La voce di Domitilla
di Fabiana Crepaldi
Da Rio a San Paolo, Domitila del compositore brasiliano João Guilherme Ripper ripercorre la relazione fra l'imperatore Dom Pedro I e la sua amante Domitila de Castro Canto e Melo. Ne è splendida interprete il soprano Gabriella Pace.
San Paolo (Brasile) 13 settembre 2022 - Domitila: una storia di duecento anni fa iniziata poche settimane prima che il Brasile dichiarasse la sua indipendenza dal Portogallo, quando Dom Pedro I, allora imperatore, e Domitila de Castro Canto e Melo si incontrarono a San Paolo e divennero amanti. Pedro era sposato e non era affatto fedele alla moglie; Domitila, dal canto suo, si stava separando da un marito violento e alcolizzato, che l'aveva aggredita fisicamente in più occasioni. Da questa relazione nacquero tre figli e le lettere scritte da Pedro e conservate da Domitila. Lo scorso 7 settembre ha segnato il bicentenario dell'indipendenza del Brasile. Diviso, il Paese non è stato in grado di promuovere un sentimento nazionale condiviso da tutti, brasiliani e non tifosi di parte. In questo modo, i pochi eventi che sono riusciti a trascendere le differenze politiche e a celebrare veramente la storia del Brasile hanno avuto un grande valore. Tra questi ci sono gli allestimenti dell'opera Domitila del compositore brasiliano João Guilherme Ripper, i cui personaggi e il cui tempo sono fusi con quelli dell'Indipendenza.
Oltre ai personaggi storici, l'opera Domitila ha un altro legame con le feste nazionali: nasce nel 2000, in commemorazione del 500° anniversario della scoperta del Brasile da parte dei portoghesi. A quel tempo, il Centro Culturale Banco do Brasil di Rio de Janeiro affidò il progetto Palavras Brasileiras al regista André Heller-Lopes, che invitò alcuni compositori a creare cicli vocali da documenti storici. Uno di questi compositori era Ripper, incaricato della corrispondenza tra Dom Pedro I e Domitilla. Così, attraverso i suoi personaggi, l'opera è legata alla fase finale della colonizzazione del Brasile da parte del Portogallo e la sua creazione la lega anche al quadro iniziale.
Il 7 settembre due produzioni dell'opera sono state presentate contemporaneamente in due città. A Santos, presso il Museo del Caffè, il cui edificio fu eretto cento anni fa in commemorazione del centenario dell'indipendenza, per ospitare il Bolsa do Café,dove il ruolo principale spettava al soprano Maria Sole Gallevi. A Rio de Janeiro, la città dove Pedro e Domitila vissero i loro amori, è stata Gabriella Pace, sotto la direzione musicale dello stesso compositore e Heller-Lopes, il padrino dell'opera, a impersonare Domitila sulla bella scalinata del Teatro Municipale Fortunatamente, la produzione di Heller-Lopes e Pace non ha tardato a raggiungere le scale del Municipal de São Paulo, dove è stata presentata la sera del 13 settembre.
L'opera non è una lezione di storia, né racconta direttamente e linearmente una storia d'amore. Si riduce, come giustamente definito da Ripper, “al viaggio interiore del personaggio verso il cuore delle sue passioni”. È un monologo, in cui Domitila, fin dall'inizio, rivive la sua storia d'amore con Dom Pedro, da poco conclusa, attraverso la lettura di brani delle lettere che le ha inviato. Alcune lettere vengono lette per intero; in altri casi solo una parte; altre ancora, solo l'inizio e la fine; dopotutto, a volte le basta ricordare che la chiamava "Figlia mia, mia cara", o "Mia cara del mio cuore" [“Minha filha, minha caro”, o “Minha querida do meu coração”], o che la lettera fosse firmata "Fogo, Foguinho".
Se Domitilla ha conservato tutte le lettere dell'imperatore, da Domitilla a Pedro ce n'è una sola che è giunta a noi, ed è con essa che finisce l'opera. A parte quella lettera, nei pochi istanti in cui il testo non nasce dalla corrispondenza tra i due - come è il caso della bella aria “Diga em quantas linhas te enredaste ante me reveal”, uno dei momenti più drammatici del testo - è stato scritto dallo stesso Ripper.
