L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il ritorno di mammà

di Antonino Trotta

In chiusura di stagione, il Teatro Coccia di Novara riprende Le convenienze e inconvenienze teatrali con la regia di Renato Bonajuto e la direzione di Giovanni Di Stefano: il cast ben assortito e l’ottimo lavoro delle parti nella costruzione dello spettacolo assicurano una bella serata di cui purtroppo pochi novaresi hanno goduto.

Novara, 13 novembre 2022 – Si torna sempre dove si è stati bene, o quantomeno a rivedere quegli spettacoli che tali ci hanno fatto sentire: questa produzione di Le convenienze e le inconvenienze teatrali s’era già recensita al suo esordio al Municipale di Piacenza e ora, a distanza di un anno dal debutto, la ritroviamo in chiusura della stagione del Teatro Coccia di Novara sì parzialmente rinnovata nel cast, ma praticamente intonsa nella sua freschezza e nella sua sapida ironia.

Stavolta l’ingombrante protagonista e diva assoluta dell’opera è affidata a Simone Alberghini che nel ruolo di Mamma Agata giganteggia tanto per carisma scenico quanto per musicalità: sarebbe di fatto un grave torto al cantante il solo soffermarsi sulla magnetica carica teatrale che la sua costruzione del personaggio emana, sull’istrionismo con cui la sua recitazione s’articola in un tourbillon di mutevoli accenti, senza far riferimento alla qualità dello strumento, alla tenuta vocale o alla sapiente arte del canto sfoggiata, ed esempio, nella magnifica sortita. Paolo Ingrasciotta è una felicissima scoperta: con voce rotonda, timbrata in tutta la gamma, brillante e ben emessa, sa ritrarre alla perfezione il dicotomico personaggio di Procolo, ponendolo perfettamente in bilico tra la conveniente sottomissione e la viscerale smania di protagonismo. Didier Pieri, nei panni di Guglielmo, conferma invece la nobiltà della linea e la classe nel porgere già ammirate in altri contesti. I capricci e i ghiribizzi della primadonna scritturata trovano il giusto sfogo negli insolenti acuti con cui Carolina Lippo correda la pepata parte di Corilla. Con timbro luminoso, voce appuntita e agilità ben sgranate, il soprano tarantino sa poi ben rendere onore alla temibile aria di baule tratta dalla donizettiana Linda di Chamonix, nel II atto. Leonora Tess, Luigia, si lascia apprezzare nel terzetto del Don Pasquale e ben fa anche Lorrie Garcia, Dorotea. Rincontriamo infine l’aitante Biscroma Strappaviscere di Andrea Vincenzo Bonsignore, lo scoppiettante Prospero Salsapariglia di Stefano Marchisio, l’ammiccante Impresario di Dario Giorgelè e l’Ispettore del Teatro di Juliusz Loranzi. Buona la prova del Coro del Teatro Coccia istruito dal maestro Yirui Weng e assai valida quella del corpo di ballo Romae Capital Ballet su coreografie di Riccardo Buscarini riprese da Giuliano De Luca.

Lo regia confezionata da Renato Bonajuto – con le bellissime scenografie di Danilo Coppola, i costumi di Artemio Cabassi e le luci di Ivan Pastrovicchio – dimostra anche alla ripresa un’innegabile presa sul pubblico: pur strizzando l’occhio al lessico più godereccio della commedia all’italiana, lo spettacolo nel complesso sa preservare quella misura di fondo che evita all’opera buffa di trasformarsi in opera ridicolo. Poi qui, non è cosa da poco, c’è pure la drammaturgia manomessa dall’affilatissima penna del critico Alberto Mattioli: così, tra citazioni graffianti e stoccate in punta di fioretto si ride e si sorride su vizzi e vezzi del teatro odierno.

In buca, alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana, Giovanni Di Stefano concerta l’opera con accattivante vivacità, garantendo al palcoscenico, al netto di qualche momento in cui il suono ci è parso ora più invasivo – complice, forse, l’acustica del Coccia piuttosto diversa da quella del Municipale di Piacenza – il sostegno e la libertà necessarie.

Dispiace allora vedere una platea mezza vuota: questa produzione avrebbe meritato ben altra accoglienza.


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