L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L’angelo nero danza sul tavolo

di Irina Sorokina

Buon successo a Dresda per il penultimo capolavoro verdiano, convincente nonostante qualche segno di stanchezza nel protagonista Gregory Kunde.

DRESDA, 17 maggio 2024 - L’Otello verdiano, un sogno di molti amanti della lirica, poiché l’opera non fa spesso capolino nelle sale dei teatri dell’opera. Non tanto tempo fa si è avuta l’occasione di ascoltarlo al Teatro Comunale di Modena, con esito contraddittorio. Nel ruolo del titolo c’era il tenore americano Gregory Kunde che nel corso degli anni si era ascoltato nel repertorio ben diverso.

Dal Comunale di Modena allo Semperoper di Dresda, sempre come Otello, ma in un allestimento totalmente diverso. Modena è una bella città di provincia italiana (detto con amore), Dresda è la capitale della regione della Sassonia: due realtà diversissime tra loro. Quando si varca il suolo tedesco e si entra nei teatri tedeschi, si può essere sicuri: nelle loro sale storiche, moderne o ricostruite, quasi sicuramente metterà lo zampino il cosiddetto Regietheater, teatro di regia. Cioè, ci sarà il rischio di vedere la drammaturgia dell’opera modificata, ricerca e attribuzione di significati anche a lei estranei e personaggi differenti. Ma ammetterlo non significa obbligatoriamente negare od odiare il Regietheater: anzi, lo si guarda sempre con curiosità e a volte con approvazione.

Parlando dell'Otello sassone, si tira il respiro di sollievo: in questa occasione il Regie theater assume un comportamento piuttosto contenuto. La veste della produzione di cui la prima risale al 23 febbraio 2017 è piuttosto sobria (notiamo tra parentesi che all’epoca nel ruolo di Jago era stato annunciato Dmitry Hvorostovsky che morì qualche mese prima) è firmata da Vincent Boussard per la regia, Vincent Lemaire e Rena Donsbach per le scene, Christian Lacroix per i costumi, Guido Levi per le luci e Isabel Rodson per i video ed è piuttosto “tranquilla”, in senso lodevole. Non punta a nessun orientalismo e all’eccessivo realismo, ma presenta dinamiche ben definite, tratteggia bene i rapporti tra i personaggi, nelle scenografie minimaliste impiega colori essenziali, bianco, nero e grigio. I tre colori sono scelti per creare l’atmosfera perennemente tesa, che diventa sempre più angosciante da un atto all’altro. La più grande “trovata” della regia è l’introduzione del personaggio non presente nell’originale di Shakespeare e Verdi, l’Angelo nero con belle ali dietro la schiena; viene chiamato l’Angelo della Morte, probabilmente per chiarire il suo significato al pubblico. Questo bell'Angelo dalle ali gigantesche si limita ad attraversare il lungo tavolo onnipresente sul palcoscenico e sfoggia una camminata graziosa, visto che è il ruolo è affidato alla danzatrice Sofia Pintzou (coreo di Helge Letonja). La sua interazione con i personaggi appare casuale, ma il pubblico può essere consolato dallo spettacolo delle sue ali che ad un certo punto prendono fuoco. Per il resto, l’allestimento è lineare e il suo punto di forza più importante sono i bravi cantanti-attori.

