Il debutto della Cambiale
L'opera dell'esordio teatrale di Rossini viene presentata per la prima volta nell'edizione critica curata da Eleonora Di Cintio nella tournée del Rof alla Royal Opera House di Muscat, in Oman. Con il felice allestimento per la regia di Laurence Dale, la partitura è pienamente valorizzata dall'ottima concertazione di Alessandro Bonato.
Mascate (Oman), Homage to the Swan of Pesaro, 25/11/2022
Mascate (Oman), Viaggio musicale in Oman
Mascate (Oman), 24 e 26 novembre 2022 - Quarta e penultima tappa del progetto che sta portando in Oman da Pesaro le cinque farse veneziane di Rossini (il ciclo si concluderà nel 2023 con Il signor Bruschino, ma non è detto che non ci saranno seguiti), La cambiale di matrimonio sembra un titolo particolarmente adatto a toccare una sensibilità attualissima nel nostro contesto, un incontro di culture che si confrontano sul tema della quotidianità nelle relazioni familiari, scelte matrimoniali, nelle abitudini e nella “decenza” diversamente percepita (basti pensare a Slook che si stupisce “come! Non s'usa le donne qui abbracciar?” mentre in patria “Sì, si bacia, sì, s'abbraccia, né s'offende l'onestà”, concludendo poi rispettoso “Sicché dunque istruitemi: non voglio far cattive figure”). Il lieto fine suggella il proficuo incontro sulla scena, ma così è anche nel dialogo che si instaura intorno all'opera, per esempio negli incontri condotti dal musicologo Daniele Carnini con gli studenti universitari omaniti, fra cui una significativa percentuale di ragazze (almeno la metà!) che intervengono con domande puntuali e stimolanti anche sulla società rappresentata nell'opera.
Non è, però, solo una pura e semplice tournée, per quanto importante: già da anni il Rossini Opera Festival ha attivato iniziative di scambio che hanno compreso, per esempio, l'ospitalità di tecnici omaniti per entrare in contatto diretto con l'esperienza dei laboratori pesaresi. Quest'anno, addirittura, la prima è un vero e proprio evento musicologico, trattandosi del debutto assoluto dell'opera in edizione critica, cosa che non era mai avvenuta in una trasferta lontano dalla sede storica del festival. Eleonora Di Cintio, per la Fondazione Rossini, ha dovuto cimentarsi con un'impresa tutt'altro che semplice, dato che della Cambiale non è nota una partitura autografa, ma si è comunque potuto individuare a Vienna come testo di riferimento una copia fedele e completa del più antico testimone (purtroppo mutilo) custodito attualmente a New York. Come Slook “dall'America in Europa”, come il Rof da Pesaro a Mascate, anche la partitura su carta ha viaggiato parecchio, mentre la tradizione consolidava una serie di piccoli tagli o di indicazioni d'articolazione, dinamica e agogica che le fonti più attendibili eliminano o modificano. Eccezion fatta per il duettino “Tornami a dir che m'ami”, che a questo punto può perdere l'usuale diminutivo e dirsi a tutti gli effetti duetto, si potrà affermare che l'opera non cambi molto: poche battute in più qua e là, dettagli esecutivi da musicisti. Sì, si potrà anche dire, ma non è così se a dar vita al testo scritto si mettono le persone giuste, persone che sappiano leggere e capire il lavoro della musicologa e il senso del dettaglio, che sappiano metterlo in pratica nella sua anima teatrale. A sei anni dal suo debutto assoluto proprio in questo teatro con una produzione AsLiCo per bambini del Flauto magico, Alessandro Bonato è l'uomo giusto al posto giusto. Il suo non è un Rossini epidermico, alla moda, che travolge e stordisce con la velocità: è un Rossini che ha il coraggio di non correre e di cercare il moto, la teatralità, la tensione e il carattere nell'accento, nel fraseggio, nell'articolazione e nelle dinamiche. Un Rossini che ha il coraggio di mettere da parte gli scatti d'effetto della tradizione e di cercare il senso solo di quelle indicazioni agogiche che derivano dalle note esplicite dell'autore e dalle esigenze implicite della scrittura. Così, per esempio si gode di un'orchestrazione che, pur nella semplicità dell'organico, è già all'esordio teatrale di Rossini mostra la sensibilità per raffinati impasti timbrici e suggestivi accostamenti di fiati, che la Sinfonica G. Rossini restituisce assai bene