L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Mosè nel deserto

di Antonino Trotta

Arriva anche al Teatro Municipale di Piacenza il Mosè in Egitto del circuito emiliano: in uno spettacolo che, nel complesso, desta più di una perplessità, s’impongono all’attenzione il Mosè Michele Pertusi e l’Osiride di Dave Monaco.

Piacenza, 27 ottobre 2024 – Rossini serio, che dannazione. Inesorabilmente ammantato da un’aura di terrificante eccezionalità, vuoi per la grandezza degli interpreti che al ROF vi hanno dato nuova luce, vuoi per la straordinarietà della musica che rende sublime quasi ogni battuta, entra ancora oggi nelle nostre vite di melomani erranti – nonostante il cigno di Pesaro abbia comunque meno segreti che quarant’anni fa – con una cadenza a dir poco ingenerosa. Se le grandi fondazioni lirico-sinfoniche generalmente si tengono a debita distanza, l’onere e l’onore di tener accesa la fiamma rossiniana – tutto l’anno – spettano allora ai virtuosi teatri di tradizione, soliti eccellere là dove le mastodontiche rivali nemmeno osano. Per tener viva la benedetta fiamma, tuttavia, il solo proporre un titolo può non essere sufficiente allo scopo. Tutti, ormai, conoscono il Rossini serio ma non tutti l’hanno incontrato, dal vivo, sulla scena: perché queste gemme della letteratura operistica possano emozionare, coinvolgere e affermarsi nel pieno della loro potenza drammatica, così da conquistarsi quello stesso spazio in cui sguazzano le Tosche e le Traviate, v’è necessità di un lavoro intenso che, ancor prima delle ugole, parte quasi sempre da regia e concertazione. A sostegno della tesi si prenda ad esempio il Mosè in Egitto, lodevolmente proposto nell’amatissimo circuito Emiliano: di asse sghembo ve n’è più di uno, eppure buca e messinscena appaiono come più letali.

Pier Francesco Maestrini firma uno spettacolo che instrada la narrazione per vie tradizionali, focalizzando la propria attenzione sulle piaghe e sui miracoli che alla prima assoluta provocarono qualche risata e che qui, a onor del vero, son risolte con ingegno e suggestività. Al di là delle acque che si aprono o della pioggia di fuoco che imperversa sull’Egitto miscredente, però, sulla scena v’è un mondo che rimane per lo più inesplorato, un racconto superficialmente costruito con mani levate al cielo, schiavi genuflessi, anatemi scagliati da rocce o troni, in un contesto sì, quello delle video-scenografie di Nicolas Boni, che regala un piacevole colpo d’occhio, ma nel complesso abbastanza piatto e inespressivo. Non dà più chiare indicazioni – e quindi supporto al testo e ai cantanti – il golfo mistico dove Giovanni Di Stefano guida l’Orchestra Filarmonica Italiana. Pur ben rispondendo, per carità, alle esigenze pratiche dettate del palcoscenico, la concertazione di Di Stefano appare qui e là come disorientata dalla magnifica e monumentale scrittura rossiniana: capita così di ascoltare accenti stranianti, cambi di tempo che non s’appellano a un’autentica necessità drammaturgica, numeri musicali talvolta modellati anche con destrezza e varietà di colori ma sempre ermeticamente isolati in un’esposizione musicale che manca un po' di visione d’insieme.

Sul palcoscenico, Michele Pertusi, per la prima volta nei panni di Mosè, è una franca consolazione. Cantante e interprete di somma statura, fa l’ennesimo sfoggio della propria sapienza vocale, scenica e, tout court, rossiniana. Al suo fianco s’impone l’eccellente Dave Monaco: con voce chiara e guizzante, tecnica agguerrita, fraseggio nobile e vibrante, il giovane tenore affronta l’impervia parte di Osiride con sicura brillantezza. Lodevole, poi, è il suo impegno nella resa dei recitativi, gli unici – Pertusi, ovviamente, è un caso a parte – scolpiti con nitore e dovizia di accenti in un agio non percepito, francamente, nei colleghi. Andrea Pellegrini veste con indubbia capacità scenica i panni del Faraone, ritraendo una figura autoritaria e risoluta, ma mostra il fianco là dove la scrittura si innalza in volate virtuosistiche ineludibili. Aida Pascu, Elcia, e Miriam Battistelli, Amaltea, convincono meno per problematiche d’emissione e, in generale, per un’evidente acerbità nella tecnica belcantista. Angela Schisano, Amenofi, è dotata di un bel timbro. Più o meno corretti Matteo Mazzaro (Aronne, più) e Andrea Galli (Mambre, meno). Discreta la prova del Coro Lirico di Modena, istruito dal maestro Giovanni Farina. Teatro gremito e applausi calorosi per tutti, con punte d’entusiasmo per Pertusi e Monaco.

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