Non si ha il dubbio che al Semperoper si veda uno spettacolo serio e fatto bene e si ascolti un cast molto buono; oltre Gregory Kunde come Otello, ne fanno parte il baritono russo Aleksei Isaev e il soprano armeno Hrachuhi Bassénz, rispettivamente nei ruoli di Jago e Desdemona. Di Gregory Kunde si è detto tutto nell’arco di parecchi decenni; è un cantante che aveva fatto epoca e aveva lasciato le memorie indelebili nei cuori dei fedeli frequentatori del Rossini Opera Festival. Ma qui si cimenta in una parte difficilissima che appartiene a un mondo musicale completamente diverso, il tardo Verdi. Il personaggio di Otello gli è consono, ma oggi non pare che gli sia altrettanto consona la sua vocalità in tutta la ricchezza. La voce è usurata, a tratti flebile e addirittura poco gradevole, il canto non è sempre sul fiato. Se nei momenti raccolti e intimi come il duetto con Desdemona del primo atto questo Otello può far valere l’espressività e la varietà dell’accento, quando viene l’ora del duetto di giuramento con il baritono, tutti i nodi vengono al pettine e la fatica evidente. Il grande tenore si riguadagna il terreno nel quarto atto mentre intona “Niun mi tema”, dove può contare sulla profondità dell’interpretazione e sul declamato tagliente.

“L’onesto Jago” è il baritono russo Aleksei Isaev, che si sente comodo e libero nella parte a lui affidata, la conosce bene, l’ha cantata allo Staatstheater di Wiesbaden sempre con Kunde al suo fianco. Isaev è aiutato dal physique du role, e appare a suo agio nel ruolo dell’uomo “onesto”. Il suo Jago è un pochino rozzo, ma piacente, spontaneo, acuto; la voce non è bellissima, leggermente graffiante, ma il cantante ne fa il buon uso ed è avvantaggiato dalla dizione chiara e l’uso sapiente della parola. Magnifico il suo “Credo” in cui aggiunge alle qualità descritte una diabolica ironia, e diabolico il suo “Sogno” con mezze voci sottilissime e perfide.

Hrachuchi Bassénz, che, come tenore e baritono, ha già cantato la sua parte in passato, a Dresda come Desdemona fa il tesoro di questa esperienza. È una sposa d’Otello “classica”, un mix di forza e di dolcezza e un esempio di vocalità perfetta per uno degli “angeli” verdiani. La voce salda e morbida accarezza l’orecchio nel duetto del primo alto e più avanti rivela una profonda espressività che raggiunge il suo apice nella Canzone di salice, segnata da una musicalità raffinatissima e da una ricca gamma di mezzevoci. Professionale e partecipe tutta la squadra degli interpreti dei ruoli di contorno - non vogliamo chiamarli secondari : Nicole Chirka (Emilia), Joseph Dennis (Cassio), Timothy Oliver (Roderigo), Tilmann Rönnebeck (Lodovico), Martin-Jan Nijhof (Montano), Anton Beliaev (Araldo).

Sul podio, alla guida dell'orchestra di Sächsisch Staattaskapelle Dresden, il direttore statunitense John Fiore che tenne a battesimo questo Otello sette anni fa. Artista poliedrico il cui repertorio include opere italiane, tedesche, francesi, russe, ceche, si sente evidentemente al suo agio nell'affrontare l'impegnativa penultima opera di Verdi. Lo si potrebbe definire il direttore-drammaturgo, sente e mette nel proprio gesto diverse linee del canto dei personaggi, sfumature sottili che includono i pianissimi estremi, sospensioni ed esplosioni. Nelle sue mani l'orchestra della Semperoper produce suun ono tanto brillante e potente quanto raffinato.

Autentici protagonisti di questo Otello sono anche due cori, il Sächsischer Staatsopernchor Dresden preparato da André Kellinghaus e il Kinderchor der Semperoper Dresden guidato da Claudia Sebastien-Bertsch, entrambi impeccabili, magnifici, con delle voci splendide e ben sintonizzate che brillano nei celebri “Fuoco di gioia” e “Dove guardi splendono raggi”.

Dopo l’Otello modenese ci si chiedeva quando mai avremmo visto e ascoltato un vero Otello. A pochi mesi dallo spettacolo al Teatro Comunale Pavarotti Freni, la domanda rimane senza risposta e c’è un presagio che alcuni appassionati della lirica non vivranno abbastanza per vedere e ascoltare un vero Otello. Non ci rimane che rassegnarci, ma la produzione del Semperoper riscuote il grande successo del pubblico.


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