Dall'opera si sa poco della storia di entrambi: attraverso le lettere si racconta solo che lui era l'imperatore e che la relazione, durata sette anni, attraversò un momento iniziale in cui Pedro scrisse appassionatamente, quando firmava con i nomi come "il diavolo" o Demonão, "Fogo, Foguinho". Col tempo sono arrivati momenti di crisi e, infine, è arrivata la separazione. “Ti amo e amo ancora di più la mia reputazione”, [“Eu te amo e mais amo minha reputação”] Pedro scrisse anche in una delle sue lettere. E quella reputazione finì per costringerlo a prendere le distanze da Domitila e a rimandarla a San Paolo, lontano da Rio de Janeiro.
Giunta a San Paolo, già con il titolo di Marchesa di Santos (sebbene non abbia mai avuto rapporti con la città di Santos) e con buona fortuna, Domitila sposò il brigadiere Rafael Tobias de Aguiar. Se a Rio de Janeiro la sua fama era di cortigiana, a San Paolo finì per guadagnarsi quella di santa caritatevole. Nell'opera di Ripper, Domitilla non è né l'una né l'altra: è una donna che si sottomette a un uomo potente, che sa di mentire, ma una donna forte, che sente, che ama, che ripercorre attivamente il suo passato ed esce a testa alta. Ripper non canonizza né condanna Domitilla, le dà solo una voce, e questa voce si rivela giustamente intrecciata alle righe scritte da Pedro. Domitila si esprime principalmente attraverso Pedro e Pedro diventa un personaggio attraverso la voce di Domitila.
Per pianoforte, violoncello e clarinetto, la musica di Ripper ha i suoi momenti di ironia, umorismo (soprattutto nella linea del clarinetto, che ha avuto risalto con l'interpretazione di Ovair Buosi), ostilità, ma è prevalentemente sensibile, poetica, come dimostrano il violoncello di Rafael Cesario e il pianoforte di Luisa Aquino. Benché vi siano momenti tonali, non si può dire che la prima parte lo sia perfettamente, anzi l'armonia mutta nettamente, a seconda del tono delle corrispondenze. L'universo ritmico è popolato da ritmi che hanno scosso la musica brasiliana del XIX e dell'inizio del XX secolo, sia di origine africana sia europea, con cambiamenti ritmici costanti e tutt'altro che semplici.
A San Pablo, come già accennato, la presentazione si è svolta nell'atrio del Teatro Comunale, sui gradini. Il lato positivo era che, come spiegherò più avanti, le scale erano molto buone come sfondo. Sul lato negativo, alcuni rumori esterni e qualche riverbero hanno reso alquanto difficile la comprensione del testo. Inoltre, lo spazio disponibile per i posti a sedere era piccolo e, con una sola rappresentazione, i biglietti sono andati esauriti rapidamente; sebbene San Paolo abbia un vasto pubblico d'opera, è passato molto tempo da quando abbiamo avuto l'opportunità di ascoltare Gabriella Pace qui, un gioiello del canto lirico di locale.
Domitila rilegge le lettere di Pedro sullo scalone principale, sullo sfondo muse luminose e una coppia di ninfe e un satiro, simbolo delle feste dionisiache, della nascita del teatro, della musica e della danza, anche dei cicli della vita, il fertile inizio e la fine, l'ebbrezza. Intanto le ninfe e il satiro fissavano il loro sguardo malizioso su Domitilla, ma quello sguardo sembrava più presente quando, alla fine di una lettera, legge "Firmato: il Demone!" [“Assinado: o Demonão!”].
Bellezza e delicatezza definiscono l'ambientazione e la messa in scena. Oltre al "palcoscenico" naturale del teatro, le luci lilla creano l'atmosfera. Un tappeto di fiori, che è stato arrotolato in cima alle scale all'inizio dell'opera, è stato steso dalla stessa Pace sul tappeto rosso delle scale nella lettera, "La rosa che ti offro accetta come pegno / Della più sincera amicizia / E dell'amore più perfetto".
Nella concezione di Heller-Lopes, è dalla cima delle scale che Pace emerge come Domitila, spargendo alcune carte nelle sue mani. Fu anche lì che la marchesa di Santos lasciò la scena, dopo essere stata congedata dall'imperatore. Per quasi cinquanta minuti dell'opera, Pace si è esibita sulle scale. Su e giù per quella rampa che conferisce sfarzo, prestigio, ma che offre pericolo, instabilità, dove ogni passo falso può significare caduta e rovina. Su quella scala ripida, dove non è comodo sdraiarsi, si è stesa sui fiori che Pedro le aveva mandato. Sulla scala più lontana, in fondo, il lundu canta: “Distanza, brama, bugie / Promesse che non ho mai creduto” [“Distância, saudade, bugie / Promessas che non ho mai accreditato”]. In quel momento, il riverbero dell'ambiente era un alleato. Con una postura drammatica, concentrata e totalmente immedesimata, Pace ha aggiunto profondità al personaggio.
