L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Corsaro a gonfie vele

di Antonino Trotta

Al Teatro Carlo Felice di Genova, dov’è andato in scena nell’ormai storico allestimento firmato da Lamberto Puggelli, Il corsaro di Giuseppe Verdi segna il trionfo assoluto del Corrado di Francesco Meli, coadiuvato in buca da un brillante Renato Palumbo. Si fa notare, infine, anche Irina Lungu nelle vesti di un’incantevole Medora.

Genova, 19 maggio 2024 – Sartie, pulegge, alberi, vele, basta un’alzata di sipario per rendersi conto che al porto di Genova è attraccato il vascello del Corsaro: titolo un po' infelice, a onor di cronaca, spentosi nel giro di pochi anni stretto tra la morsa di critiche glaciali e l’insoddisfazione dello stesso Verdi che a questo lavoro, composto un po’ frettolosamente tra Masnadieri e Jérusalem, non ha mai dedicato grandi elogi. Certo, il libretto derivato da Byron, fa effettivamente acqua da un po' tante parti, eppure la scrittura musicale di Verdi, ruggente come solo poteva essere a quei tempi, regala in tanti momenti autentica emozione.

Di ciò è ben consapevole Renato Palumbo che alla guida dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova dona al Corsaro una lettura brillante e ispirata: sanguigna se c’è da sguainare una spada, elegiaco e mai mellifluo là dove si pizzicano le corde del sentimentalismo più languido – splendido per equilibrio e pathos, ad esempio, è l’aria di Medora –, Palumbo sa imprimere alla narrazione musicale quella forza drammatica – talvolta sostanziatasi anche in un solo dettaglio strumentale proiettato dalla buca, in un accento ricamato ad arte nel tessuto orchestrale, in una dinamica staccata con insolente esigenza espressiva – che nel testo forse latita.

Quanto a forza drammatica non scherza nemmeno Francesco Meli che, al debutto nel ruolo, s’impone sul resto della compagnia per l’autentica lezione di canto verdiano impartita dal palcoscenico: con animus pugnandi gagliardo e fiero, sfumature e dinamiche tutte tese a definire i chiaroscuri che animano il personaggio, fraseggio nobile e ricercato in cui le parole s’incastonano come gemme tirate a lucido grazie a una voce voluminosa, omogenea e di rara beltà, il suo impavido e Corrado è la migliore espressione possibile dell’eroe byroniano. Al suo fianco Irina Lungu disegna una Medora di non minore fascino: delicata e volitiva, con mezze voci flessuose, timbro suadente e legato d’alta scuola sa rendere giustizia alla pagina più sublime dell’intera partitura, senza incorrere nell’imperdonabile e comunissimo errore di trasformala in cinque minuti di insostenibile lamento. Olga Maslova, Gulnara, reduce da una Turandot al Maggio Musicale, è chiamata al cimento con una parte dalla scrittura tutt’altro che accomodante. La vocalista è puntuale, l’interprete franca, ma non si grida onestamente al miracolo. Nei panni del pascià Seid, invece, Mario Cassi appare più in difficoltà ma lo strumento di bella natura, talvolta ostentato nei punti giusti con astuzia e mestiere, aiuta non di poco nella risoluzione acclamata dell’impervio ruolo. Notevole Adriano Gramigni (Giovanni), buono il resto dei comprimari – Saverio Fiore (Selimo), Emilio Cesar Leonelli (eunuco), Matteo Michi (schiavo) – e validissima la prova del Coro del Teatro Carlo Felice di Genova istruito dal maestro Claudio Marino Moretti.

Sullo spettacolo, arcinoto, di Lamberto Puggelli – costumi di Vera Marzot, luci da Maurizio Montobbio – ripreso da Pier Paolo Zoni v’è assai poco da dire: tradizionale nell’impostazione, didascalico nella lettura, di presa immediata per il colpo d’occhio assicurato dalle belle scene di Marco Capuana e dalla scintillante coreografia di spade con cui il maestro d’armi Renzo Mesumeci Greco rinfranca un po' l’azione, non fa storcere mail il naso e regala anche al pubblico più esigente due ore scarse di rinfrancante aria di mare. Numerosissimo il pubblico, popolato da habitué e trasfertisti, che a fine spettacolo tributato calorose ovazioni. Il Carlo Felice di Genova, d’altro canto, quest’anno ha il vento in poppa e, ormai a fine stagione, s’attende con impazienza il calendario della prossima.


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