I Turchi in Italia
di Stefano Ceccarelli
La Turkish National Youth Philarmonic Orchestra è ospite presso l’Accademia di Santa Cecilia assieme al suo direttore, Cem Mansur. Il programma è ricco: l’Adagio di Ulvi Cemal Erkin, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in do minore op. 18 di Sergej Rachmaninov, una selezione di brani dal Sogno di una Notte di Mezza Estate op. 61 di Felix Mendelssohn-Bartholdy e, infine, Finlandia, poema sinfonico op. 26 n. 7 di Jan Sibelius. Solista del concerto di Rachmaninov è Anna Fedorova.
ROMA, 6 settembre 2023 – L’Orchestra giovanile della Turchia (Turkish National Youth Philarmonic Orchestra) è un’istituzione fondata da Cem Mansur per far suonare assieme i migliori giovani talenti dei conservatori turchi. Dopo aver intrapreso diverse tournée nazionali, ora l’Orchestra giovanile turca si esibisce anche in Europa, compresa Roma, ospite dell’Accademia di Santa Cecilia. Progetti simili hanno diversi precedenti, fra cui l’Orquesta de Jovenes Latinoamericanos di Claudio Abbado e l’Orchestra Cherubini di Muti. Si tratta di occasioni straordinarie, che diffondono l’amore per la musica fra i più giovani. Il concerto, dunque, va visto innanzitutto come un saggio delle notevoli capacità di questi giovani turchi, che hanno tutti dato del loro meglio.
La serata si apre con l’Adagio del compositore turco Ulvi Cemal Erkin, una gloria nazionale e giustamente premesso all’intero programma. Già da questo breve, intenso, meditativo pezzo si possono notare i meriti e i limiti dell’orchestra; fra i meriti c’è il grande impegno, l’attenzione e l’ottima preparazione. Fra i limiti va notata una coesione non sempre ottimale delle compagini orchestrali e qualche problema (come vedremo) nel settore dei legni e degli ottoni – quello, tradizionalmente, più esposto. Il pezzo forte del primo tempo è, decisamente, il Secondo concerto di Rachmaninov. Ad eseguirlo è la pianista ucraina Anna Fedorova, dotata di una sensibilità soffusa, eminentemente lirica. Tali caratteristiche emergono già nitide nel Moderato (I movimento), dove la Fedorova sfuma riccamente con il pedale, muovendosi agile sulla tastiera. Mansur largheggia liricamente, permettendo all’interprete di scorrere leggera sulla melodia rachmaninoviana; forse, l’orchestra risulta a tratti un po’ troppo pesante nel suono, ma complessivamente risponde bene, mercé anche una serie di accortezze del direttore (una comoda agogica, l’attenzione a mantenere contenuto il suono). Questa sensibilità della Fedorova, intima, soffusa, si sposa molto bene con l’Adagio sostenuto; il celebre tema passa tra il pianoforte ed i legni, che mostrano non poche imprecisioni: si tratta di quei piccoli passaggi che, pur non pregiudicando la generale performance orchestrale, si notano fin troppo in una cristallina trama sonora qual è quella qui composta da Rachmaninov. Pur non essendo, quindi, perfetto l’equilibrio fra solista e orchestra (un filino troppo pesante al netto di una lettura soffusa della Fedorova), il movimento scorre piacevole, soprattutto nel picco di intensità dello sviluppo, quando la scrittura – più agitata – scorre con maggiore enfasi. L’Allegro scherzando riesce vivace, irresistibile nella sua allure orientaleggiante. La Fedorova non abbandona mai una pacata eleganza anche nei momenti topici e maggiormente intensi della scrittura pianistica – Mansur gestisce al meglio possibile l’agogica, non potendo evitare qualche altro errore, questa volta degli ottoni. Alla fine del concerto, il pubblico applaude calorosamente: segno evidente che, al netto di tutto, ha gradito. La Fedorova si congeda con una soffusa esecuzione della Danse Infernale du Roi Kastchei dall’Uccello di fuoco di Stravinskij, nella trascrizione pianistica di Agosti.
Il secondo tempo viene aperto con una selezione delle musiche dal Sogno di una notte di mezza estate op. 61 di Mendelssohn. Notevolissimo l’ouverture, soprattutto per il fatato passaggio degli archi che viene più volte ripetuto; Mansur sa tenere bene l’orchestra, controllando intensità ed agogica al meglio: il risultato è ottimo. Un po’ meno ordinato è lo Scherzo (ancora qualche problemino lo danno i fiati e gli ottoni, sia nella coordinazione che nella tenuta ritmica), dove forse un’agogica più stretta avrebbe giovato ad una resa più fresca e meno ‘rischiosa’. Intenso, agitato l’Intermezzo, che riesce complessivamente bene. Sfortunatamente, il corno in apertura del Notturno non dà, con ogni probabilità, la sua miglior resa; nel corso del brano, però, si riprende, mitigato dagli interventi degli archi, che regalano sempre una performance ottima in questa serata. Energica, vitale, dal piglio quasi militaresco, la Marcia nuziale chiude con sfarzo la serie di brani e fa scattare l’applauso del pubblico. Il concerto si chiude con l’esecuzione di Finlandia di Sibelius, pezzo chescorre abbastanza bene, soprattutto nella parte trionfalistica che costituisce la parte centrale dello sviluppo, la più impressionante e cara al pubblico. Scattano gli applausi, cui l’orchestra risponde con una pregevole esecuzione dell’ouverture dal Nabucco di Verdi.