L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Verdi per tre

di Roberta Pedrotti

Il terzo atto di Rigoletto, due quadri rispettivamente dalla Traviata e da Falstaff costituiscono il banco di prova per gli allievi del corso di direzione di Daniele Gatti all'Accademia Chigiana. Sul palco, i giovani cantanti dell'Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, per la regia di Lorenzo Mariani. Una serata emozionante e pienamente riuscita.

SIENA, 31 luglio 2023 - Seconda tappa e secondo debutto per l'OperaLab dell'Accademia Chigiana. Dopo i ragazzi del corso di canto di William Matteuzzi, ecco i giovani direttori che si perfezionano con Daniele Gatti (docente principale e coordinatore) e Luciano Acocella (docente). Con loro torna la residenza dell'Orchestra Senzaspine di Bologna e si instaura la collaborazione con l'Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, i cui allievi compongono il cast dei tre quadri verdiani nello spettacolo finale.

Al teatro dei Rinnovati – all'interno di Palazzo pubblico, si accede da Piazza del Campo e dall'Entrone, il che già lo candiderebbe a uno dei luoghi più belli del mondo – è per primo Matteo Parmeggiani (direttore artistico e fondatore dei Senzaspine con Tommaso Ussardi) a levare la bacchetta con la Sinfonia della Forza del destino, in qualità anche di ex allievo pronto a passare il testimone ai nuovi colleghi.

L'italo svizzero Mauro Mariani subentra per il terzo atto di Rigoletto, l'italiano Luigi Mazzocchi per il primo quadro del secondo atto della Traviata e il messicano Rodrigo Samano Albarran per il primo quadro del terzo atto e la fuga finale di Falstaff. (la sera successiva, primo agosto, saranno invece Davide Trolton, Alissia Venier e Kyrian Friedenberg, da Italia, Bielorussia e USA/Canada). Si nota naturalmente l'impronta del maestro Gatti, specie nella gestione dei tempi, ma le differenze di indole sono ben percepibili: Mariani mostra subito cura e attenzione, Mazzocchi ci è parso forse il più emozionato, Samano Albarran quello tendenzialmente più irruente.

È pure percepibile qualche momento meno sicuro, in cui fa capolino la tensione del debutto, ma fa parte del gioco e ci fa sentire ancor più coinvolti e partecipi. In effetti si tratta di un bel battesimo del fuoco perché, se nella preparazione ci sono state fior di guide, ora direttore e cantanti possono fare affidamento sulla reciproca collaborazione, ma non sull'esperienza. Quel che conta, allora, è soprattutto notare che nell'arco della serata si sia trasmesso l'entusiasmo e si sia innescata una bella energia, senz'altro ben condotta dall'impostazione registica di Lorenzo Mariani (William Orlandi e Francesco Bonati autori dell'allestimento scenico, Mattia Diomedi dei video e Gianni Mirenda delle luci per un insieme sobrio ed efficace).

Per i giovani cantanti i tre titoli verdiani costituiscono un cimento non indifferente, sappiamo bene che le parti complete in repertorio potranno arrivare solo fra qualche anno, ma questa sera abbiamo avuto la netta sensazione che, se sapranno continuare a coltivare con saggezza le proprie doti, di molti di loro sentiremo parlare in futuro. Carmen Buendia, per esempio, è già una Violetta e un'Alice con potenziali carte in regola, voce morbida e luminosa che si contrappone bene a quella liliale di Nikoletta Hertsak, Gilda e Nannetta dal fascino fresco e delicato. Aleksandra Meteleva è una Maddalena assai seducente e capace di trasformarsi in una spiritosa, giovanile Quickly. Lo spirito poi non manca nemmeno a Olha Smokolina, ben presente come Annina e Meg.

Lorenzo Martelli è un Duca (e Fenton) squillante e spavaldo, ma non deve passare inosservato nemmeno Oronzo D'Urso, che affronta sicuro l'aria di Alfredo senza rinunciare alle opportune variazioni nell'ostica cabaletta. C'è poi Lodovico Ravizza, che per nobiltà e partecipazione nel fraseggio, oltre che per qualità timbrica, sembra destinato a fare di Rigoletto e Germont suoi cavalli di battaglia: per ora si ammira l'intelligente amministrazione dei mezzi e la prospettiva della futura maturazione. E, nondimeno, Matteo Torcaso che riesce già a essere un Falstaff convincente nell'amara malinconia di “Mondo ladro” è un'altra bella speranza per il futuro, insieme con il Ford, incisivo in poche parole, di William Hernandez e con lo Sparafucile (e commissionario) imponente di Amin Ahangaran. Completa bene il cast Francisco Javier Ariza Garcia, Giuseppe e Cajus.

Per tutti, è chiaro, non è che l'inizio, o una tappa che condividiamo nel piacere di fare musica e mettersi alla prova insieme, orchestre, bacchette, cantanti, partitura e palcoscenico. Una bella serata, quindi, con l'augurio di ritrovarsi tutti presto, a confermare promesse e crescere in sicurezza e padronanza.


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