L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Donne e uomini

di Irina Sorokina

Successo per Il trovatore al Teatro Pavarotti Freni di Modena. Nella produzione partita da Piacenza e prossima alle tappe di Savona, Lucca e Livorno, spiccano le voci femminili con Marta Torbidoni e Anna Maria Chiuri come Leonora e Azucena.

Modena, 3 dicembre 2023 - Qualche volta, passeggiando per le vie della dolce Modena prima dello spettacolo, dando un’occhiata a delle vetrine e prendendo il caffè capita di sentire: “Siamo in provincia” o “Cosa vuoi, siamo in provincia”. Accarezza l’orecchio la dolce parlata emiliana e fa nascere la voglia di dire si, siamo in provincia, in una piccola città dove la vita scorre senza fretta e all’ingresso del Teatro Comunale intitolato alle voci più belle del secondo Novecento si sorride anche a chi non ci si conosce.

Saremo in provincia, ma la piccola Modena offre sempre ai suoi cittadini produzioni operistiche più che dignitose che finiscono con applausi che non si sentono quasi mai nei teatri delle città più importanti. È andata così con Don Carlo un mese fa, e si è ripetuto domenica scorsa con Il trovatore.

Ben venga Il trovatore di un Verdi quarantenne, che, per quanto sia l’opera musicalmente bellissima che da sempre fa gola ai cantanti, non si vede tanto spesso quanto Rigoletto e La traviata.

Personalmente preferisco gli allestimenti sobri e con pochi mezzi; è proprio il caso del Trovatore prodotto da Fondazione Teatri di Piacenza (dove ha debuttato), Fondazione Teatro Comunale di Modena, Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, Azienda Teatro del Giglio di Lucca, Fondazione Teatro Goldoni di Livorno. Grazie al cielo – e non vorrei essere accusata ad essere nemica del più nominato e criticato regie theater – il regista Stefano Monti che firma anche le scenografie affiancato da Allegra Bernaccioni decide di percorrere la strada di sobrietà e di semplicità, forse allo scopo di non distrarre troppo l’attenzione dalla fiera bellezza della partitura verdiana (il ricordo del Trovatore ambientato nella gigantesca petroliera che si sporge dal lago si affaccia dalla profondità del cervello: facile indovinare che fu ideato per il Bregenzer Festpiele Bodensee). In Emilia Romagna niente petroliere e niente discariche; gli elementi scenici sono semplicissimi, spesso solo parallelepipedi, un tronco di un albero secco, una grande luna; i colori dominanti sono rosso e nero. Nella messa in scena è coinvolto il Teatro Gioco Vita che si occupa delle ombre, ma restano un elemento puramente decorativo, mentre sono belle e variegate le luci firmate da Fiammetta Baldiserri. Lo stile sobrio è ben adatto al Trovatore, nulla impedisce allo spettatore ad assorbire le passioni, a vivere l’amore e l’odio sulla propria pelle, nulla impedisce a inebriarsi delle melodie sublimi verdiane.

Se un spettacolo austero è anche pienamente capace di affascinare e coinvolgere, la vera forza del Trovatore modenese è il cast e il nostro resoconto l’abbiamo intitolato Donne e uomini non casualmente perché una involontaria competizione vocale sul palcoscenico del Teatro Pavarotti Freni è stata vinta dalle donne, dal soprano e dal mezzosoprano. Si rischia di cadere nella banalità chiamando Marta Torbidoni (in sostituzione dell'indisposta Chiara Isotton) e Anna Maria Chiuri cantanti meravigliose, ma sono proprio così. Dalla prima all’ultima apparizione in scena, dalla prima all’ultima nota due artiste hanno fornito un’interpretazione di altissimo livello artistico, come cantanti e come attrici. Anzi, nell’esperienza personale dell’autrice, è stata la prima volta di credere che Leonora e Azucena non sono le solite eroine di melodramma romantico, anzi, ultra romantico, ma due donne vive, con caratteri credibili e sentimenti probabili. La Torbidoni, dolce e nobile, femminile e devota, rende la parte di Leonora con un’eleganza incomparabile e una naturalezza assoluta, qualità che hanno caratterizzato pure il suo canto. Possiede una voce ben estesa, scintillante, ricca di armonici, felicemente omogenea in tutti i registri e affronta serena sia il cupo “Tacea la notte placida” sia la cabaletta “Di tale amore, che dirsi”. Ma l’autentico trionfo dell’artista marchigiana è “D’amor sull’ali rosee”, intonato con spirito sublime e filati da manuale, e soprattutto la virtuosistica cabaletta “Tu vedrai che amore in terra” segnata da agilità precise e do ben emessi.

