Fuoco e poesia
di Antonino Trotta
Al Teatro Coccia di Novara fa tappa La Toscanini guidata da Alessandro Bonato: tra Beethoven, Puccini e Schumann, la giovanissima bacchetta si conferma tra le più interessanti in circolazione.
Leggi la recensione di Roberta Pedrotti del concerto con un programma in parte diverso (Del Corno invece di Beethoven)
Parma, concerto Bonato/Toscanini, 28/05/2024
Novara, 29 maggio 2024 – Per Alessandro Bonato il passaggio da giovane promessa a felice garanzia il passo è stato assai breve: lo si ascoltava per la prima volta, a Como, due anni fa, alla guida della FORM, quando il direttore s’imponeva all’ascolto quale inebriante novità; lo si rincontra adesso, a Novara, sul podio dell’eccellente Toscanini - di mezzo ancora un concerto a Torino e una felicissima Norma nel circuito lombardo –, dove l’orchestra fa tappa per portare pagine di Beethoven, Puccini e Schumann, dove l’inebriante novità si tramuta, per chi scrive, in solida e preziosa conferma. Interprete e musicista sopraffino, anche in quest’appuntamento, dove la sinergia con i complessi è tale da sembrare il frutto di un decennio di lavoro, Bonato sembra ribadire che la chiave nel mestiere di direttore è sapersi lasciare travolgere dal testo pur garantendo sovra di esso il dominio più assoluto.
Ne è lampate esempio l’Ouverture Coriolano di Beethoven, che apre la serata musicale: pagina animata da un senso di raggelante e ineluttabile fatalismo che si manifesta fin dallo stacco delle violente stoccate iniziali, si dipana con tono infuocato, perentorio e straordinariamente equilibrato sotto il controllo totale di una bacchetta attenta e incisiva, capace di distillare con ineccepibile misura e cura degli accenti la forza sovrumana che innerva la partitura, cosicché essa possa trarre il più alto compimento drammatico più dallo sbalzo rispetto al contraltare luminoso del dettato che dall’esibizione di una vigoria muscolare e vuota. Ecco allora che a chiudere il cerchio arriva la coda dell’ouverture, dove l’orchestra si fa quanto mai sfumata e l’agogica si allarga a dismisura solo per dar nuova foggia a quella ricercatissima tensione narrativa che contraddistingue l’interpretazione di Bonato dalla prima all’ultima battuta.
Il Capriccio sinfonico in fa maggiore, poi, è un’autentica gemma per la maestria con cui i vari registri in cui si snoda il discorso musicale, sempre pronuncianti e riconoscibili, si fondono in un amalgama sonora avvolgente e flessuosa. L’intesa con la Toscanini, in gran spolvero – magnifici gli ottoni –, qui la fa dalla padrona: non vi è indicazione che non sia raccolta e realizzata, né sfumatura nella trama orchestrale che non sia condotta al pieno della propria capacità espressiva. In questo condominio dove convivono il Puccini più drammatico, quello più languido, quello più istrionico, Bonato amministra le voci in gioco con una classe e un’eleganza tali da far venir voglia di sentirlo al più presto in una Tosca o una Bohème. Il fraseggio, ora che il melenso è in agguato dietro l’angolo, è da vero fuoriclasse: sia esso scolpito in arcate di fuoco o ricamato su nastri di seta evanescenti, appare sempre incisivo, vibrante, carico di quell’inimitabile pathos emotivo che la musica di Puccini prevede e l’ascoltatore in sala esige.
Con Terza Sinfonia “Renana”, infine, Bonato mescola a regola d’arte il fuoco e la poesia già ampiamente apprezzate della prima parte del concerto, confezionando una concertazione rigorosa, matura e senza fronzoli, atta sempre a evidenziare la cifra stilistica e i tratti somatici di Schumann pur in una pagina dalla chiara ispirazione beethoveniana. La leggiadra vivacità del secondo movimento (Scherzo. Sehr massig), la serenità aggraziata di quello centrale (Nicht schnell) o l’asciutta solennità del quarto (Feierlich), trovano così in Bonato l’interprete ideale, capace di restituire con eccezionale sensibilità tutta la bellezza di quella scrittura. Istrionico, esplosivo, controllatissimo e travolgente è quindi il Vivace conclusivo, che riallacciandosi al primo movimento, conduce la sinfonia alla sua conclusione con un senso di danzereccia apoteosi che manda in pubblico in visibilio.
Non numerosissimo, quest’ultimo, come prevedibile in una serata novarese di metà settimana, applaude con la soddisfazione di chi ha capito che mancare quest’appuntamento sarebbe stato grave fallo.