionato (I), l’intesa fra orchestra, direttore e solista è eccellente. Kavakos sorvola con le morbide linee melodiche il tessuto orchestrale, leggendo con tenera dolcezza il tema principale, soffermandosi morbidamente sui filati e i vari passaggi; si abbandona, poi, a un misurato virtuosismo nella cadenza e, senza soluzione di continuità, attacca l’Andante (II). Qui il direttore imposta un’agogica larga, rarefacendo il suono orchestrale affinché il solista possa intonare con malinconica sensualità la parte del violino: il risultato è un impasto sonoro straordinario, dove Kavakos mette in luce le sue doti di fraseggiatore. L’ultimo movimento (Allegro molto vivace) è un tripudio di virtuosismo, esaltato da una scrittura luminosa nella parte dell’orchestra, puntellata dalle continue volate del violino. Dopo calorosi applausi, Kavakos regala al pubblico due bis: Recuerdos de la Alhambra di F. Tárrega (nell’arrangiamento per violino di R. Ricci) e la Gavotte en rondeau dalla Terza partita in mi maggiore BWV 1006 di Johann Sebastian Bach.
Nel secondo tempo Chung dirige la Sesta di Bruckner. Il direttore si abbandona alla solida robustezza della musica dell’austriaco, esaltando le campiture nette, robuste, della scrittura di Bruckner. Ciò avviene fin dal Maestoso, che procede quasi fosse un gigantesco corale dal sapore ecclesiastico. Chung sfrena l’orchestra quando necessario, badando alla nettezza dell’esecuzione dei singoli blocchi orchestrali. Il gesto di Chung si fa più posato, riflessivo, ma non meno solido nell’Adagio, che ondeggia nei volumi e si lascia andare a squarci di tenue melodiosità, rimescolati poi negli impasti orchestrali. Lo Scherzo si trasforma nelle mani di Bruckner in un movimento che ha del titanico, soprattutto nei passaggi in cui eruttano gli ottoni. Chung asseconda i sussulti improvvisi, che si placano di volta in volta in passaggi più arcadici, che mutano e trascolorano, però, nel giro di poche battute. L’arte di Bruckner consiste, in fin dei conti, proprio in questo: ragionare per blocchi, trascoloranti in passaggi cangianti, sempre su un volume che si amplia e si contrae, apparentemente senza fine. La tensione ritmico-agogica è vivissima e Chung non abbassa mai la guardia. La sinfonia si conclude con un movimento che non si lascia trascinare nel consueto turbinio di eccitazione orchestrale. Al contrario, Bruckner inanella una serie di climax che si ampliano e contraggono, creando una palpabile tensione ritmica che non riesce a sciogliersi pienamente. Chung dirige con raffinatezza questi passaggi, dosando i volumi e portando il movimento all’esplosione compatta e protratta delle ultime battute, che risolve finalmente il nodo ritmico. Gli applausi inondano la sala, ripagando una magistrale performance di direttore e orchestra.