rispondendo a ogni sollecitazione del podio. L'orchestra è parte attiva dell'azione e la direzione di Bonato, attentissima alle ragioni del canto e del teatro, fa sì che la parola scenica, con i sostanziali sottintesi della commedia, abbia tutto il respiro che le conviene e, infine, una pregnanza e un ritmo tali da mettere in luce il vero pregio dell'edizione critica. In buona sostanza, prima d'oggi era facile pensare alla Cambiale di matrimonio come un vivacissimo biglietto da visita per un compositore esordiente, ma anche, col senno di poi, ancora un tantino sbrigativo e schematico. Tutt'altro: ora vediamo la miniatura del genio che fra qualche anno si espanderà nello spazio del Barbiere di Siviglia o della Pietra del paragone, dell'Italiana in Algeri o del Turco in Italia. Si vede benissimo nella resa delle scene di insieme, che non sono sequenze di sezioni musicali, ma ben sviluppati meccanismi drammaturgici, come anche nella cura qui prestata ai recitativi, nel loro gioco di citazioni (difficile individuare tutti gli easter eggs anche microscopici, da “Se vuol ballare” a “Largo al factotum”, da “Deh vieni alla finestra” a “Udite tutti, udite”, “Senza, senza cerimonie” o “Se è vero che in casa”) e nel giusto peso conferito dalla presenza del violoncello di Francesca Gaddi con il cembalo di Claudia Foresi.
Il valore della concertazione si misura poi anche nel rapporto fra tutti gli elementi e le rispettive caratteristiche, specie quando si può contare un cast per la maggior parte giovane, pur con diversi livelli d'esperienza, e la presenza di un veterano come Alfonso Antoniozzi, che tuttavia era al debutto come Tobia Mill. Fra tutti, ma senza squilibrare l'assieme, spicca l'ottimo Slook di Davide Luciano, che si beve la parte come un bicchier d'acqua, con una scioltezza di canto e recitazione da autentico fuoriclasse. Esuberante quanto la parte richiede, mai gigione fuori le righe, sempre chiarissimo e puntuale nell'espressione, è un vero piacere e un punto di riferimento nei numeri d'assieme.
Bene anche le voci femminili, con la leggiadra e brillante Fannì di Dilyara Idrisova e la Clarina luminosa di Martiniana Antoine. Davide Giusti cerca di conferire a Edoardo un peso maggiore del consueto. Alexander Utkin, infine, completa il cast vocale come Norton, mentre sulla scena agiscono anche Matteo Anselmi (l'orso, nonché assistente alla regia), Valentina Bonci, Armando De Ceccon, Giampaolo Gobbi, Francesco Scalas e Francesco Tunzi. L'azione era, infatti, ben animata dalla regia di Laurence Dale, che ritroviamo con piacere dopo il debutto al Teatro Rossini di Pesaro nell'accidentato – ma tanto più emozionante – festival dell'estate 2020. Allora le norme anticovid ben più stringenti e una concertazione non proprio incisiva non potevano giovare al ritmo teatrale della rappresentazione, che ora ci godiamo in tutti i dettagli. Ben recitato, dinamico al punto giusto, sempre di gusto, sempre in sintonia con la musica (si vede che Dale mette a frutto nel modo più intelligente la sua carriera di tenore e le esperienze sul podio), lo spettacolo conferma anche la bellezza e la funzionalità delle scene e dei costumi di Gary McCann come delle luci d Ralph Kopp (bello, davvero, nel gioco di interni ed esterni, il quadro finale nel parco notturno, sul modello delle Nozze di Figaro).
Insomma, tutto concorre a siglare un bel successo, che non è solo l'esito quasi scontato della tournée di una grande istituzione dal meccanismo perfettamente oliato, ma è un progetto di valore sotto ogni punto di vista, dal debutto dell'edizione critica all'incontro con la realtà locale. E, da questo punto di vista, non possiamo mancare di citare anche il bel cast giovane delle cover che, pur senza avere una propria recita ufficiale (ma abbiamo ascoltato un'ottima prima all'italiana, perfettamente a fuoco), si è impegnato in una serie di incontri e concerti per il pubblico e gli studenti omaniti: Pelageya Kurennaya, Carmen Buendia, Víctor Jiménez, Mariano Orozco, Francesco Auriemma e Pablo Galvez.
Il pubblico, davvero composito per anagrafe e origini in un paese dall'età media bassissima e crocevia di commerci e relazioni internazionali, applaude con calore, e non potrebbe darsi festa migliore.