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Orphee

Orphée: la luce nelle tenebre

Domenica 20 ottobre l'appuntamento è con l'opera. Dopo il viaggio intorno a Monteverdi degli anni scorsi (Orfeo e Il ritorno di Ulisse in patria) si torna al mito fondatore del teatro musicale, al cantore trace, ma in una particolare declinazione francese. Due volte Marc Antoine Charpentier si è dedicato alla discesa agli inferi dello sposo di Euridice, con la cantata Orphée descendant aux Enfers H 471 (1683/4) e poi con l'opera La descente d'Orphée aux Enfers H 488 (1686/7). Quest'ultima ci è probabilmente giunta mutila di un terzo atto – benché alcuni studiosi asseriscano che il testo sia invece completo così come lo conosciamo – e di fatto esclude l'epilogo del mito: l'opera tratta esclusivamente della morte di Euridice e della decisione di recarsi a riprenderla (atto I), del potere del canto di Orfeo nell'alleviare le pene dei defunti e della commozione di Pluton che gli concede di riavere la sposa a patto che non si volti a guardarla prima di essere tornati sulla terra (atto II). La cantata, parimenti, si concentra sugli effetti della musica nell'Ade, fra i supplizi di Ixion e Tantale. In entrambi i casi i testi a noi pervenuti si concludono con un inno alle virtù della musica nel desiderio che il semidio cantore resti ad allietare il regno delle ombre.

Trattandosi di partiture piuttosto brevi (meno di venti minuti e di un'ora), con un organico contenuto (due violini, due flauti, due viole da gamba e basso continuo con cembalo e organo positivo, viola da gamba, liuto e tiorba: nove musicisti in tutto), a Tours le vediamo unite, la cantata incuneata fra i due atti dell'opera ad arricchire il quadro infero fondamentale senza soluzione di continuità. Solo una cesura è posta alla fine del primo atto della Descente, con l'introduzione di un madrigale contemporaneo in prima esecuzione assoluta. Complainte di Patrick Burgan è un pezzo di grande fascino, che riprende l'espressiva disinvoltura cinquecentesca nell'uso degli intervalli e delle dissonanze in un'ottica attuale conscia dell'elaborazione sonora di stampo soprattutto francese (spettralismo in primis: Burgan è stato allievo di Grisley). Il testo deriva da un sonetto dedicato a Orfeo da Louise Labé, di cui si celebra il cinquecentenario della nascita. In prima istanza avrebbe dovuto essere un epilogo che riassumeva l'esito infelice dell'avventura del cantore e la perdita definitiva dell'amata; tuttavia, appare saggia l'idea di collocarla a suggello della sequenza terrena, lasciando aperto il finale sull'effetto della musica nel regno delle ombre. Non solo si pone in evidenza il problema dell'incompiutezza dell'opera di Charpentier, ma di dà allo spettacolo intero un preciso, fascinoso indirizzo. Il cuore della vicenda non è più la salvezza di Euridice, che resta la causa scatenante, ma poi si stempera in favore di un sentimento universale. Una sorta di cammino iniziatico riconoscibile in tutto l'arco di questi concerti porta dal dolore individuale alla presa di coscienza di sé e da lì a un'arte che è valore prezioso per l'intera comunità. L'Ade non pare altro che una dimensione effettiva, concreta dell'esistenza mondana in cui l'arte determina lo scarto fra un supplizio senza luce e, viceversa, la pienezza di una vita degna di essere vissuta.

Già apprezzate in una splendida serata rinascimentale lo scorso anno, le voci dell'Ensemble Jacques Moderne si uniscono agli strumentisti di Concerto soave (tutti eccellenti, ma una lode particolare si conceda alla pregnanza rara del suono delle tre gambiste) sotto la direzione di Joël Suhubiette. Robert Getchell, Orphée, è un persuasivo, raffinato haute-contre, i soprani Julia Wischniewski e Anne-Sophie Honoré rivestono con idiomatica efficacia le parti di Eurydice e Proserpine così come i bassi Matthieu Heim e Thierry Cartier quelle di Pluton e Apollon.

Alla fine la festa è almeno doppia, perché si celebrano anche i cinquant'anni dell'Ensemble Jacques Moderne. Quale modo migliore ricordando che l'arte, la musica non è solo ciò che ci fa uscire da un inferno, ma ciò che può trasformare l'inferno in un mondo migliore, che ci permette di essere noi stessi e di comunicare senza barriere e pregiudizi.

Ora non resta di far tesoro di questa esperienza e darsi appuntamento al 2025 per festeggiare i dicei anni dei Concerts d'Automne.

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