Habemus Tosca, habemus Scarpia
di Irina Sorokina
Il talento e la preparazione di Timur Zangiev sul podio, le voci e le qualità attoriali del soprano Irina Vaščenko e del baritono Andrej Baturkin sono i punti di forza della ripresa di Tosca nel teatro moscovita intitolato a Stanislavskij e Nemirovič-Dančenko.
MOSCA, 22 febbraio 2024 - Tosca bellissima, Tosca perfettamente funzionante, Tosca coinvolgente, Tosca amatissima dal pubblico, Tosca onnipresente, Tosca cavallo di battaglia di ogni primadonna. La troviamo ovunque nei cartelloni dei teatri dell’opera, da New York a Milano, da San Francisco a Vladivostok e, ovviamente, non può mancare nei teatri lirici della Federazione Russa che sono ben trentasei. Stavolta la nostra strada ci porta non al Teatro Bol’šoj di Mosca, conosciuto da tutti, ma a un altro teatro d’opera e balletto moscovita a poche centinaia di metri di cammino dalla centrale piazza Teatral’naja, dei Teatri, perché oltre al Bol’šoj, là se ne affacciano gli altri due. Si va a vedere Tosca allo storico Teatro Musicale intitolato ai due celebri riformatori russi dell’arte scenica Konstantin Sergeevič Stanislavskij e Vladimir Ivanovič Nemirovič-Dančenko.
Questa messa in scenaconta esattamente vent’anni e a giorno d’oggi ci si può aspettare di tutto, del bello e dell’efficace e del meno bello e scadente. È una Tosca al femminile firmata da Ljudmila Naletova per la regia e Elena Stepanova per le scene e i costumi, una Tosca che desta le reazioni contradditorie, ma dà non poco piacere grazie ad alcune presenze nel cast. In questa produzionehabemus Tosca e habemus Scarpia, senza alcun dubbio.
Le aspettative di vedere una bella Roma barocca o almeno percepire qualche suoaeco non sono soddisfatte pienamente. Pare che Elena Stepanova non abbia avuto intenzione di rievocare alcune magnificenze della città pontificia o abbia preferito risparmiare: la veste di questa Tosca non cattura l’occhio, da sopra scendono quattro tende apparentemente di un tessuto tipo broccato, in mezzo c’è una colonna trasparente tagliata a metà e il perché della sua presenta non viene mai chiarito. Dietro gli scarsi elementi della scenografia c’è uno schermo gigantesco che non accoglie nessuna proiezione limitandosi di cambiare il colore. La domanda legittima sul ruolo di questo schermo non avrà mai risposta.
O forse sì. Nel lavoro di Ljudmila Naletova si percepisce una certa preoccupazione nei confronti di una messa in scena Tosca ligia al testo di Illica, Giacosa e Puccini, forse una paura che l’allestimento risulti troppo tradizionale o noioso. E per questo, secondo il nostro parere, si inventano cose strane o che non c’entrano nulla con Tosca pucciniana che nella potente lingua russa hanno il nome ironico “оживляж” (l’oggettivo ironico dal verbo “animare”). Lo dimostra la scena che vede il potente capo della polizia romana in una seduta di massaggi sdraiato mezzo nudo su una specie di piattaforma inclinata.
La Tosca della seconda compagnia dell’opera della capitale russa da sempre può vantare voci importanti, ma i fortunati possessori di queste voci quasi sempre sono anche attori d’alto rango capacissimi di recitare e interagire con i partner. Questo particolare vantaggio della compagnia dello Stanislavskij non manca nella recita di Tosca in questione, ma nel cast, secondo il nostro parere, il migliore risulta il formidabile baritono Andrej Baturkin. Uno Scarpia piuttosto giovane, attraente e elegante, da una figura snella, anzi, allungata, dalla voce ben impostata, nobile e sonora, nasconde sotto i modi aristocratici, che non perde mai, il suo temperamento vigliacco e sadico. Qualcosa di animalesco traspare dopo aver concesso il salvacondotto a Tosca, l’eleganza sparisce, la violenza s’avanza e nella voce iniziano a dominare le sfumature aggressive, ma la linea di canto rimane intatta, sempre bella. Se questa sera avessimo potuto cambiare il titolo del capolavoro pucciniano, l’avremmo nominato Scarpia.
Nel cast inizialmente è stato annunciato il soprano Natal’ja Muradymova, in possesso di uno strumento eccezionale, una delle migliori Lady Macbeth mai ascoltate nella capitale russa. Ma varcando la soglia del teatro si apprende che è stata sostituita da Irina Vaščenko; la magnifica esibizione di uno dei soprani principali dello Stanislavskij ci porta ad esclamare “habemus Tosca” già dopo “Non la sospiri la nostra casetta”. La sua interpretazione va in crescendo e giunge all’apice con il celeberrimo assolo “Vissi d’arte”, che letteralmente toglie il fiato ai presenti in sala. Il soprano sfoggia uno strumento sano, pieno e lucente, canta sempre sui fiati e ammalia con i suoi chiaroscuri raffinati e dolcissimi. Il pubblico in sala è letteralmente rapito e ci vuole un attimo di sospensione dopo che l’ultima nota si scioglie, perché migliaia di mani s’impegnino in un grandioso applauso. Anche come attrice Irina Vaščenko merita un elogio; la sua Tosca è passionale, ma mai esagerata, e commuove con le sue sfumature di dolcezza e ingenuità.
Il tenore Sergej Pol’jakov, Mario Cavaradossi, risulta l’elemento più discutibile della serata, la voce è debole e opaca e la fatica è troppo evidente. In queste condizioni “Recondita armonia” non possiede la dovuta linea carezzevole, a “Vittoria, vittoria” mancano la forza e la resistenza, e “E lucevan le stelle” delude sotto ogni aspetto.
Ben preparati vocalmente e ottimi attori sono Stanislav Černenkov (Angelotti), Maksim Osokin (il sagrestano), Daniil Malzkh (Spoletta), Mikhail Golovuškin (Sciarrone), Gabriel De Rel (un carceriere).
Parlando di Khovanščina abbiamo già accennato al fatto che alla fine di febbraio al Teatro Musicale K. S. Stanislavskij tutte le opere, ben diverse tra loro, sono state dirette dalla stessa bacchetta, quella del giovane Timur Zangiev conosciuto già dal pubblico del Teatro alla Scala perchè nel 2022 aveva sostituito Valerij Gergiev. Un vero fenomeno, il giovane maestro, non soltanto enfant prodige e preparatissimo sotto tutti gli aspetti, ma un artista già maturo, un indiscusso conoscitore degli stili musicali capace di passare da Khovanščina a Tosca. Con questo conferma la propria versatilità, in Khovanščina tiene con mano ferma l’orchestra e il coro impegnati nelle grandi pagine di massa e coglie la fermezza sublime del credo dei raskolniki. La sera successiva gira decisamente la pagina per affrontare la drammaturgia pucciniana concitata, piena di contrasti, molto vitale. Il suono dei professori diventa più deciso, più sensuale e per quanto riguarda la cantabilità entra in competizione col soprano e col tenore. Aspettiamo Don Giovanni.