Anna Maria Chiuri, solo un mese fa ascoltata nei panni di Eboli in Don Carlo, non sembra nemmeno lei in quelli d’Azucena: cambia nelle movenze del corpo e nei colori della voce. Sul palcoscenico del teatro modenese appare un personaggio complesso e tormentato perennemente sull’orlo del crollo. Una piacevole sorpresa sta nel fatto che la bravissima Chiuri disegna un’Azucena relativamente giovane e dal fascino magnetico; giovane anche la sua voce dalle tinte chiare e dalle carezzevoli sfumature vellutate. Non esagera mai, non scurisce mai la voce nel registro basso, anzi, la sfoggia in tutta la naturalezza e lo splendore ed è perfetta nella comprensione della parola e nell’espressività dell’accento.

Al giorno d’oggi senza Angelo Villari molte opere sarebbe difficile proporlo; appena ascoltato nello sconosciuto Amleto al Teatro Filarmonico di Verona, lo troviamo nella parte di Manrico, che, secondo il nostro parere, gli è più consona. Non possiede un timbro eccezionale, particolarissimo, il tenore siciliano, ma quel che ha è sufficiente per impersonare la figura del trovatore in modo nobile e a tratti coinvolgente. Scolpisce bene la parola, la colora di gioia e di sofferenza e offre una bella interpretazione di “Ah si! Ben mio, coll’essere”, segnata da una virilità leggermente eccessiva e dai colori sapientemente dosati per fare un colpo con una bella Pira, appassionata e limpida, ma in cui un'indisposizione si è fatta sentire con i segni d’affaticamento che si sono notati pure nella scena conclusiva dell’opera.

Al posto di Ernesto Petti dal quale era naturale aspettare un’ottima interpretazione del ruolo del conte di Luna, viene annunciato Dalibor Jenis. Un baritono rispettabile che conosce bene la parte, viene buttato nel vivo della recita domenicale al Teatro Comunale di Modena, e, nonostante gli applausi che gli riserva il pubblico, è l’unico artista non convincente in un cast ben assortito. Dall’inizio alla fine percorre la via di esagerazione e urla, disegna il Conte di Luna decisamente dannato e assatanato, negando al personaggio un lato lirico; in fin dei conti, tranne le febbrili cabalette, Verdi riserva al baritono anche il liricissimo “Il balen del suo sorriso” che richiede morbidezza d’emissione e un gran bel legato. Alcune note, letteralmente urlate, arrivano addirittura a disturbale l’orecchio.

Corretto e sufficientemente incisivo è Ferrando di Giovanni Battista Parodi e sono dignitosi Ines di Ilaria Alida Quilico, Ruiz di Andrea Galli, un vecchio zingaro di Domenico Apollonio, un messo di Lorenzo Sivelli.

Matteo Beltrami alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana, sempre attento ai suoi musicisti come ai cantanti, stabilisce un’intesa perfetta col palcoscenico e offre la lettura molto precisa della partitura; tempi giusti, colori decisi, momenti di lirismo sublimi. Efficiente il Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati.

Una bella recita in un bel teatro di provincia? Non si è più così sicuri che di provincia si possa parlare.


Vuoi sostenere L'Ape musicale?

Basta il costo di un caffé!

con un bonifico sul nostro conto

o via PayPal

 



 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.