Il talento della Hannigan
di Stefano Ceccarelli
L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ospita un emozionante concerto di Barbara Hannigan, che si esibisce nella veste di direttrice e di soprano, presentando: Aaron Copland, Music for the Theatre, Franz Joseph Haydn, Sinfonia n. 90 in do maggiore Hob. I: 90, una selezione da Gaîté Parisienne di Jacques Offenbach/Manuel Rosenthal, e due canzoni di Kurt Weill, Youkali e Lost in the Stars, da lei stessa interpretate.
ROMA, 19 aprile 2024 – Affascinante, charmante, semplice nella sua eleganza, Barbara Hannigan porta ventate di grande novità sul palco della sala Santa Cecilia: non solo perché – purtroppo è ancora il caso di notarlo – siamo di fronte ad una donna (il che, nel panorama dell’arte direttoriale, è ancora troppo raro), ma ad un’artista poliedrica. La Hannigan si muove, infatti, sul fronte del canto oltre che della direzione d’orchestra.
Il primo tempo si apre con un’intensa esecuzione di Music for the Theatre di Aaron Copland, uno dei ‘campioni’ novecenteschi della musica americana. Fin da questa suite dalle sonorità inconfondibilmente americane, la Hannigan mostra tutte le sue caratteristiche: gesto ampio, espressivo, indubbiamente la direttrice ha una spiccata sensibilità per il dato puramente sonoro, anche se controlla bene la tenuta agogica, allargando talvolta ma mai a discapito dell’intelligibilità del brano. C’è una sinuosa sensibilità, coniugata ad una certa naturalezza priva di artifici, nell’esecuzione di Music for the Theatre. Gli elementi jazzati, le sonorità blues emergono tutte in Prologo, con un variegato uso dei legni e degli ottoni (i ribattuti delle trombe sono abbastanza caratteristici); il tessuto ritmico si fa vieppiù complesso, fino a sgonfiarsi ancora. La Hannigan è molto brava a percepire questi ‘respiri’ della partitura (cui, forse, nemmeno l’autore stesso del brano, di cui si ha una registrazione video, ha saputo fare per la sua stessa musica); nella Danza, come pure nella Burlesque, la musica si riscalda, con sincopi e ritmi cangianti che la fanno da padrone, in un tessuto inargentato dal pianoforte. Il momento più evocativo (e, forse, il meglio riuscito alla Hannigan) è l’Interludio, impastato di dolci echi lontani, prodotti dai legni, ravvivati da lunghe cellule ritmiche ripetute, scandite dall’argentino suono del triangolo. Tenue, evocativo è anche l’Epilogo. Gli applausi sono gentili, ma il pubblico è ancora un po’ assopito. Serve un Haydn particolarmente brillante per svegliarlo. La Sinfonia n. 90, in tal senso, è perfetta, un vero e proprio concentrato di ‘haydnismo’ che la Hannigan sente con eleganza e brio, senza esagerare, avendo un suono perfetto dall’orchestra. L’Adagio incipitario suona imperioso, ma in maniera educata, e prelude allo sviluppo articolato dell’Allegro assai, di cui la Hannigan mette in evidenza l’allure militaresco, in alcuni passaggi, come pure le dolci melodie dei legni. Dell’Andante la Hannigan coglie gli aspetti quasi più sornioni, inaspettati; la vera rivelazione, però, è il Finale, alla fine del quale, quando Haydn gioca con la ripresa della sezione conclusiva, Hannigan fa un siparietto in cui fa per allontanarsi, fingendo di non ricordarsi che il pezzo continuava ancora. Questo è il primo esempio dell’arte istrionica della Hannigan, di cui avremo esempi consistenti nel secondo tempo.
Il pezzo forte della ripresa del concerto, infatti, è la selezione da Gaîté Parisienne di Rosenthal, un centone novecentesco su musiche di Offenbach, compositore simbolo della Parigi del secondo impero. La verve umoristica della Hannigan, coniugata al suono fresco e brioso dell’orchestra, rendono indimenticabili brani come lo scatenato Ouverture, lo spagnoleggiante Allegro brillante, il romantico Valse lente, il pomposo Tempo di marcia; ma, soprattutto, il celeberrimo Cancan finale dall’Orphée aux Enfers, che fa scatenare un applauso fragoroso. A sorpresa, a metà del Gaîté Parisienne, nella cui antologia la Hannigan non ha previsto, secondo il programma di sala, la famosa Barcarolle da Les contes d’Hoffmann (pur presente nel balletto completo approntato da Rosenthal) la attacca a sorpresa, cantandola assieme a Monica Bacelli (la Teresa della Sonnambula in scena al Costanzi: leggi la recensione), mandando il pubblico in visibilio. L’arte canora della Hannigan si coniuga perfettamente nel finale del concerto con la sua abilità di direttrice. Infatti, Hannigan attacca il sensuale ed onirico Youkali, un tango-habanera in cui, grazie ad una trascinante e magistrale interpretazione, ad un fraseggio impareggiabile, lascia tutti a bocca aperta. Il concerto è chiuso dall’esecuzione di Lost in the Stars, di dolce, ‘cosmica’ malinconia: la Hannigan e l’orchestra sono sommersi da meritati applausi.