Agitata: la spina e la rosa
Venerdì 18 ottobre alla ribalta del Grand Théâtre de Tours abbiamo il sopranista Samuel Mariño. “Presenza scenica scintillante” recita la sua biografia ufficiale, corredata da servizi fotografici in abiti di scena i più estrosi e appariscenti. Facile fermarsi alla superficie, lasciarsi abbagliare e prendere una posizione netta, estrema nel bene o nel male. Le parole del cantante venezuelano fra gli applausi scroscianti al termine del concerto, prima dei bis, costringono però a fermarsi e a considerare un'altra prospettiva. Lo stile di Mariño non è puro divertimento, ma è il frutto di un percorso, quello di un ragazzino vittima di bullismo, messo a disagio da una voce che la pubertà non ha mutato e rimane chiara, acuta e sottile; di un ragazzino che deve prendere consapevolezza di sé, cerca soluzioni mediche, trova finalmente una diagnosi e con essa la forza di essere sé stesso nella musica. Il sorriso e gli occhi lucidi di questo giovane in tacchi e tailleur luccicanti, l'anima che mette nel canto con la sua voce, una voce in cui si identifica e lo rappresenta ci fanno pensare. Mentre parliamo del cantante possiamo prescindere dalla persona e da quel che porta con sé? Siamo sempre sicuri di poter stabilire un confine nel giudizio?
Il ventaglio di affetti come dizionario dell'anima, il senso di stupore, unicità e meraviglia propri del barocco, che non conosce la categorizzazione del “diverso”, trovano un'applicazione contemporanea di qualcosa che forse è stato dimenticato ma non è poi così nuovo. Basterebbe pensare al fascino per nulla scandaloso dell'Ermafrodito del Louvre sul materasso scolpito da Bernini: nulla di più naturale, né meno naturale è il desidero, dopo aver sofferto e combattuto, di splendere. Anche il modo di esprimersi nel canto di Mariño riflette, per forza di cose, quest'autoaffermazione luminosa: la vocalità – abbiamo detto – molto chiara e delicata, rispetto al virtuosismo più articolato, ama la vocalizzazione veloce, le note sgranate in rapida successione come lo sfavillare degli strass. Si percepisce il divertimento liberatorio nell'improvvisare le cadenze con gli strumentisti del Concerto de' Cavalieri diretti da Marcello Di Lisa e in particolare con il primo violino Enrico Casazza. Il gruppo diretto da Marcello Di Lisa offre con successo pagine di Corelli e Vivaldi, accompagnando la voce fra lo stesso Vivaldi, fulcro del programma, Caldara e Scarlatti.
Come fuori programma, poi, arriva un Handel che sa di autobiografia: “Lascia ch'io pianga mia cruda sorte e che sospiri la libertà”, l'aria dal Rinaldo già presente nel Trionfo del tempo e del disinganno come invito “Lascia la spina | cogli la rosa”. Musica magistra vitae, con dignità e sincerità.
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