L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La sacra gioventù

di Roberta Pedrotti

Mai eseguita prima al Rossini Opera Festival, la giovanile Messa di Ravenna debutta al Teatro Rossini nell'edizione critica di Ferdinando Sulla.

PESARO, 11 agosto 2024 - Difficile nascondere un moto di tenerezza ascoltando le note di Rossini adolescente. Nello stile classico della musica sacra italiana del primo Ottocento fa capolino talvolta sfacciata la devozione a Mozart, si mostra consapevole dello stile, spuntano frasi e temi già delineati con vena personale, ecco perfino il Quoniam che annuncia La cambiale di matrimonio. Agostino Triossi, proprietario terriero e musicofilo amico della famiglia Rossini, merita eterna gratitudine per aver riconosciuto il talento del ragazzo Gioachino e avergli commissionato una serie di composizioni, fra cui le più celebri (e forse più interessanti) sono le Sei sonate a quattro. Fra queste, una Messa, eseguita per la prima volta a Ravenna, sulla cui storia non abbiamo dati certi, ma che risulterebbe il primo incarico ricevuto da Rossini per una pubblica esecuzione.

La musica sacra era il miglior terreno di apprendistato per un giovane compositore, così come un posto fisso come maestro di cappella era l'approdo di molti operisti in età più avanzata. Rossini non fa eccezione, e se dopo il ritiro dalle scene non avrà alcun bisogno di una rendita da qualche diocesi, la sua produzione sacra si concentra fra gli esordi e gli ultimi anni, quando realizza due capolavori come lo Stabat Mater e la Petite messe solennelle. Quasi come un'eccezione si presenta la Messa di Gloria (forma che prevede solo le sequenze del Kyrie, del Gloria e del Credo, seguita anche nella messa ravennate del 1808 e in quella di Milano del 1812/13), risalente agli anni napoletani e terzo pannello di un ideale trittico mistico liturgico rossiniano. Nondimeno, i lavori giovanili meritano di essere conosciuti. Magari non potranno contendere molti spazi nei cartelloni ai fratelli più noti, ma l'ascolto in seno al Festival è senz'altro meritevole d'attenzione per la grazia, la sicurezza e taluni guizzi del giovane genio. La genesi dell'opera, scandita in otto numeri, previde facilmente un assemblaggio di brani nati come autonomi (il che giustifica l'utilizzo di un Qui tollis sciolto a colmare una lacuna nelle fonti ravennati), ma nonostante alcune discrepanze nell'organico l'impatto sul piano stilistico è senz'altro omogeneo, fra arie solistiche e numeri corali o più articolati fra diverse voci.

A Ferdinando Sulla va il merito di un encomiabile lavoro di ricerca sul primo Rossini sacro, cui si dedica anche con amore in veste di direttore, a capo di complessi volonterosi come la Filarmonica Rossini e il Coro maschile del Teatro della Fortuna preparato da Mirca Rosciani.

I solisti sono un basso e due tenori: alle donne era ancora interdetto il canto liturgico e i castrati erano merce forse troppo rara e preziosa per far includere anche registri di contralto e soprano. Alejandro Baliñas, ex allievo dell'Accademia Rossiniana, si fa apprezzare nel Quoniam e in tutti gli interventi affidati alla voce grave. Non troppo equilibrata, invece, la qualità dei tenori. Tianxuefei Sun è presente anche nella locandina di Ermione e ha pure frequentato in passato l'Accademia: si presenta con bella vocalità ombreggiata, articolazione nitida, emissione sana, porgere virile ed elegante. Viceversa Jorge Juan Morata denuncia più d'una difficoltà d'intonazione e un sostegno sovente incerto.

Il pubblico, purtroppo, non è numeroso come una rarità mai presentata prima al Rof avrebbe meritato. A ragione, i presenti sono ben lieti di aver partecipato a questa riscoperta e applaudono convinti.


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