I cambiamenti di ritmo e registro, tutti magnificamente realizzati da Pace, hanno permeato il canto. A volte, come nella seconda lettera e nella seconda parte, quando il rapporto è già in declino, la quantità la desnità di ogni battuta è immensa, e Pace ha fatto bene, anche contro il riverbero crudele, nel compito di articolare il torrente di sillabe. Il suo canto era sempre sicuro e la sua voce nel tempo si è fatta più corposa, ma gli acuti sono ancora nitidi e luminosi.
Con grande dizione, Pace ha reso il testo ampiamente comprensibile, almeno a qualcuno che, come me, lo conosceva già (ben diverso dal conoscerlo davvero a memoria). Gli amici con cui ho parlato si sono lamentati della mancanza di sottotitoli o di un libretto stampato. Da un lato, questa difficoltà di comprensione del testo cantato è normale, soprattutto quando il canto è più acuto, soprattutto con riverbero, ma è anche un riflesso della nostra abitudine ai sottotitoli, che sta generando una perdita di capacità di comprensione un testo cantato senza l'aiuto della lettura.
La sfida di Pace, però, è andata oltre la qualità scenica e musicale: come in ogni monologo, era necessario quel carisma capace di mantenere l'attenzione del pubblico durante tutto lo spettacolo. E lo ha fatto: per 50 minuti tutti gli occhi e le orecchie erano attaccati a lei. Parlando per me, i miei pensieri vagavano mentre mi chiedevo: perché non compare più spesso, in ruoli importanti, nei due teatri di San Paolo? Senza dubbio, è più che degna di apparire in quei teatri.
Non posso finire questo testo senza menzionare che è stata la prima volta quest'anno che ho lasciato il Teatro Municipale di San Paolo pienamente soddisfatta dauno spettacolo. Coincidenza o meno, questo è successo proprio in una produzione che non ha avuto origine nel teatro di San Paolo, ma vi è giunta per una sola sera.
La voz de Domitila
por Fabiana Crepaldi
Septiembre 13, 2022. Domitila: una historia de doscientos años que comenzó pocas semanas antes de que Brasil declarara su independencia de Portugal, cuando Dom Pedro I, entonces emperador, y Domitila de Castro Canto e Melo se conocieron en San Paulo y se hicieron amantes. Pedro estaba casado y no era nada fiel a su esposa; Domitila, por su parte, se separaba de un marido violento y alcohólico, que la había agredido físicamente en varias ocasiones. De esta relación nacieron tres hijos y las cartas escritas por Pedro y conservadas por Domitila. El pasado 7 de septiembre marcó el bicentenario de la independencia de Brasil. Dividido, el país no fue capaz de promover un partido nacional para todos, donde todos se considerarán brasileños y no fanáticos partidistas. De esta manera, los pocos eventos que lograron trascender las diferencias políticas y realmente celebrar la historia de Brasil fueron de gran valor. Entre ellos se encuentran montajes de la ópera Domitila, del compositor brasileño João Guilherme Ripper, que recorre esta historia cuyos personajes y tiempo se confunden con los de la Independencia.
Además de los personajes históricos, la ópera Domitila tiene otro vínculo con las festividades nacionales: nació en el 2000, en conmemoración del 500 aniversario del descubrimiento de Brasil por los portugueses. En esa época, el Centro Cultural Banco do Brasil de Río de Janeiro encomendó el proyecto Palavras Brasileiras al director escénico André Heller-Lopes, quien invitó a algunos compositores a crear ciclos de canciones a partir de documentos históricos. Uno de estos compositores fue Ripper, quien se encargó de la correspondencia entre D. Pedro I y Domitila. Así, a través de sus personajes la ópera se vincula a la marca final de la colonización de Brasil por Portugal, su creación también la vincula al marco inicial.
