Il tempo di Stiffelio
di Irina Sorokina
Nella prima ripresa moderna di Stiffelio a Verona si apprezzano soprattutto il cast capitanato da Luciano Ganci, Vladimir Stoyanov e Caterina Marchesini e la concertazione di Leonardo Sini.
Verona, 31 ottobre 2024 - Stiffelio chi è costui? Un tempo, molto probabilmente, anche un verdiano accanito o un frequentatore assiduo dei teatri dell’opera avrebbe fatto questa domanda. Qualcuno avrebbe scavato nel cervello questo titolo, senza, comunque, la possibilità di intonare qualche melodia diventata popolare, la maggior parte sarebbero andati a consultare i libri di musicologia nelle biblioteche specializzate. Eppure i tempi sono decisamente cambiati per questo titolo verdiano su libretto del fedelissimo Francesco Piave ispirato da Le Pasteur, ou L’Evangile et le Foyer della penna di Emile Souvestre ed Eugéne Bourgeois di cui la prima andò in scena al Teatro Grande (oggi Teatro Verdi) di Trieste il 16 novembre 1850. Sette anni dopo Verdi ne presentò un rifacimento dalle sorti non proprio felici, sotto il titolo di Aroldo, il 16 agosto 1857 al Teatro Nuovo di Rimini. (oggi Teatro Galli)
Una svolta arrivò nel 2017 quando i verdiani fedeli e i frequentatori del Festival dedicato al compositore a Parma vennero a vedere la messa in scena di Stiffelio ideata dal regista inglese Graham Vick, oggi entrato nella leggenda. Fortunati quelli che ebbero possibilità di vederlo e ascoltarlo.
Oggi è chiaro che nessun altro allestimento di Stiffelio possa competere con la messa in scena di Vick, quindi si viene a Verona ad assistere alla prima rappresentazione dell’opera al Filarmonico in tempi moderni con qualche dubbio. Pure questo Stiffelio proviene da Parma, prodotto dal Teatro Regio in collaborazione all’Opera di Monte-Carlo, con la regia e le luci firmate di Guy Montavon e le scene e i costumi di Francesco Calcagnini. L’allestimento sobrio e austero colloca la vicenda nell’Ottocento suscitando qualche associazione fugace con Anna Karenina, una delle opere letterarie più significative sull’adulterio; volendo, si potrebbe trovare qualche somiglianza tra Stiffelio e Lina e i coniugi Karenin, Aleksej Aleksandrovič e Anna Arkad’evna, pur senza traccia del padre che ammazza l’amante della figlia. Le scene non sembrano offrire qualcosa di veramente originale, gli ambienti quali una casa borghese o il cimitero che dovrebbe destare un po’ di brivido li abbiamo visti in molti teatri e altrettanti allestimenti. Solo nell’atto finale una marea di bibbie e le pietre sopra le teste dei fedeli attirano l’occhio e stimolano in qualche modo la fantasia.
La componente più forte di questo vecchio/nuovo Stiffelio veronese è, senza il minimo dubbio, il cast, in cui gli interpreti di tre ruoli principali sembrano nati per interpretali: Luciano Ganci – Stiffelio (fu lui a sostenere la difficile parte del pastore nella messa in scena di Graham Vick), Caterina Marchesini – Lina, Vladimir Stoyanov – Stankar, e si difende benissimo anche Carlo Raffaelli nella parte del seduttore Raffaele. Grandi cantanti e formidabili artisti, Ganci, Marchesini e Stoyanov riescono ad animare e rendere perfettamente credibili i personaggi del marito tradito e magnanimo, della moglie infedele e pentita e del padre ossessionato dall’onore.
In questa competizione involontaria che tra possessori di tre voci decisamente belle e adatte alle rispettive parti, merita una menzione speciale il baritono bulgaro Vladimir Stoyanov. Viene avvantaggiato, senza dubbio, da una lunga e ricca esperienza dell’interpretazione dei ruoli verdiani, ma dona al pubblico qualcosa di più; è al massimo credibile nel ruolo del padre offeso nel proprio credo e denuda l’animo tormentato del personaggio di Stankar. Non sono poche le pagine belle e degne d’attenzione in Stiffelio, ma l’aria del baritono è una vera perla della recita, eseguita con espressività estrema ,capace di toccare le corde più sottili delle anime di chi ha fortuna di ascoltarlo. Non è da meno, nel ruolo del titolo, Luciano Ganci, che mette al servizio del personaggio il corpo, l’anima e la voce. La personalità di quest’artista è perfetta per il personaggio verdiano, non un giovane eroe, ma un uomo apparentemente comune dall’anima ardente. Quanto alla voce, ci rimane solo da ripetere che la natura aveva fatto al tenore il dono di una voce bellissima e particolarmente luminosa, rafforzata da una tecnica accuratamente studiata e raffinata. Il ruolo del pastore protestante provato dal tormento interiore e alla fine magnanimo, crediamo, rimarrà tra i migliori nel suo repertorio: non cerca di calarsi nei panni di Stiffelio, ma lo diventa davvero, toccando le corde sensibili degli animi di chi lo vede e l’ascolta. Bravissima e commuovente Caterina Marchesini nei panni della moglie pentita del pastore; la sua voce bella e equilibrata accarezza l’orecchio nel cantabile, ma si fa ammirare soprattutto per la facilità dell’acuto. L'altro tenore, Carlo Raffaelli figura benissimo nel ruolo di Raffaele: la bellezza della sua voce affascina, ma non somiglia per nulla al timbro di Luciano Ganci. Gabriele Sagona, da sempre una specie di garanzia nei panni di personaggi donizettiani e verdiani, fa una bella figura nel ruolo di Jorg e completano il quadro vocale Sara Rossini (Dorotea) e Francesco Pittari (Federico).
Il compito non facilissimo di dirigere Stiffelio tocca a Leonardo Sini: sente benissimo l’anima vibrante del Verdi ancora giovane, in fase di passaggio dalle opere degli “anni di galera” a capolavori come Rigoletto, Il trovatore, La traviata. Ha un gesto espressivo ed elegante che influenza positivamente la resa dei professori d’orchestra: sotto la sua guida suonano con gusto, precisione e entusiasmo. Sini restituisce alla partitura bei colori, ricche sfumature e fa calare gli ascoltatori in atmosfere romanticamente fosche; agevola gli interpreti riservando loro grandi attenzioni. Nelle sue mani il quintetto degli interpreti principali appare sciolto e naturalmente musicale.
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