Matrimonio a New York ork
di Giuseppe Guggino
Al Massimo di Palermo approda da Tenerife un simpatico Matrimonio segreto per la regia di Roberto Catalano. Fra i solisti si segnala la classe del Conte Robinson di Omar Montanari e la freschezza dei mezzi di Veronica Marini nei panni di Carolina.
Palermo, 30 settembre 2022 - Nato per l’Opera di Tenerife e coprodotto anche dal Massimo di Palermo, questo simpatico allestimento del Matrimonio segreto di Cimarosa con la regia di Roberto Catalano sgombra il campo da parrucche e cipria settecentesca e trasferisce l’azione in una Ney York in pieno boom economico, popolata da avventori in continuo andirivieni, trovata che consente di impiegare acneh il Corpo di ballo residente, col neo-direttore Jean-Sébastien Colau a siglare i movimenti coreografici.
L’impianto scenico molto elegante di Emanuele Sinisi suggerisce l’ambientazione newyorkese con la presenza di alcuni grattacieli sulla sinistra, mentre la destra della scena è costituita dal’interno della pasticceria “Geronimo & co.”, il cui design strizza l’occhio alle gioiellerie Tiffany. Al pattern cromatico che oscilla fra il rosa e il celeste si intonano anche i costumi di Ilaria Ariemme e il disegno luci di Fiammetta Baldisseri.
Il gioco di squadra che la regia riesce a imprimere funziona da traino per l’intera compagnia, sicché i fratelli Geronimo e Fidalma, alias Vincenzo Taormina e Marianna Pizzolato, ammiccano con verve e rendono irresistibili i rispettivi personaggi nella loro realizzazione caricaturale. Punta tutto sulla presenza scenica anche Anna Maria Sarra quale Elisetta, mentre l’emissione rigida del Paolino di Giorgio Misseri, stentoreo persino nei recitativi, sarebbe ragione sufficiente per indurre Carolina al matrimonio col Conte Robinson, specie se ad interpretarlo vi si ritrova la classe di Omar Montanari, sempre vocalmente ben a fuoco anche nel grave (dove mostra però una minore ampiezza) e mai sopra le righe, pur ben calato nel disegno registico di insieme. Ma l’interessantissima Carolina di Veronica Marini, dal timbro molto piacevole che tende appena appena a farsi più acidulo nel registro acuto, a fine dell’opera, non compie l’auspicabile atto di insubordinazione.
E dire che non sarebbe stato il primo della serata, sotto la bacchetta del giovanissimo Davide Levi. Le note biografiche dicono di lui che è elogiato per il suo talento e il suo senso teatrale, e sarà certamente così, ma prudenza dovrebbe sconsigliargli una simile presentazione, se non altro per le serate – come questa – nelle quali il senso teatrale può capitare di dimenticarlo in camerino; inutile rintracciare brio o leggerezza nella concertazione, tutta articolata su scelte agogiche letargiche di nocumento alla drammaturgia musicale, che non si giova più di tanto neanche del taglio di due numeri nel secondo atto (il terzetto Fidalma-Elisetta-Geronimo e il duetto che precede il finale secondo).
L’indisciplinata Orchestra del Teatro Massimo, responsabile di innumerevoli scollamenti al suo interno e fra buca e scena durante il corso di tutta la serata, a fronte di una prestazione all’insegna del disarmo più totale che segue altre recenti prove altamente discontinue, ci si augura possa registrare presto un rimotivante sussulto di orgoglio.