El 7 de septiembre se presentaron simultáneamente dos producciones de la ópera en dos ciudades. En Santos, en el Museo del Café, cuyo edificio fue erigido hace cien años, en conmemoración del centenario de la independencia, para albergar la Bolsa do Café, el papel principal recayó en la soprano Maria Sole Gallevi. En Río de Janeiro, la ciudad donde Pedro y Domitila vivieron sus amores, fue Gabriella Pace, bajo la dirección musical del propio compositor y Heller-Lopes, el padrino de la obra, quien vivió Domitila en la hermosa escalinata del Theatro Municipal. en Río. Afortunadamente, la producción de Heller-Lopes y Pace no tardó en llegar también a las escaleras del Municipal de São Paulo, donde se presentó la noche del pasado 13 de septiembre.
La ópera no es una lección de historia, ni cuenta de manera directa y lineal una historia de amor. Se reduce, como acertadamente definió Ripper en la serie, “al viaje interior del personaje hacia el corazón de sus pasiones”. Se trata de un monólogo, en el que Domitila, desde el principio, revive su romance recién terminado con D. Pedro a través de la lectura de extractos de las cartas que este le envió. Algunas cartas las lee completas; en otros casos, sólo una parte; de otro grupo, solo el principio y el final; después de todo, a veces le basta recordar que lo llamaban "Mi hija, mi querida", o "Mi querida de mi corazón" [“Minha filha, minha querida”, ou “Minha querida do meu coração”], o que la carta estaba firmada " Fogo, Foguinho”.
Si Domitila conservó todas las cartas del Emperador, de Domitila a Pedro, sólo hay una, de cuando ya habían terminado, nos ha llegado, y es con ella que termina la ópera. Aparte de esa carta, en los pocos momentos en que el texto no proviene de la correspondencia entre ambos, como es el caso de la bella aria “Di cuántos versos te enredaste antes de desvelarme” [“Diga em quantas linhas te enredaste antes de me revelar”], uno de los momentos más dramáticos de la obra, fue escrita por el propio Ripper.
A través de la ópera poco se sabe de la historia de ambos: a través de las cartas sólo se informa que fue el emperador y que la relación, que duró siete años, pasó por un momento inicial en el que Pedro escribía apasionadamente, cuando firmó con nombres como “el Diablo” o Demonão, “Fogo, Foguinho”. Con el tiempo, llegaron momentos de crisis y, finalmente, llegó la separación. “Te amo y amo aún más mi reputación”, [“Eu te amo e mais amo minha reputação”] incluso escribió Pedro en una de sus cartas. Y esa reputación lo terminó obligando a alejarse de Domitila y a enviarla de regreso a San Pablo, lejos de Río de Janeiro.
Una vez en San Paulo, ya con el título de marquesa de Santos (aunque nunca tuvo relación alguna con la ciudad de Santos) y con buena fortuna, Domitila se casó con el brigadier Rafael Tobias de Aguiar. Si en Río de Janeiro su fama fue de cortesana, en San Pablo acabó ganando la de santa y caritativa. En la ópera de Ripper, Domitila no es ni una ni otra: es una mujer que se somete a un hombre poderoso, que sabe que miente, pero una mujer fuerte, que siente, que ama, que revive activamente su pasado y sale con la cabeza erguida. Ripper ni canoniza ni condena a Domitila, sólo le da una voz, y esta voz se revela justamente enredada por las líneas trazadas por Pedro. Domitila se expresa principalmente a través de Pedro y éste se convierte en personaje a través de la voz de Domitila.
Para piano, violonchelo y clarinete, la música de Ripper tiene sus momentos de ironía, humor (especialmente en la línea del clarinete, que ganó protagonismo con la interpretación de Ovair Buosi), hostilidad, pero es predominantemente sensible, poética, como lo demostraron el violonchelo de Rafael Cesario y el piano de Luisa Aquino. Aunque hay momentos de tonalidad, no se puede decir que la primera parte sea perfectamente tonal, sino que la armonía se vuelve claramente más árida, según el tono de las correspondencias. El universo rítmico está poblado por ritmos que sacudieron la música brasileña en el siglo XIX y principios del XX, ya sea de origen africano o europeo, con cambios rítmicos constantes y nada simples.
