Se a Ravenna c’è Rimini
di Francesco Lora
L’allestimento di Aroldo personalizzato sul Teatro Galli di Rimini passa, decontestualizzato, in altre tre città dell’Emilia-Romagna: la locandina musicale di Ravenna, Piacenza e Modena è nondimeno preferibile grazie a Luciano Ganci, Roberta Mantegna e Vladimir Stoyanov.
RAVENNA, 16 gennaio 2022 – Un teatro concepisce un nuovo allestimento scenico e – se non c’è stato prima un preciso accordo comune – lo passa poi come fatto compiuto agli altri teatri: la coproduzione è sì un efficace strumento economico, ma con aspetti a doppio taglio se non disciplinati a monte. Sul finire dell’agosto scorso il Teatro Galli di Rimini ha accolto Aroldo di Giuseppe Verdi, ossia la rarissima opera, rifacimento di Stiffelio, con la quale era stato inaugurato nel 1857: il simbolo è evidente a proposito di quell’edificio devastato da un bombardamento nel 1943, ricostruito lungo un percorso tormentato e restituito ad attività regolare non prima del 2018. Il punto è che il relativo allestimento scenico, inevitabilmente nuovo, è consistito in una lettura assai personalizzata: in essa la traballante drammaturgia originale dell’opera, banalizzazione di quella di Stiffelio, è stata rimodellata in modo tale da farne una memoria delle guerre coloniali italiane, del secondo conflitto mondiale, del declinante regime fascista e insomma del contesto nel quale il teatro riminese finì poi sotto le bombe. Bisogna intendersi: tale operazione di riscrittura teatrale è stata condotta senza lesinare in audacia e senza alterare la musica, grazie al sottile, astuto, dotto lavoro registico di Emilio Sala ed Edoardo Sanchi, i quali, nel resto delle loro carriere, sono rispettivamente un musicologo insigne e un esperto scenografo. Fa strano, però, che allo scoccare del 2022 quello stesso allestimento, completato dai movimenti scenici di Isa Traversi, dalle scene di Giulia Bruschi, dai costumi di Raffaella Girardi ed Elisa Serpilli, dalle luci di Nevio Cavina e dai video di Matteo Castiglioni, lo si ritrovi pressoché tal quale, a raccontare di Rimini e del suo teatro, in altri tre teatri della regione: non solo il romagnolo e piuttosto vicino Alighieri di Ravenna, il 14 e 16 gennaio, ma anche, dal 21 al 30, gli emiliani e ormai distanti Municipale di Piacenza e Comunale di Modena.
Nel ricevere una lettura teatrale sbilanciata, nondimeno, Ravenna, Piacenza e Modena l’hanno cantata a Rimini con una locandina musicale ampiamente ripensata e nel complesso migliorata, a partire dalle tre parti principali. Si ammira il tenore Luciano Ganci, come protagonista, per l’intelligenza del porgere, l’incisività dell’accento, la rotondità dell’emissione e la prontezza dello squillo: era stato lui a interpretare la parte eponima nel memorabile Stiffelio con regìa di Graham Vick, a Parma, nel 2017, ed è un privilegio di orecchi e neuroni confrontare ora quella prova col corrispondente eppure tanto diverso personaggio di Aroldo. Si ammira anche il soprano Roberta Mantegna, che, con quel suo singolare calibro da soprano leggero prestato senza problemi di resistenza a una galleria di onerose parti verdiane, ne trova in Mina una particolarmente acconcia. Si ammira infine il baritono Vladimir Stoyanov, che come i due colleghi fa parte di quella nobile schiera di artisti disposti a studiare una partitura, quasi mai eseguita e d’improbabile ripresa, per il gusto di meglio conoscere e divulgare l’enciclopedia operistica di Verdi: nel caso specifico, il suo Egberto, così vellutato nel canto e così abrasivo nella parola, è da manuale. Il basso Adriano Gramigni, come solido Briano registicamente trasformato in «ascaro di fede copta», è l’unico cantante passato uguale dal cartellone riminese a quelli successivi, mentre i tenori Riccardo Rados e Giovanni Dragano rilevano l’uno la parte caratteristica di Godvino e l’altro quella comprimaria di Enrico. Dalla Romagna all’Emilia, e in particolare nella recita ravennate qui recensita, la direzione è invece rimasta quella di Manlio Benzi, non rivelatoriamente geniale – in una partitura che conterrebbe già mature risorse verdiane da avvalorare – e tuttavia accurata, impegnata, appassionata. Buona la grana tecnica dell’Orchestra giovanile “Luigi Cherubini”, mentre un tantino a disagio il Coro del Municipale di Piacenza.