En San Pablo, como ya se mencionó, la presentación tuvo lugar en el vestíbulo del Teatro Municipal, en las escalinatas. El punto positivo fue que, como explicaré más adelante, las escaleras quedaron muy bien como telón de fondo. En el lado negativo, algunos ruidos externos y cierta reverberación dificultaron hasta cierto punto la comprensión del texto. Además, el espacio disponible para colocar sillas era pequeño y con una sola función, las entradas se agotaron rápidamente, y aunque San Pablo cuenta con un numeroso público de ópera, hacía mucho tiempo que no teníamos la oportunidad de escuchar aquí a Gabriella Pace, una joya del canto lírico paulista.
Domitila releyó las cartas de Pedro en la escalera principal, entre las musas que iluminaban, al fondo, y con una pareja de ninfas y un sátiro al fondo, simbolizando las fiestas dionisiacas, el nacimiento del teatro, la música y la danza -también los ciclos de vida, el principio fértil y el final, embriaguez. Mientras tanto, las ninfas y el sátiro lanzaban su mirada traviesa sobre Domitila, pero esa mirada parecía más presente cuando, al final de una carta, ella leyó "¡Firmado: el Demonio!" [“Assinado: o Demonão!”]
Belleza y delicadeza definen la ambientación y la puesta en escena. Además del “escenario” natural del teatro, las luces lilas marcaron la pauta. Una alfombra de flores, que al comienzo de la ópera estaba enrollada en lo alto de las escaleras, fue extendida por la propia Pace sobre la alfombra roja de las escaleras. En la carta, “La rosa que te ofrezco acepta como prenda / De la amistad más sincera / Y del amor más perfecto”. [“A rosa que te ofereço aceita em penhor / Da amizade a mais sincera / E do mais perfeito amor.”]
En la concepción de Heller-Lopes, fue desde lo alto de las escaleras que Pace emergió como Domitila, esparciendo algunas cartas que tenía en sus manos. Fue también encima que la Marquesa de Santos abandonó la escena, tras ser destituida por el Emperador. Durante los casi cincuenta minutos de la ópera, Pace actuó en las escaleras. Subió y bajó esa escalera que confería pompa, prestigio, pero que ofrecía peligro, inestabilidad, donde cualquier paso en falso podria significar caída y ruina. En esa empinada escalera, donde no es cómodo acostarse, se acostó sobre las flores enviadas por Pedro. En la escalera más lejana, al fondo, cantaba el lundu: “Distancia, añoranza, mentiras / Promesas que nunca creí” [“Distância, saudade, mentiras / Promessas que nunca acreditei”]. En ese momento, la reverberación del ambiente fue un aliado. Con una postura dramática, concentrada, totalmente entregada, Pace añadió profundidad al personaje.
Los cambios de ritmo y registro, todos ellos bellamente elaborados por Pace, impregnaron el canto. Por momentos, como en la segunda carta y en la segunda parte, cuando la relación ya estaba en decadencia, la cantidad de texto por compás es inmensa, y Pace lo hizo bien, incluso con la cruel reverberación, en la tarea de articular el torrente de sílabas. Su canto fue siempre seguro y su voz se ha engrosado con el tiempo, pero los agudos siguen siendo nítidos y brillantes.
Con una gran dicción, Pace hizo que el texto fuera ampliamente comprensible, al menos para alguien que, como yo, ya conocía el libreto (que es muy diferente a saberlo de memoria). Amigos con los que conversé se quejaron de la falta de subtítulos o un libreto impreso. Por un lado, esta dificultad para comprender el texto cantado es normal, sobre todo cuando el verso está en las partes agudas, sobre todo con la reverberación, pero también es un reflejo de nuestra comodidad por los subtítulos, que está generando una pérdida de capacidad de comprender un texto cantado sin ayuda de la lectura.
El desafío de Pace, sin embargo, iba más allá de la calidad escénica y musical: como en todo monólogo, era necesario ese carisma capaz de mantener la atención del público durante todo el espectáculo. Y lo hizo: durante 50 minutos todos los ojos y oídos estuvieron pegados a ella. Hablando por mí, mis pensamientos vagaban mientras me preguntaba: ¿por qué ella no aparece más a menudo, en papeles importantes, en los dos teatros de San Pablo? Sin duda, ella es más que digna de subir las escalinatas y de presentarse en esas salas de espectáculos.
No puedo terminar este texto sin mencionar que fue la primera vez este año que salí del Teatro Municipal de São Paulo plenamente satisfecha con un espectáculo. Coincidencia o no, esto sucedió precisamente en una producción que no se originó en el teatro paulista, sino por lo que pasó en una sola noche.